31 marzo 2013


Con le Isole Vergini Americane celebriamo il Transfer Day (dalla Danimarca agli Stati Uniti). I cattolici sono 30.000, pari al 27,6% di 108.612 abitanti.
(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

Buona Pasqua

Cristo è veramente Risorto! Pace a voi!

Il mattino di Pasqua ci riporta l’annuncio antico e sempre nuovo: Cristo è risorto!

Grazie alla risurrezione abbiamo gioia e speranza! La risurrezione è il momento culmine della storia, e senza di essa la nostra vita non avrebbe significato.

«Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!» (Papa Francesco)

Pasqua, la festa di chi crede nella bellezza dei piccoli gesti... e di chi sa che la vita fa stupire oltre ogni attesa.

Care sorelle, l´incontro con Gesù risorto sia la fonte del coraggio di essere vere discepole missionarie, testimoni della più grande e bella notizia:
IL SIGNORE è RISORTO! VIVE PER SEMPRE!

Auguri di un felice cammino Pasquale, colmo di luce, di pace e di speranza, aperto alle sorprese di Dio!
BUONA PASQUA!

Con affetto fraterno un abbraccio,
Sr. Alaíde Deretti e Sorelle dell’Ambito Missione ad/inter gentes

28 marzo 2013

Suor Maria BARONI

Carissime sorelle, il giorno 24 marzo 2013 nell’ospedale “S. Giuseppe” di Wayne (Stati Uniti), il Signore è venuto a prendere con sé la nostra carissima Suor Maria BARONI. Nata a Telgate (Bergamo) il 4 marzo 1930. Professa a Contra di Missaglia (Lecco) il 6 agosto 1955. Appartenente all’Ispettoria Statunitense “S. Filippo Apostolo”.
Maria nacque in una famiglia di autentici cristiani che vivevano nella semplicità e nel duro lavoro. Quando aveva appena dodici anni, cominciò a lavorare in una fabbrica. Le ragazze che abitavano lontano da quel luogo erano accolte in un convitto diretto dalle FMA; là Maria conobbe l’Istituto. In seguito divenne figlia di Maria e fece parte dell’Azione Cattolica. Queste esperienze l’aiutarono ad approfondire la sua vita di fede.
Dalle suore imparò a cucinare e anche a ricamare. Nella sua breve autobiografia ricorda: “Gli anni nel convitto furono molto felici, l'atmosfera era meravigliosa e le suore ci volevano tanto bene. Era tempo di guerra, molte volte mancava il cibo, ma la presenza gioiosa delle FMA e la loro sollecitudine ci facevano dimenticare la fame”. In questo clima di generosità e di dono gratuito di sé, Maria andava maturando la sua vocazione e pensava: “Se io diventassi suora vorrei essere come loro”. Dopo cinque anni di lotta interiore, finalmente disse “Sì” al Signore, anche se la sua fu una decisione difficile a causa della precaria situazione economica della famiglia.
Il 6 agosto 1955 fece la prima professione e fu per due anni a Milano come cuoca e per un anno a Torino “Madre Mazzarello”. Nel 1958 partì missionaria per gli Stati Uniti e lavorò nella casa di Paterson. Si distinse per il senso pratico e la generosità. Era disponibile al servizio non soltanto con le suore, ma anche con le persone laiche che lavoravano con lei. Le erano caratteristiche l’attenzione e la delicatezza verso gli altri. Le giovani in formazione nella casa di Watsonville (California) la ricordano con affetto. In questa casa fu direttrice per un triennio e poi economa per cinque anni. L’obbedienza la destinò in seguito a lavorare in varie comunità del New Jersey e Massachusetts come economa e cuoca.
Dal 1976 suor Maria cominciò a sperimentare diversi sintomi debilitanti, ma i medici non riuscivano a diagnosticarne la causa. Le sorelle dell’Ispettoria pregarono suor Maria Troncatti per la sua salute. Finalmente i dottori scoprirono che aveva la scleroderma. Non si conosceva molto di questa malattia a quel tempo e non c’erano farmaci per combatterla. Suor Maria non perdette mai la serenità e la speranza di guarire, per lo meno quel tanto che le permettesse di continuare il suo lavoro. Suor Troncatti esaudì la sua preghiera e, anche se con fatica, poté continuare a dare il meglio di sé per molti anni ancora nella casa di North Haledon “Maria Ausiliatrice” e nella casa ispettoriale.
In cucina era un’artista. I pasti erano semplici, ma nutrienti e ben preparati. Era molto organizzata e perciò arrivava a tutto. Per le celebrazioni ispettoriali, quando erano presenti vescovi e autorità civili, ci si fidava di suor Maria per la preparazione dei pasti festivi. Da economa fu sempre premurosa e intuitiva dei bisogni delle sorelle. Aveva anche il dono del discernimento nell’individuare le vocazioni che non erano per il nostro Istituto. Amava le superiore e leggeva con amore le circolari della Madre e tutto quello che veniva dal Centro.
L'anno scorso la sua salute cominciò a indebolirsi sensibilmente, ma se qualcuno le chiedeva come si sentiva, lei rispondeva con un sorriso: “Sto meglio, molto meglio”.
Il 21 marzo aveva pranzato con la comunità. Alla sua tavola sedeva anche suor Kathleen Taylor in visita canonica all’Ispettoria. Nel pomeriggio, mentre si recava alla conferenza, ebbe un infarto. Fu trasportata all’ospedale in condizione critica. Dopo due giorni il Signore venne a prenderla per portarla con sé a celebrare in paradiso la Pasqua eterna. Preghiamo affinché suor Maria ci ottenga da Dio vocazioni fedeli e autentiche come la sua.

