26 aprile 2011

Suor Lidia Carini

Carissime sorelle, il giorno 26 aprile 2011 nella casa Ispettoriale “S. Giuseppe”, di Haledon (Stati Uniti), la Madonna è venuta a prendere con sé la nostra carissima Suor LIDIA CARININata a Brockton, Massachusetts (Stati Uniti) il 9 aprile 1913. Professa a North Haledon il 5 agosto 1937. Appartenente all’Ispettoria Statunitense “S. Filippo Apostolo”.
Lidia era la secondogenita dei coniugi Carini, genitori profondamente cattolici e consapevoli della responsabilità di educare i figli nella fede e nelle virtù cristiane. A pochi mesi dalla nascita di Lidia, il signor Carini decise di fare un viaggio in Italia per far conoscere ai suoi genitori la moglie e le due prime figlie. Lidia fu battezzata a Piacenza e i nonni paterni ne furono i padrini. La famiglia avrebbe dovuto ritornare negli Stati Uniti dopo un mese, ma nel frattempo scoppiò la prima guerra mondiale. Il papà fu chiamato alle armi e la famiglia fu costretta a rimanere in Italia. Terminata la guerra, ottenuti i documenti per il ritorno, la famiglia si stabilì a New York vicino alla parrocchia della Trasfigurazione. Qui Lidia conobbe le FMA che gestivano la scuola elementare parrocchiale. Suor Martina Chiaverano, una missionaria della prima ora, si prese a cuore la formazione di Lidia e l’incoraggiò a seguire la chiamata del Signore. Anche la sorella minore Giuseppina sarà FMA.
Il 7 ottobre 1934 Lidia iniziò l’Aspirantato a North Haledon. Dopo la formazione iniziale, emise i primi voti il 5 agosto 1937 e cominciò subito un lungo periodo di insegnamento nelle scuole elementari e medie inferiori a Paterson e a New York. Nel 1950, fu nominata direttrice a Lomita (California) dove si era appena aperta una scuola elementare e media. Fu anche preside e insegnante, compito che svolse con competenza, senso di responsabilità e amabilità. Per la sua semplicità e umiltà tutti le volevano un gran bene e sentirono tanto la sua mancanza quando, compiuto il sessennio, fu trasferita alla scuola di San Francisco con gli stessi ruoli. Per un anno, dal 1959-1960, lavorò a Roseto in Pennsylvania e di lì nuovamente in California alla scuola “S. Domenico Savio” in Bellflower.
Nel 1964, dopo aver partecipato al Capitolo Generale XIV come delegata, fu nominata Ispettrice. In questo ruolo restò solo per 18 mesi perché nel 1966 fu chiamata a far parte del Consiglio Generale in qualità di Visitatrice. Nei Capitoli Generali del 1969 e del 1975, suor Lidia fu eletta Consigliera generale per le Missioni. In questa nuova chiamata del Signore espresse il meglio di se stessa e delle sue doti. Visitò le nostre missioni “ad gentes”, anche quelle molto lontane più di una volta, affrontando gravi sacrifici pur di raggiungere le sorelle che lavoravano per il Regno di Dio fra tante difficoltà e privazioni. A tutte testimoniava la gioia della consacrazione, la passione per il da mihi animas, l’amore all’Istituto. Assolse il suo servizio con comprensione, dedizione e delicatezza. Programmò corsi di rinnovamento, seguì le missionarie sia nella loro salute che nella loro formazione.
Nel 1981 compiuto il suo mandato, suor Lidia ritornò negli Stati Uniti. Nel 1982 assunse l’animazione della comunità di Panorama City (California) e nel 1985 fu chiamata alla casa Ispettoriale di Haledon come direttrice. Nel 1988 a North Haledon “Maria Ausiliatrice” fu consigliera locale e animatrice missionaria per tre anni. Qui svolse varie altre attività rendendosi utile in tutto quello che poteva. 
Nel 1993 per ragioni di salute venne trasferita nella casa ispettoriale dove avrebbe ricevuto gli aiuti di cui aveva bisogno.Suor Lidia fu un angelo di carità e di pace. Colpiva la sua umiltà, la sua obbedienza, la sua serenità e spirito di preghiera. Dopo una caduta, la sua salute ne risentì molto. In questi ultimi due anni è stata accolta nella nostra infermeria. Non poteva più parlare, ma comunicava con gli occhi e il suo bel sorriso. Il 26 aprile è serenamente ritornata alla casa del Padre nel clima gioioso della Pasqua.
Offriamo per lei la nostra riconoscente preghiera di suffragio.
L’Ispettrice
Suor Phyllis Neves

12 aprile 2011

"Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli." (Gv 8, 31 - 32)

Carissime Coordinatrici!

Oggi la realtà, l’Istituto, i giovani, i più poveri ci chiedono di essere donne di relazioni profonde con Cristo Risorto per annunciare con passione la Buona Notizia del suo amore.
È lo stare con Gesù che dà la forza di occuparci delle povertà antiche e nuove, specialmente dei giovani. Da Lui attingiamo il dinamismo per andare ai poveri e accoglierli nella nostra dimora interiore con atteggiamento di chi ogni giorno impara evangelicamente a ricevere e a donare.
Tanto più profonda è la comunione con Gesù Risorto, tanto più grande è la passione di annunciarlo in modo credibile ad altri, a quanti ancora non lo conoscono o a quanti lo disconoscono. Ora la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria.
La dimensione missionaria ad gentes nel nostro Istituto fa parte della storia della nostra famiglia sin dalle origini. L’articolo 75 delle Costituzioni afferma che essa è «elemento essenziale dell’identità dell’Istituto».
Il da mihi animas esprime per noi il radicamento contemplativo della missione. C’è un movimento reciproco in questa spiritualità: dalla contemplazione alla missione e da una missione che prende a cuore la vita e la dignità della gente, a una maggiore capacità di centrarsi sull’essenziale e di stabilire relazioni umanamente mature. Lo spirito missionario non si sviluppa, infatti, in comunità chiuse nel loro piccolo raggio d’azione, centrate su se stesse, dove i problemi interni si ingrandiscono per mancanza di un realistico riferimento alle condizioni di vita della gente.
Dunque, siamo chiamate a Testimoniare, come Comunità, la gioia di vivere il Da mihi animas cetera tolle con l’attenzione particolare ai più poveri, agli ultimi, ai “lontani”.
Carissime, la vostra presenza di coordinatrici della missione ad/inter gentes nell’Ispettoria, contribuisce a far emergere e a dare continuità ai processi specifici dell’identità carismatica del nostro Istituto che è essenzialmente Educativa-Missionaria.
AUGURI di buona continuazione del tempo Quaresimale, e il Signore vi aiuti a vedere che “qualcosa di nuovo sta nascendo” nelle vostre realtà ispettoriali.
Sempre in comunione, un abbraccio. 

