6 luglio 2011

Intervista al vescovo di El Obeid. Nasce il nuovo Sud Sudan


Dopo 22 anni di guerra e altri 6 di incessanti tensioni con Khartoum, il Sudan meridionale celebra il suo sogno: l’avvenuta secessione dall’ex nemico. Ma, a pochi giorni dalle attesissime celebrazioni del 9 luglio, pace e riconciliazione appaiono ancora lontani. A parlare di quanto sta avvenendo (nell'intervista in audio) è mons. Michael Didi (nella foto), vescovo della diocesi di El Obeid, che comprende il territorio di Abyei e Kadugli. 
Sabato 9 luglio nasce ufficialmente il 55° stato africano. La nuova Repubblica del Sud Sudan si prepara a tagliare lo storico traguardo con una settimana di eventi che culmineranno nelle solenni celebrazioni che sanciranno la separazione dal Nord decretata, con consensi plebiscitari, al referendum di gennaio. I festeggiamenti, però, non nascondono le tensioni e i dubbi sul futuro del paese dopo il riaccendersi dei combattimenti nei contesi territori lungo il confine: Kordofan Meridionale, Blu Nile, Abyei.

La data del 9 luglio segna la fine di un complicato percorso avviato il 9 gennaio 2005 con la firma degli accordi di pace tra Juba e Khartoum a chiusura di 22 anni di guerra. Ma segna anche l'inizio di un nuovo cammino che si preannuncia altrettanto difficile: resta ancora, più che mai irrisolta, infatti, la questione della divisione delle risorse petrolifere concentrate lungo la linea di confine e la conseguente determinazione di appartenenza politica di questi territori.

Il nuovo governo guidato dagli ex guerriglieri del Sudan people's liberation army/movement (Spla/Splm) sta ancora fronteggiando l'occupazione della regione petrolifera di Abyei da parte dell'esercito del Nord, avvenuta lo scorso 15 maggio, ma resta aperto anche il fronte del Kordofan Meridionale, popolato da sostenitori del Sud ma appartenente politicamente al Nord. Si consuma qui, attorno alla capitale Kadugli, quella che organizzazioni internazionali per i diritti umani e testimoni sul posto definiscono come "massacri di civili" ad opera dell'esercito nordista.

La miccia che ha innescato le tensioni sfociate in seguito negli scontri armati e nei bombardamenti di Khartoum su Kadugli, è stata la vittoria, alle elezioni del 2 maggio, del candidato del National Congress of Sudan (Ncs) Ahmed Haroun, divenuto governatore della regione petrolifera. Haroun, uomo molto vicino al presidente Omar Hassan el-Bashir è, come lui, ricercato dalla Corte penale internazionale dell'Aja per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur tra il 2003 e il 2004.

L'intervento massiccio dell'esercito nordista a Kaduni è arrivato poche settimane dopo la nomina del nuovo governatore. A metà giugno Khartoum ha imposto un ultimatum per il ritiro dei militari dell'Spla dai territori a nord del confine coloniale del 1956, entro il 30 giugno. I sudisti hanno rifiutato di ritirare i propri soldati - molti dei quali originari del Kordofan Meridionale e del vicino Blu Nile - dispiegati in queste zone di confine in base agli accordi di pace del 2005.
Il 6 giugno reparti corazzati delle forze armate di Khartoum sono entrati a Kadugli, provocando la fuga di migliaia di civili.

Nuove tensioni e venti di guerra sono calati minacciosamente sul Sud Sudan ad offuscare la gioia di una meta a lungo inseguita: la storica secessione. Gli sforzi degli apparati di mediazione africani riuniti ad Addis Abeba hanno prodotto due accordi, rispettivamente per la smilitarizzazione di Abyei e per un cessate-il-fuoco in Sud Kordofan e Blu Nile. In entrambi i casi si tratta di una fragile base per riprendere i negoziati. (m.t.)

(In audio l'intervista a mons. Michael Didi, vescovo della diocesi di El Obeid, a cura di Michela Trevisan) 

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