L’Ispettrice
Suor Karen Dunn

27 marzo 2013

Auguri - Isole Salomone


FORUM SOCIALE MONDIALE DI TUNISI, “SOFFIA UN VENTO DI CAMBIAMENTO”

“C’è un clima molto sereno, positivo e di grande partecipazione. Siamo stati accolti in modo fraterno. I paesi del Maghreb sono quelli più rappresentati e i loro cittadini hanno chiaramente il desiderio di conoscere gli altri, di imparare anche dal nord del mondo per non rimanere isolati” dice alla MISNA da Tunisi padre Daniele Moschetti, missionario comboniano che assieme ad altri 30 confratelli e religiose della sua congregazione stanno partecipando al XII Forum sociale mondiale (FSM) sul tema della dignità.
Ieri la manifestazione è stata inaugurata con un’assemblea delle donne al campus El-Manar di Tunisi. “L’anfiteatro era stracolmo di donne, per lo più maghrebine, che sono state in prima fila nelle proteste della primavera araba e che hanno sofferto per la perdita di un figlio durante le rivolte popolari del 2011” racconta padre Moschetti, sottolineando che tutte hanno auspicato “più diritti, più dignità e più partecipazione”. Ma non solo loro guardano al futuro con speranza, pur essendo consapevoli delle tante difficoltà ancora da superare. “Molti giovani che abbiamo incontrato ci hanno detto che sanno bene che la destituzione dei vecchi regimi dalla Tunisia all’Egitto sono soltanto un primo passo decisivo che ha aperto una nuova pagina storica. La strada verso il cambiamento è ancora lunga, ne sono consapevoli” prosegue il missionario comboniano. Almeno 30.000 persone hanno poi camminato dalla Piazza 14 gennaio fino allo stadio Menzah per partirà la marcia inaugurale dell’edizione tunisina del Forum, la prima a tenersi in un paese arabo.
Con i suoi confratelli padre Moschetti prende parte a nove incontri tematici che affrontano sfide determinanti per il futuro dei popoli del Sud del mondo, tra cui il land grabbing (accaparramento delle terre), il traffico di esseri umani, il dialogo con l’Islam, i processi di riconciliazione e pace.
“Per le vie della capitale tunisina si parla in tutte le lingue, si vedono tanti colori e volti così diversi tra di loro ma uniti da un progetto comune, quello avviato 12 anni fa a Porto Alegre: costruire un altro mondo è possibile” dice con convinzione l’interlocutore della MISNA, che vede nel Forum un’occasione unica di “incontrare l’Altro anche dal punto di vista culturale” grazie a una serie di attività culturali (dai film alla danza) e sportive.
Sul clima che si respira in Tunisia, protagonista del rivoluzione del gelsomino proprio con lo slogna della dignità che nel gennaio 2011 portò alla destituzione del regime di Zine el Abidine Ben Ali, il missionario comboniano si dice “piacevolmente sorpreso dalla serenità e dall’apertura che si avverte per le strade”, ma anche per le “strutture e edifici nuovi o ristrutturati che danno un nuovo volto alla capitale”. Solo del filo spinato attorno ad alcuni ministeri o ambasciate ricorda la tensione e il rischio di violenze delle scorse settimane, anche se il paese del nord africa deve far i conti con una situazione politica ancora instabile, un’economia ferma e un tasso di disoccupazione del 17%, mentre nelle remote regioni rimane il malcontento popolare all’origine della rivolta di due anni fa.
Dal 27 al 30 marzo – giorno di chiusura dell’evento con una marcia di solidarietà con il popolo palestinese, che coincide con l’Earth Day (Giorno della Terra) – si svolgeranno decine di sessioni di lavoro che affronteranno i temi portanti dell’iniziativa: giustizia sociale, lotta alla corruzione, accesso alla sanità e all’istruzione per la libertà, dignità e cittadinanza nei paesi della primavera araba. Ma a Tunisi si parla anche dell’austerità economica in Occidente, delle sfide ambientali per uno sviluppo sostenibile, dell’immigrazione e del debito del Sud del mondo.