Sr. Alaíde Deretti
Consigliera per le Missioni

11 aprile 2011

ASIA/PAKISTAN - Il 20 aprile Giornata di preghiera per Asia Bibi e per tutte le vittime della legge di blasfemia


Lahore (Agenzia Fides) - Tutto il mondo sarà in preghiera per Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte ingiustamente per blasfemia: il 20 aprile, mercoledì della Settimana Santa, si celebrerà in Pakistan, ma anche in tutte le nazioni del mondo che aderiranno all’iniziativa, una “Speciale Giornata di preghiera per Asia Bibi, e per le vittime della legge sulla blasfemia”. L’iniziativa, lanciata dalla “Masihi Foundation”, che si occupa dell'assistenza legale della donna e del supporto materiale alla sua famiglia, è stata anticipata all’Agenzia Fides, e sarà diffusa in tutto il pianeta “perché tutti i credenti e tutti gli uomini di buona volontà possano unirsi in comunione di preghiera e accendere una candela, implorando da Dio la salvezza e la liberazione di questa donna e di tutti coloro che soffrono che per le conseguenze di false accuse di blasfemia”, dice a Fides Haroon Masih, Direttore della “Masihi Foundation”.
All'iniziativa ha già aderito Mons. Andrew Francis, Vescovo di Multan e Presidente della Commissione per il Dialogo Interreligioso nella Conferenza Episcopale del Pakistan, il quale nota a Fides che “la preghiera è uno strumento importante per i fedeli del Pakistan, che confidano nell'opera di Dio”. Anche le Pontificie Opere Missionarie in Pakistan hanno dato la loro adesione, informando che “aiuteranno a sensibilizzare le comunità locali”.
Inoltre vi sono gli “angeli custodi di Asia Bibi” che hanno assicurato la loro preghiera: le monache di alcuni ordini di clausura. Si eleverà per Asia Bibi la preghiera delle suore del Monastero delle Francescane Concezioniste a Escalona (Toledo, Spagna); delle Benedettine del Monastero di Rosano (nei pressi di Firenze, in Italia); delle Clarisse francescane di Roasio e Sarzana (nel nord dell’Italia) che riferiscono in un messaggio inviato a Fides: “Ricorderemo, davanti al Santissimo Sacramento esposto, Asia Bibi, nostra sorella in Cristo, e pregheremo per le vittime di ogni sopruso, compiuto in ogni parte del mondo: il Signore Crocifisso e Risorto apra i cuori di tutti perché si edifichi il Suo Regno di pace e di giustizia”.
In Italia si pregherà per Asia Bibi e per le vittime della legge di blasfemia anche durante la Santa Messa che il Card. Jean Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, celebrerà il 20 aprile nella cappella del Parlamento. La Santa Messa è organizzata dall'Associazione Parlamentari Amici del Pakistan e dall'Associazione Pakistani Cristiani in Italia (già fra gli organizzatori di una manifestazione pro Asia Bibi il 26 gennaio scorso) per ricordare la figura di Shahbaz Bhatti, il Ministro per le minoranze ucciso, uomo politico cattolico che aveva difeso Asia Bibi, pagando con la vita.
La Fondazione Masihi lancia, tramite Fides, un appello a tutte le comunità, parrocchie, associazioni, scuole, congregazioni religiose, in tutte le Chiese cristiane del mondo, perché si uniscano alla Giornata di Preghiera. Per informare sulle adesioni, che si auspica possano giungere numerose, dai cinque continenti, si può inviare un messaggio e-mail all’indirizzo specialprayerday@gmail.com . (PA) 

CONSIGLIO D’EUROPA: APCE, A SESSIONE PROBABILE DIBATTITO SU RIFUGIATI DA NORD AFRICA


Si apre questa mattina a Strasburgo la sessione primaverile dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (fino al 15 aprile), che in apertura stabilirà l’ordine del giorno definitivo e si esprimerà su un eventuale dibattito di attualità sull'arrivo in massa di migranti, richiedenti asilo e rifugiati sulle coste meridionali dell'Europa. Tra i punti più significativi della sessione il dibattito di domani sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale cui interverranno il card. Jean-Louis Tauran, presidente Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; il patriarca Daniel di Romania; Mehmet Görmez, capo presidenza Affari religiosi della Turchia; Berel Lazar, rabbino capo di Russia; e Felmberg Bernhard, rappresentante plenipotenziario del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania presso la Repubblica federale di Germania e l'Ue. Il rispetto degli obblighi e degli impegni assunti dalla Georgia, il sovraindebitamento degli Stati, l'abbassamento a 16 anni dell'età minima per il voto, l’educazione contro la violenza a scuola e la pena di morte saranno ulteriori temi di discussione. Tra i relatori Federico Mayor Zaragoza, presidente Commissione internazionale contro la pena di morte, il ministro degli Esteri della Turchia Ahmet Davutoðlu, e Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani CdE.

Il portavoce vaticano chiede di ricordare i migranti naufraghi. Dopo il dramma vissuto su imbarcazioni dirette in Europa


CITTA' DEL VATICANO - Il portavoce della Santa Sede ha chiesto di fare memoria delle centinaia di persone che nelle ultime settimane sono morte nelle acque del Mediterraneo, fuggendo in Europa dai conflitti e dalle difficili condizioni di vita del Nord Africa e di altre zone del pianeta.
Da quando sono iniziate le rivolte popolari nell'Africa del Nord a febbraio, circa 22.000 migranti, per la maggior parte tunisini secondo dati del Ministero dell'Interno, sono giunti nell'isola di Lampedusa, e altri sono sbarcati a Malta.
L'ultima tragedia si è consumata nella notte tra martedì e mercoledì, quando un'imbarcazione si è rovesciata e 250 migranti sono caduti in mare.
“Fuggire dalla fame, dalla povertà disumana, dall’oppressione, dalla violenza, dalla guerra… a rischio di morire fra i flutti senza lasciare traccia, neppure un ricordo del proprio nome”, osserva padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, nell'editoriale dell'ultimo numero di “Octava Dies”, settimanale del Centro Televisivo Vaticano. 
“Molte volte, in questi giorni, si è parlato di dolore 'senza nome' – commenta –. La compassione ci obbliga a non dimenticare, a fare memoria, come di fronte ad altre indicibili tragedie dell’umanità, di una storia che è nostra, in solidarietà con i poveri della terra”.
Lo ha compreso perfettamente il popolo ebraico innalzando il memoriale di Yad Vashem, “il memoriale dei nomi”. Lì Benedetto XVI ha pronunciato una meditazione che in questi giorni si evoca di fronte alla morte di tante vittime innocenti e sconosciute.
“Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi – ha detto il Papa in quel luogo –: questi sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei sopravvissuti e di quanti sono decisi a non permettere più che un simile orrore possa disonorare ancora l’umanità. I loro nomi, in particolare e soprattutto, sono incisi in modo indelebile nella memoria di Dio Onnipotente”. 
“Possano le loro sofferenze non essere mai negate, sminuite o dimenticate! E possa ogni persona di buona volontà rimanere vigilante per sradicare dal cuore dell’uomo qualsiasi cosa capace di portare a tragedie simili a questa!”, ha aggiunto il Pontefice. 
Il portavoce vaticano chiede quindi di “sradicare l’odio assurdo che ha portato alla Shoah” e di “impegnarci ora anche a sradicare le ingiustizie, l’indifferenza e l’egoismo che portano troppe persone a scomparire fra le acque alla ricerca di una vita più umana”. 
“Dio le ricorda, ricordiamole anche noi”, conclude.

9 aprile 2011

A 125 anni del sogno Missionario di Don Bosco


Il Consiglio Ispettoriale della Provincia Nostra Signora del Pilar (SBA) – Barcellona – questo pomeriggio si recherà a Can Prats, casa in cui don Bosco nella notte dal 9 al 10 aprile del 1886 ebbe il Quinto sogno missionario.
Ringraziamo Sr. Lourdes Ruiz e tutto il Consiglio per la preghiera che faranno lì per tutte noi affinché il sogno…. non finisca, e l’audacia missionaria pregni ogni nostro cuore e il cuore delle persone, soprattutto dei giovani  che ci stanno accanto. 

8 aprile 2011

Una sola famiglia umana nella diversità dei popoli


Un giorno… ci sarà

Una casa comune, una sola famiglia umana.
La casa e la figura umana. Esse si fondono attraverso una gamma di colori fino a trasformarsi una nell’altra. Il significato espresso è quello della costruzione di una casa fatta dalle molte persone, dalle molteplici culture, e nella quale la persona stessa diventa casa, cioè luogo di accoglienza, diventa famiglia!

Un gran sogno quello di Dio in cui noi FMA collaboriamo per fare del nostro ambiente educativo, quartiere, città  una sola famiglia di fratelli e sorelle, di culture e religioni diverse dove si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze.

Ancora la sfida si rinnova oggi: esserci in missione con sguardo di famiglia, costruendo casa,  mediante una accoglienza scambievole, è una maniera di riscoprire l’essere famiglia di Dio.
L’umanità riscopre i Volti di donne e uomini in cammino.
La strada è la stessa, quella della vita, ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle sue diverse espressioni, interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate. In vari casi la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria.

Il Papa evidenzia la necessità di accogliere i rifugiati, sfollati «che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e i doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita» (Dal Messaggio per la Giornata del Migrante 2011).
Studenti esteri, ponti culturali ed economici
Il Santo Padre si sofferma inoltre l’impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l’attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze economiche o il disagio di sentirsi soli nell’affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficoltà di inserimento» (Dal Messaggio per la Giornata del Migrante 2011).
Formazione
“Nella scuola e nell'università si forma la cultura delle nuove generazioni.”
Il mondo della migrazione è vasto e diversificato. Abbiamo esperienze promettenti che è necessario condividere per rafforzare la nostra convinzione carismatica: Siamo famiglia chiamata ad essere una nella diversità.

Siamo impegnate a
- riqualificare educativamente le opere con e per i migranti
- creare rete tra le comunità che operano nel mondo della migrazione
- approfondire il nostro carisma educativo nel campo migratorio
L'approccio metodologico ispirato al Sistema Preventivo, proposto dal Progetto per una Casa Comune, prevede un processo con diverse scansioni concatenate a spirale:
- approssimarsi alle persone per ascoltare, per creare incontro e nuova visione della situazione;
- conoscere, comprendere meglio la complessità e le cause del fenomeno, così come viene vissuto dalla persone;
- agire insieme con le giovani e le famiglie migranti come cittadine/i a pieno titolo.
Desideriamo puntare su processi d’integrazione1 basati sul dialogo tra le differenze culturali che presuppongono un rapporto reciproco per camminare verso una nuova cittadinanza.

Rilanciamo nuovamente una richiesta:
Vi chiediamo il seguente apporto in dialogo con le persone coinvolte.
Nelle opere o progetti socio/culturali che state portando avanti,
1.- Che cosa dicono i giovani e le famiglie migranti a riguardo dal loro “inserimento”?
2.- Quali aspetti state favorendo per un’integrazione socio/culturale/ religiosa?
3.- Quali altri prevedete in un futuro?
4.- Quali sono le nuove realtà migratorie emergenti nel vostro contesto?
5.- Che cosa conoscere per tutelare i flussi da ogni forma di oppressione così che possano essere un fattore di sviluppo per i Paesi di origine e quelli di accoglienza?
6.- Altro

L’invito della Chiesa a riflettere sul crescente e strutturale fenomeno migratorio è anche un invito alla preghiera al Signore, perché i cuori si aprano all’accoglienza, operando una scelta che sappia unire giustizia e fede.
Il fondamento di questa opzione è dato dalla verità che Dio è Padre, ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto, per cui siamo tutti fratelli in Cristo: “Una sola famiglia”.

1 L’integrazione non è una strada a senso unico, e neppure un cammino da percorrere solo dall'immigrato, ma anche dalla società in cui egli si inserisce. La vera integrazione infatti si realizza là dove l'interazione tra gli immigrati e la popolazione autoctona non si limita al solo campo economico-sociale, ma si attua in pienezza, comprendendo anche quello culturale. Ambedue le parti, comunque, devono essere disposte a farlo, giacché il motore dell’integrazione è il dialogo, e ciò presuppone un rapporto reciproco (cf Progetto per una Casa Comune)

Per conoscere l’apporto dell’Ispettoria Triveneta “S. Maria Domenica Mazzarello” – ITV (Padova)

Don Bosco sognò in grande e in rete


Nella notte dal 9 al 10 aprile 1886, D. Bosco a Barcellona (Spagna) fece il Quinto Sogno Missionario, da “Pecchino a Santiago” passando per l’Africa!
Ancora oggi la Pastorella ci adita il futuro: “creare rapporti più umani tra i continenti”.
Questa luce brilla ancora!

«Nella notte dal 9 al 10 aprile Don Bosco fece un nuovo sogno missionario, che raccontò a Don Rua, a Don Branda e al Viglietti, con voce rotta a volte dai singulti. Il Viglietti lo scrisse subito dopo e per ordine suo ne inviò copia a Don Lemoyne, affinché se ne desse lettura a tutti i Superiori dell’Oratorio e servisse di generale incoraggiamento. “Questo però, avvertiva il segretario, non è che l’abbozzo di una magnifica e lunghissima visione”. Il testo che noi pubblichiamo è quello del Viglietti, ma un po’ ritoccato da Don Lemoyne nella forma per renderne più corretta la dizione.
Don Bosco si trovava nelle vicinanze di Castelnuovo sul poggio, così detto, Bricco del Pino, vicino alla valle Sbarnau. Spingeva di lassù per ogni parte il suo sguardo, ma altro non gli veniva fatto di vedere che una folta boscaglia, sparsa ovunque, anzi coperta di una quantità innumerevole di piccoli funghi.
— Ma questo, diceva Don Bosco, è pure il contado di Rossi Giuseppe: dovrebbe ben esserci!
Ed infatti dopo qualche tempo, scorse Rossi il quale tutto serio stava guardando da un lontano poggio le sottostanti valli. Don Bosco lo chiamò, ma egli non rispose che con uno sguardo come chi è soprapensiero.
Don Bosco, volgendosi dall'altra parte, vide pure in lontananza Don Rua il quale, allo stesso modo che Rossi, stava con tutta serietà tranquillamente quasi riposando seduto.
Don Bosco li chiamava entrambi, ma essi silenziosi non rispondevano neppure a cenni.
Allora scese da quel poggio e camminando arrivò sopra un altro, dalla cui vetta scorgeva una selva, ma coltivata e percorsa da vie e da sentieri. Di là volse intorno il suo sguardo, lo spinse in fondo all'orizzonte, ma, prima dell'occhio, fu colpito il suo orecchio dallo schiamazzo di una turba innumerevole di fanciulli.
Per quanto egli facesse affine di scorgere donde venisse quel rumore, non vedeva nulla; poi allo schiamazzo succedette un gridare come al sopraggiungere di qualche catastrofe. Finalmente vide un’immensa quantità di giovanetti, i quali, correndo intorno a lui, gli andavano dicendo: — Ti abbiamo aspettato, ti abbiamo aspettato tanto, ma finalmente ci sei: sei tra noi e non ci fuggirai!
Don Bosco non capiva niente e pensava che cosa volessero da lui quei fanciulli; ma mentre stava come attonito in mezzo a loro contemplandoli, vide un immenso gregge di agnelli guidati da una pastorella, la quale, separati i giovani e le pecore, e messi gli uni da una parte e le altre dall'altra, si fermò accanto a Don Bosco e gli disse: — Vedi quanto ti sta innanzi?
— Sì, che lo vedo, rispose Don Bosco.
— Ebbene, ti ricordi del sogno che facesti all’età di dieci anni?
— Oh è molto difficile che lo ricordi! Ho la mente stanca; non ricordo più bene presentemente.
— Bene, bene: pensaci e te ne ricorderai.
Poi fatti venire i giovani con Don Bosco gli disse: — Guarda ora da questa parte, spingi il tuo sguardo e spingetelo voi tutti e leggete che cosa sta scritto… Ebbene, che cosa vedi?
— Veggo montagne, poi mare, poi colline, quindi di nuovo montagne e mari.
— Leggo, diceva un fanciullo, Valparaiso.
— Io leggo, diceva un altro, Santiago.
— Io, ripigliava un terzo, li leggo tutt’e due.
— Ebbene, continuò la pastorella, parti ora da quel punto e avrai una norma di quanto i Salesiani dovranno fare in avvenire. Volgiti ora da quest'altra parte, tira una linea visuale e guarda.
— Vedo montagne, colline e mari!…
E i giovani aguzzavano lo sguardo ed esclamarono in coro: — Leggiamo Pechino.
Vide Don Bosco allora una gran città. Essa era attraversata da un largo fiume sul quale erano gittati alcuni grandi ponti.
— Bene, disse la donzella che sembrava la loro maestra; ora tira una sola linea da una estremità all’altra, da Pechino a Santiago, fanne un centro nel mezzo dell’Africa ed avrai un’idea esatta di quanto debbono fare i Salesiani.
— Ma come fare tutto questo? esclamò Don Bosco. Le distanze sono immense, i luoghi difficili e i Salesiani pochi.
— Non ti turbare. Faranno questo i tuoi figli, i figli dei tuoi figli e dei figli loro; ma si tenga fermo nell’osservanza delle Regole e nello spirito della Pia Società.
— Ma dove prendere tanta gente?
— Vieni qui e guarda. Vedi là cinquanta Missionari in pronto? Più in là ne vedi altri e altri ancora? Tira una linea da Santiago al centro dell’Africa. Che cosa vedi?
— Veggo dieci centri di stazioni.
— Ebbene, questi centri che tu vedi, formeranno studio e noviziato e daranno moltitudine di Missionari affine di provvederne queste contrade. Ed ora volgiti da quest’altra parte. Qui vedi dieci altri centri dal mezzo dell’Africa fino a Pechino. E anche questi centri somministreranno i Missionari a tutte queste altre contrade. Là c’è Hong Kong, là Calcutta, più in là Madagascar. Questi e più altri avranno case, studi e noviziati.
Don Bosco ascoltava guardando ed esaminando; poi disse: — E dove trovare tanta gente, e come inviare Missionari in quei luoghi? Là ci sono i selvaggi che si nutrono delle carni umane; là ci sono gli eretici, là i persecutori, e come fare?
— Guarda, rispose la pastorella, mettiti di buona volontà. Vi è una cosa sola da fare: raccomandare che i miei figli coltivino costantemente la virtù di Maria.
— Ebbene, sì, mi pare d'aver inteso. Predicherò a tutti le tue parole.
— E guardati dall'errore che vige adesso, che è la mescolanza di quelli che studiano le arti umane, con quelli che studiano le arti divine, perché la scienza del cielo non vuol essere con le terrene cose mescolata.
Don Bosco voleva ancora parlare; ma la visione disparve: il sogno era finito.
Mentre Don Bosco raccontava, i tre ascoltatori esclamarono a più riprese: — Oh Maria, Maria! — Il Santo, quand’ebbe finito, disse: — Quanto ci ama Maria! — Parlando poi di questo sogno con Don Lemoyne a Torino, prese a dire con tranquillo, ma penetrante accento: — Quando i Salesiani saranno nella Cina e si troveranno sulle due sponde del fiume che passa nelle vicinanze di Pechino!… Gli uni verranno alla sponda sinistra dalla parte del grande Impero, gli altri alla sponda destra dalla parte della Tartaria. Oh! quando gli uni andranno incontro agli altri per stringersi la mano!… Quale gloria per la nostra Congregazione!… Ma il tempo è nelle mani di Dio!
Il medesimo Don Lemoyne nel mandare copia del sogno a monsignor Cagliero scriveva il 23 aprile a proposito della parte ivi rappresentata da Don Rua, vicario di Don Bosco, e da Giuseppe Rossi, provveditore generale: “Io come interprete noterò: Don Rua è la parte spirituale sopra pensiero, Rossi Giuseppe la parte materiale pur essa imbrogliata. L’avvenire deve consolare l'uno e l'altro”. E così realmente fu.
Un buon commento a quel punto del sogno, dove si parla del Cile, balza fuori da quanto si riferisce nel Bollettino di settembre del 1887. Descrivendosi un viaggio compiuto da monsignor Cagliero con monsignor Fagnano nella repubblica transandina, si narra che a Santiago il senatore Valledor pregava i Salesiani di accettare la direzione dell’orfanotrofio governativo, costituendosi padri di tanti fanciulli dai sette ai dieci anni, e che andati essi a visitare l’istituto, si sentirono leggere da un orfanello queste parole in un’accademiola: — Sono due anni che piangiamo e preghiamo, perché Don Bosco ci dia un padre. — Non basta. Monsignor Fagnano, intrattenutosi con i ragazzi, parlò con alcuni semplicetti che gli dicevano: — Le fanciulle hanno la madre (alludevano alle suore), ma noi non possiamo avere un padre. Nostro padre è Don Bosco, ma finora non è arrivato. — A Valparaiso poi nel giorno del loro arrivo più di duecento fanciulli correvano dietro ad essi gridando: — Finalmente sono arrivati i nostri padri! Domani potremo andare a scuola. Oh che piacere! — Vedendo e udendo queste cose, essi pensavano a quanto avevano letto nel sogno, tanto il fatto rispondeva alla predizione.
Nei primi giorni gli alunni di Sarrià fecero gran festa. La prima volta che la banda musicale eseguì alcune sonate dopo il pranzo, Don Bosco a ciascuno dei sonatori diede con le sue mani un dolce. “Questi giovani, scriveva il Viglietti, sono fuori di loro dalla gioia per la presenza di Don Bosco, il quale sta assai bene ed è molto allegro”.»
(MB XVIII, p. 71 -75)

VATICANO - Nuovo sito per i Segretariati internazionali delle Pontificie Opere Missionarie


Città del Vaticano (Agenzia Fides) – E’ online il nuovo sito dei Segretariati internazionali delle Pontificie Opere Missionarie, che illustra origine, scopo, organizzazione e spiritualità delle quattro Opere (Propagazione della Fede, San Pietro apostolo, Infanzia Missionaria, Unione Missionaria). Tra le pagine del sito, ancora in fase di completamento, una sezione è dedicata agli eventi annuali come la Giornata Missionaria, la Giornata dell’Infanzia Missionaria, la Giornata per i Missionari uccisi… Nella sezione “Papi e Missione” si possono trovare per ogni Pontefice, da Pio XI a Benedetto XVI, encicliche missionarie, esortazioni apostoliche, Messaggi per la Giornata Missionaria Mondiale, discorsi all’Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie.
Le lettere scritte ai missionari dal Beato Paolo Manna, fondatore della Pontificia Unione Missionaria, si trovano nella sezione degli Archivi, dove è possibile reperire la documentazione di maggiore importanza relativa alle quattro Opere, all’Amministrazione, alla Domus Missionalis e alle Direzioni nazionali. Completa questa sezione la galleria audio, video e fotografica. Oltre ai contatti con i Segretariati internazionali, il sito propone anche i link ai siti delle Direzionali nazionali delle Pontificie Opere Missionarie sparse nel mondo. Di particolare importanza l’Area riservata ai Direttori nazionali, dove potranno trovare i documenti relativi alla modulistica, alle richieste di sussidio e alle altre attività inerenti l’animazione missionaria locale, che consentiranno quindi una maggiore celerità nella corrispondenza con i Segretariati generali di Roma. (SL)
Links:
Il sito dei Segretariati generali delle POM

I Vescovi europei chiedono solidarietà di fronte agli sbarchi a Lampedusa. Pubblicata una dichiarazione in varie lingue

SANKT GALLEN (ZENIT.org).- La presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) ha diffuso un comunicato in cui esorta alla solidarietà europea di fronte ai continui sbarchi di immigrati a Lampedusa.
Il documento è firmato dai Cardinali Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagabria, e Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux, rispettivamente presidente e vicepresidenti del CCEE.
“È conosciuto a tutti noi l’afflusso commovente degli emigrati che arrivano in Europa, specialmente dalla Libia, colpita dalla guerra”, afferma il comunicato.
I Vescovi avvertono che non è un problema solo dell'Italia, perché “le masse dei profughi raggiungono l’Europa sulle coste italiane”.
Il problema, quindi, “non riguarda una sola Nazione, ma richiama la solidarietà, anche istituzionale, di tutti i popoli del continente europeo, come anche quella delle strutture dell’Unione Europea e degli altri organismi continentali”.
Per questo, i Vescovi chiedono “l’effettiva partecipazione di tutti i responsabili nella soluzione di questo problema veramente grave e urgente”. 
“Dobbiamo vedere in ogni persona umana l’inalienabile dignità della creatura che porta in sé l’immagine di Dio”, sottolineano i presuli.
Allo stesso modo, ricordano la necessità di essere “responsabili per la salvaguardia dell’ordine legale e rispettoso della dignità di tutte le persone nei Paesi del nostro continente”.
I Vescovi europei chiedono infine una rapida soluzione del conflitto libico: “Preghiamo affinché le armi cedano lo spazio alla ragione e al dialogo”, conclude il comunicato.
Fonte: www.zenit.org

Shipwreck of Libyan refugees revives Italian debate on migrants

A shipwreck that killed dozens of refugees from northern Africa has prompted new appeals from Church leaders for a charitable attitude toward migrants.
A flimsy craft carrying hundreds of refugees — mostly from war-torn Libya — went down off the coast of Malta. As rescue efforts from both Italy and Malta searched for survivors, Bishop Francesco Montenegro of Agrigento, Italy, charged that “the sea is not to blame for this disaster, but indifference.” The Catholic Church has persistently urged Europeans to show mercy toward migrants who are fleeing from untenable conditions. Archbishop Antonio Maria Vegliò, the president of the Pontifical Council for Migrants, repeated that theme: “Europe needs to think seriously about what it means to remain in the region from which refugees are fleeing.” He chided Italy for its failure to accept migrants, noting that other European countries have more open policies.
Father Federico Lombardi, the director of the Vatican press office, said that Pope Benedict was “deeply troubled” by the shipwreck, and was praying for both victims and survivors. He said:
“The Holy Father and the whole Church, remember in their prayers all victims of all nationalities and status, women and children, who lose their lives in the terrible journey to escape poverty, injustice or violence from which they are afflicted, in search of protection, welcome and more humane living conditions. Let us remember that among the victims of these tragedies in the Mediterranean there are Eritrean Catholics who were migrants in Libya and who also took part in the life of the Catholic community.”
http://www.catholicculture.org/news

7 aprile 2011

Paul Bhatti chiede al Papa di sostenere i cristiani del Pakistan. Dona alla Comunità di Sant'Egidio la Bibbia personale del fratello ucciso.


CITTA' DEL VATICANO (ZENIT.org) - Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, il Ministro per le Minoranze Religiose del Pakistan ucciso il 2 marzo scorso, ha incontrato questo mercoledì Papa Benedetto XVI al termine dell'Udienza generale in Piazza San Pietro.
Shahbaz Bhatti è stato assassinato a Islamabad con 30 colpi di pistola per essersi opposto alla legge sulla blasfemia e aver difeso Asia Bibi, una donna cristiana condannata in base a questo provvedimento per presunti insulti al profeta Maometto.
Incontrando il Pontefice, suo fratello gli ha chiesto di “continuare ad appoggiare l'impegno dei cristiani pakistani per il rispetto dei loro diritti”, ricorda “L'Osservatore Romano”. 
Paul Bhatti è stato nominato di recente consigliere speciale del Primo Ministro del Pakistan per le minoranze religiose, con poteri esecutivi, come se fosse un Ministro. 
“È una questione che riguarda tutti i pakistani perché è in gioco il futuro pacifico del Paese attraverso l'opposizione a ogni forma di intolleranza, di violenza, di terrorismo”, ha dichiarato. 
A suo avviso, “il problema principale per i cristiani oggi in Pakistan è l'interpretazione eccessivamente restrittiva della cosiddetta legge sulla blasfemia”. “Da parte nostra non c'è, ovviamente, alcuna volontà di mancare di rispetto alla religione islamica”. “L'interpretazione della legge non può, quindi, mai provocare vittime innocenti tra i cristiani”. 
In questo contesto, è fondamentale “portare avanti un dialogo chiaro, franco, aperto, ma nella verità e nel rispetto reciproco”. Allo stesso tempo, Bhatti ha chiesto all'Occidente di “far sentire di più la propria voce per contribuire a costruire un Pakistan davvero riappacificato”. 
“Non ho esitato a perdonare gli assassini”, ha detto riferendosi all'omicidio del fratello. “Per un cristiano è un passo necessario, anche se non cancella il dolore. Però chiedo che venga fatta giustizia”.
Condivide questo pensiero il Grande imam di Lahore, Khabior Azad, amico personale di Shahbaz Bhatti e sostenitore della collaborazione tra cristiani e musulmani in Pakistan. 
L'imam ha assicurato al Papa “l'impegno a proseguire il dialogo che l'omicidio di Shahbaz non deve interrompere”, osservando che “l'appoggio del Pontefice al movimento di dialogo interreligioso è decisivo”.
In un'intervista alla “Radio Vaticana”, Paul Bhatti ha parlato delle sfide che lo attendono nell'esercizio della sua nuova funzione, a cominciare dalla legge sulla blasfemia, che “ultimamente è stata usata o interpretata soggettivamente dalla gente, per fini personali”.
Un'altra sfida importante è la “discriminazione religiosa, che sta crescendo giorno per giorno”. “Non perché i fedeli non possono convivere tra loro, ma perché c’è una campagna di odio creata da una base terroristica che continua ad usare la religione”. 
“Dobbiamo combattere quest'odio – ha aggiunto –. Se non lo facciamo, queste vittime continueranno ad esserci. Non si tratta solo di mio fratello: in Pakistan ci sono tutti i giorni bombe che esplodono e persone che vengono uccise”.

Sant'Egidio

Come “segno di speranza e di perdono”, Paul Bhatti ha donato la Bibbia personale del fratello alla Comunità di Sant'Egidio, che l'ha collocata nel memoriale dei martiri dei nostri giorni, nella chiesa romana di San Bartolomeo all'Isola Tiberina. 
Questo martedì sera la Comunità ha organizzato a Roma una preghiera in memoria di Shahbaz Bhatti. Nella sua omelia, monsignor Joseph Coutts, Vescovo di Faisalabad e neopresidente della Conferenza Episcopale Pakistana, presente all'Udienza generale di questo mercoledì, ha ricordato che “la missione di Shahbaz era promuovere pace, armonia, amore e comprensione in un Paese che sperimenta l’intolleranza in nome della religione”, riporta AsiaNews.
La Comunità di Sant'Egidio ha organizzato anche una conferenza, questo martedì, per ricordare Shahbaz Bhatti, alla quale hanno partecipato Paul Bhatti, mons. Coutts, il Grande imam della moschea Badshahi di Lahore, il Ministro degli Esteri Franco Frattini, il fondatore della Comunità Andrea Riccardi e il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio.
Paul Bhatti ha riferito che molti, anche familiari, avevano suggerito a Shahbaz di lasciare l’incarico o tutelarsi per le minacce ricevute. “Ci ha risposto che aveva affidato la sua vita nelle mani di Gesù e non intendeva negoziare la propria fede”. 
Frattini l’ha definito “un martire della fede” che ha lavorato “per interpretare – non abrogare – la legge sulla blasfemia, perché finiscano gli abusi” legati a questa norma. 
Per il Grande imam della moschea di Lahore, Shahbaz Bhatti è stato un “ambasciatore di pace nel mondo”. Il suo è stato “un assassinio contro l’umanità”, ha denunciato.
Mons. Coutts ha parlato di un progetto ideato da Bhatti: dar vita, a Islamabad, a un centro per il dialogo interreligioso circondato da luoghi di preghiera diversi a seconda della fede, ma che permettesse poi “a tutti di incontrarsi in un unico edificio, al centro rispetto a tutti gli altri. E doveva essere aperto, tutti avrebbero potuto entrare”. 
Promuovere il dialogo interreligioso è compito del Governo, ha ricordato, e grazie a Shahbaz Bhatti “si sono mossi i primi passi in questa direzione”.
Hanno incontrato Paul Bhatti durante la sua visita a Roma anche il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione e una delegazione di parlamentari italiani dell'Associazione Amici del Pakistan.
Buttiglione ha espresso a Bhatti solidarietà e vicinanza per la scomparsa del fratello, che lui tra i primi ha definito un martire della fede e dei diritti umani, e ha rinnovato l'impegno a sostenere gli sforzi a tutela delle minoranze e della comunità cristiana in Pakistan. 
Fonte: www.zenit.org

6 aprile 2011

“Educare la Chiesa della nostra regione verso una coscienza più missionaria”: la Presidenza del Celam in udienza dal Papa


Roma (Agenzia Fides) – “E’ una gioia molto speciale poterLa incontrare come Presidenza del CELAM ora che concludiamo i nostri quattro anni da quando abbiamo assunto l'incarico per conto dei nostri fratelli Cardinali, Arcivescovi e Vescovi dell'America Latina e dei Caraibi, nel luglio 2007”: inizia così il saluto al Santo Padre Benedetto XVI pronunciato dal Cardinale Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida, Presidente del CELAM, ricevuto in udienza con la Presidenza del CELAM il 31 marzo. Secondo il testo inviato all’Agenzia Fides, il Cardinale ha messo in evidenza che l’inizio della Missione Continentale ha fatto prendere coscienza che la Chiesa cattolica è viva e genera vita in tutta l’attività ecclesiale del continente.
“In effetti la Missione Continentale è stata il compito centrale che ha mosso il CELAM in questi 4 anni, ed è ancora lontano dall'essere esaurito per realizzare pienamente il suo obiettivo: educare la Chiesa della nostra regione verso una coscienza più missionaria e da discepola che, in Cristo, possa portare la nostra gente ad una vita più piena e vera, più giusta e fraterna. Una Chiesa di discepoli e in missione permanente. Grazie per il richiamo alla V Conferenza (di Aparecida) e alla Missione Continentale” ha detto il Cardinale al Santo Padre.
Il Card. Damasceno Assis ha poi citato alcuni contributi particolari offerti dal Papa nel suo magistero ordinario universale, utili alla guida e alla realizzazione della Missione Continentale: l'Anno sacerdotale, l’enciclica Caritas in Veritate, l’esortazione apostolica Verbum Domini, la creazione dell'organismo nella Curia Romana per la Nuova Evangelizzazione. “Il termine ‘Nuova Evangelizzazione’ e il suo contenuto molto vasto, sono temi familiari alle nostre Chiese - ha concluso il Presidente del CELAM - e con lo slancio della Missione Continentale sta acquistando una dimensione di responsabilità missionaria in modo più chiaro e deciso”. (CE)
Links:
Il testo completo (in spagnolo):

Jóvenes misioneros de Semana Santa


En los primeros días de abril, al rededor de 39 jóvenes alumnos y exalumnos(as), entre 16 y 19 años, pertenecientes a las obras de las Hijas de María Auxiliadora en Nicaragua  (Granada, Masatepe, Managua)  participaron a los diferentes  encuentros de formación de Misioneros en el Centro Educativo Sor María Romero en San Judas, Managua.
Seguidamente se dispusieron a celebrar la Eucaristía de envío, presidida por el Sacerdote Salesiano Padre Ricardo Rodríguez.
Estos jóvenes serán acompañados por 10 Hermanas Salesianas durante la Semana Santa. Los lugares de misión son: Rivas (cuatro comarcas del lugar), Granada (El Pantanal, lugar cercano a la basurera de la ciudad), Juigalpa, Ocotal, Chontales, Sta. Teresa en Carazo. 
Con nuestra oración seguimos la misión de estos y otros tantos jóvenes que en esta Semana Santa se desplazarán para compartir con los más pobres y necesitados, la presencia de Jesús de Nazaret, muerto y resucitado, para darnos vida y vida en abundancia. 

5 aprile 2011

Volontariato Missionario

La Bibbia di Bhatti alla chiesa dei martiri


Martedì la cerimonia promossa da Sant'Egidio alla basilica di San Bartolomeo. Al termine di una giornata su dialogo e convivenza in Pakistan
Anche la Bibbia personale di Shahbaz Bhatti, il cattolico ministro per le minoranze in Pakistan ucciso all'inizio di marzo, entrarà a far parte dei segni della memoria dei martiri custoditi nella basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina a Roma. La consegna avverrà martedì 5 aprile nel corso di una preghiera solenne che si terrà alle ore 20 per iniziativa della Comunità di Sant'Egidio all'interno di un'intera giornata che sarà dedicata a questo testimone della fede.
Alla mattina - nella Sala della pace della Comunità di Sant'Egidio, in piazza Sant'Egidio 3a, a partire dalle 10,30 - si terrà infatti una conferenza sul tema «Shahbaz Bhatti, una vita per il dialogo e la convivenza in Pakistan». Insieme al ministro degli esteri italiano Franco Frattini, allo storico Andrea Riccardi e al direttore di Avvenire Marco Tarquinio, interverranno il fratello del ministro ucciso, Paul Bhatti, che ne ha raccolto il testimone e altre due voci significative dal Pakistan: il Grand Imam della Badshai Mosque di Lahore Syed Muhammad Abdul Khabir Azad e il vescovo di Faisalabad Joseph Coutts.
La basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina e la chiesa romana dedicata ai martiri del XX e XI secolo. Qui sono custoditi i 12.000 documenti giunti in Vaticano alla commissione che ha indagato sui martiri del Novecento, voluta da Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del 2000. La Bibbia appartenuta a Shahbaz Bhatti andrà ad aggiungersi ad altre memorie significative conservate in questo luogo, tra cui il messale dell'arcivescovo Romero, una reliquia del cardinale Von Galen, un rosario di padre Aleksander Men', la croce di suor Leonella Sgorbati, una lettera di frère Christian de Chergé priore di Tibhirine.
Clicca qui per accedere al sito della basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina

Duékoué, dopo la strage emergenza umanitaria


L’identificazione dei cadaveri abbandonati in strada e, soprattutto, l’assistenza a migliaia di sfollati accolti nel territorio di una missione cattolica: responsabili del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) raccontano così alla MISNA il dramma della città di Duékoué, nella Costa d’Avorio dove le vittime della guerra sono i civili.
“Insieme con gli operatori della Croce rossa locale – dice alla MISNA Stephen Anderson, coordinatore della missione ivoriana del Cicr – i nostri volontari stanno raccogliendo i cadaveri e lavorando all’identificazione dei corpi”. Secondo le informazioni raccolte dall’organismo internazionale, nei giorni dell’avanzata in città delle forze che sostengono Alassane Ouattara scontri tra comunità rivali hanno causato almeno 800 vittime. Prima, durante e dopo le violenze migliaia di civili si sono rifugiati in una missione cattolica gestita dai salesiani. “Nel territorio della missione – dice Anderson – sono accampate tra le 15.000 e le 20.000 persone, uomini, donne e bambini: servono acqua, cibo, tende”.
Duékoué era stata teatro di violenze tra gruppi divisi da rivalità sia sociali che politiche già nel 2004, in una delle fasi più drammatiche della guerra civile (2002-2007) conclusa con gli accordi di Ouagadougou. La strage sarebbe avvenuta tra il 27 e il 29 marzo, durante l’avanzata verso sud degli ex-ribelli che sostengono Ouattara. Giorni fa la missione dell’Onu in Costa d’Avorio aveva denunciato a Duékoué oltre 330 “esecuzioni extra-giudiziarie” commesse dai sostenitori del presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, la prima accusa del genere nei suoi confronti. Un portavoce di Ouattara ha smentito questa versione, sostenendo che almeno 100 civili sarebbero stati uccisi dai reparti fedeli a Laurent Gbagbo in ritirata. [VG]
Fonte: www.misna.org

Dichiarazione della Presidenza del CCEE - "Profughi, questione europea"


È conosciuto a tutti noi l’afflusso commovente degli emigrati che arrivano in Europa, specialmente dalla Libia, colpita dalla guerra.
Le masse dei profughi raggiungono l’Europa sulle coste italiane. La questione, tuttavia, non riguarda una sola nazione, ma richiama la solidarietà, anche istituzionale, di tutti i popoli del continente europeo, come anche quella delle strutture dell’Unione Europea e degli altri organismi continentali.
Riteniamo urgente l’effettiva partecipazione di tutti i responsabili nella soluzione di questo problema veramente grave e urgente.
Dobbiamo vedere in ogni persona umana l’inalienabile dignità della creatura che porta in se l’immagine di Dio.
Siamo pure responsabili per la salvaguardia dell’ordine legale e rispettoso della dignità di tutte le persone nei paesi del nostro continente.

Preghiamo affinché le armi cedano lo spazio alla ragione e al dialogo.

Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest e Presidente del CCEE
Cardinale Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagabria e Vice-Presidente del CCEE
Cardinale Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux e Vice-Presidente del CCEE

ONU: el tráfico de inmigrantes, más lucrativo que el narcotráfico

El tráfico de inmigrantes es mucho más lucrativo en México que el tráfico de drogas. Según el representante de la Oficina de las Naciones Unidas para el Control de las Drogas y la prevención del Delito, Antonio Mazzitelli, tan sólo en 2010 el tráfico de indocumentados en la frontera con los EE. UU. dejó ganancias de 6.600 millones de dólares, lo que supera considerablemente los beneficios del narcotráfico.
"Se ha calculado que el año pasado el tráfico de migrantes hacia la frontera norte con EE. UU. produjo alrededor de 6.660 millones de dólares en el país, lo que supera los recursos que obtienen los cárteles por el tráfico de drogas a EE. UU.", destacó Mazzitelli en el marco de su participación en el Foro de Migración y Trata de Personas, realizado en Tuxtla Gutiérrez, capital de Chiapas (sureste del país). Comentó que de media cada migrante mexicano paga entre 1.000 y 2.000 dólares. Sin embargo, precisó que en el caso de los centroamericanos la cifra sería mayor.
El funcionario internacional precisó que las redes criminales que se dedican al tráfico de indocumentados "se han convertido en industrias transnacionales", que obtienen beneficios de los que quieren migrar de sus países y además los usan como "mulas" para transportar drogas sin importarles lo más mínimo el riesgo para sus vidas.
"Los grupos criminales se aprovechan de la necesidad de la gente de migrar para reclutarla y utilizarla de mula. Tienen capacidad de generar visas y documentos de viaje que pueden ser falsos o nuevos, con los que las mulas pueden llegar a los destinos de la droga y en esos casos, para los criminales, la prioridad es que la droga llegue, sin importarle la vida de la persona", señaló Mazzitelli.
El funcionario internacional dejó claro que el tráfico de indocumentados hacia la frontera norte es mayor "que lo que pueden mover de cocaína de Colombia hacia EE. UU.".
ONU: México, entre los países donde más peso tiene la trata de personas, mercado sexual y comercial.
Según los estudios de la Oficina de las Naciones Unidas para el Control de las Drogas y la Prevención del Delito (ONUDD), México se encuentra entre los primeros países del mundo por peso del negocio de trata de personas y por desarrollo de las redes dedicadas a las operaciones de contrabando y traslado de víctimas. En gran medida esto se debe a la ubicación geográfica del país: extensas fronteras con EE. UU. en el norte, Guatemala y Belice en el sur y su posición entre dos océanos lo convierten en una zona muy vulnerable ante este problema.
Los altos índices de migración ilegal en México contribuyen al desarrollo de la violación de los derechos de miles de personas que resultan víctimas de la demanda de servicios sexuales y de mano de obra barata. Según los datos del Instituto Nacional de Migración mexicano, el INM, en el territorio del país operan más de cien organizaciones dedicadas a la trata de migrantes.
Las principales víctimas de la denominada ’esclavitud del siglo XXI’ son en primer lugar niños y mujeres, los más vulnerables ante la privación de libertad, que constituyen un mercado de explotación sexual y comercial y de trabajo forzado. Según el Instituto Nacional de Estadística y Geografía (INEGI) de México anualmente en el país latinoamericano se encuentran en situación de explotación entre 16.000 y 20.000 niños, de los cuales el 80% tiene entre 14 y 17 años de edad.
Avances de las políticas públicas para combatir la trata de personas en México
En el marco del Foro Internacional de Migración y Trata de Personas, el presidente de la Asociación Nacional de Consejos de Participación Cívica, Marcos Fastlicht Sackler, convocó a la Comisión Nacional de Derechos Humanos (CNDH) y a la Organización de las Naciones Unidas (ONU) a sumarse a la elaboración de políticas que aseguren soluciones eficaces para los problemas de la trata de personas en el país, pues este problema no conoce fronteras y debe combatirse con la cooperación internacional.
Sin embargo, a pesar de la gran dimensión que adquiere en México el traslado de indocumentados y la trata de personas, las medidas aplicadas tanto por el Gobierno federal como por el gobiernos de los estados ya da sus frutos: la materia se discute en el nivel legislativo.
En 2007 fue promulgada la Ley para Prevenir y Sancionar la Trata de Personas y su reglamento a nivel federal fue publicado en febrero de 2009. Recientemente la Comisión de Puntos Constitucionales del Senado de la República aprobó las reformas de los artículos 19, 20 y 73 de la Ley General respecto al problema de la Trata de Personas para que este crimen se considere un delito de la misma gravedad que el secuestro, la violación, el homicidio doloso o la delincuencia organizada. Según dictamen, todo tipo de trata de personas merece prisión preventiva sin posibilidad de salir bajo fianza, al contrario de lo ocurre ahora.
Fonte: http://www.adital.com.br