Papa Francesco: no a fede stanca, uscire da se stessi per aprire a tutti le porte di Dio


«Ma che cosa può voler dire vivere la Settimana Santa per noi? Che cosa significa seguire Gesù nel suo cammino sul Calvario verso la Croce e la Risurrezione? Nella sua missione terrena, Gesù ha percorso le strade della Terra Santa; ha chiamato dodici persone semplici perché rimanessero con Lui, condividessero il suo cammino e continuassero la sua missione; le ha scelte tra il popolo pieno di fede nelle promesse di Dio. Ha parlato a tutti, senza distinzione, ai grandi e agli umili, al giovane ricco e alla povera vedova, ai potenti e ai deboli; ha portato la misericordia e il perdono di Dio; ha guarito, consolato, compreso; ha dato speranza; ha portato a tutti la presenza di Dio che si interessa di ogni uomo e ogni donna, come fa un buon padre e una buona madre verso ciascuno dei suoi figli. Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi. Gesù ha vissuto le realtà quotidiane della gente più comune: si è commosso davanti alla folla che sembrava un gregge senza pastore; ha pianto davanti alla sofferenza di Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro; ha chiamato un pubblicano come suo discepolo; ha subito anche il tradimento di un amico. In Lui Dio ci ha dato la certezza che è con noi, in mezzo a noi. «Le volpi – ha detto Lui, Gesù – le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Gesù non ha casa perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio.» 
(Papa Francesco - Udienza Generale del 27 marzo 2013)

Marea humana en la capital tunecina en la apertura del ‘Foro de la Dignidad’

Sergio Ferrari.
Corresponsal latinoamericano acreditado en la ONU, Ginebra, Suiza

La movilización partió casi a las 5 de la tarde hora local de la plaza 14 de enero, en la confluencia de las céntricas arterias Burguiba y Mohamed V, recorriendo más de seis kilómetros hasta el Estadio Menzah, a donde llegó dos horas y media más tarde y donde se realizó una fiesta popular con discursos y conciertos.
La marcha estuvo encabezada por un grupo de personas con capacidades diferentes. La retaguardia la conformaban organizaciones de la izquierda italiana. Más de 1 kilómetro separaba una de otra. Algunos medios internacionales de prensa calcularon en torno a 30 mil los participantes a la marcha.
Una movilización realmente impresionante, subrayó a este corresponsal un periodista gráfico de una agencia alternativa local, con experiencia en este tipo de convocatorias.
"Importante para recobrar el ánimo tanto de nosotros como de las fuerzas democráticas del Magreb” indicaba por su parte Vladimiro Lanello, militante asociativo italiano presente por primera vez en el Foro Social Mundial.
Menos musical que las manifestaciones típicas de los foros anteriores en África y América Latina, aunque con un particular condimento festivo, la marcha de Túnez expresó también una fuerte politización política, con la presencia dominante de representantes de Magreb/Mashrek. Desde sectores políticos antagónicos locales hasta fuerzas opositoras de Egipto con una abundante participación de diversas organizaciones palestinas.
Palestina será una temática clave de esta edición del Foro y constituirá el eje convocante de la marcha de clausura del FSM el próximo sábado 30 de marzo.
La Marcha Mundial de Mujeres, Vía Campesina, diferentes redes mundiales y regionales, Amnistía Internacional, ATTAC, el Comité por la Anulación de la Deuda del Tercer Mundo, los pueblos negros de Brasil, y numerosas organizaciones de la región anfitriona se hicieron visibles con pancartas y banderolas.
La presencia de la Asociación de los Tunecinos Víctimas de la Migración, encabezada por varias mujeres vestidas de luto –madres de los emigrantes desaparecidos especialmente en Italia- aportó una nota de particular emoción al cortejo.
"Son más de 800 los jóvenes tunecinos muertos o desaparecidos en el intento de emigrar clandestinamente del país en los últimos dos años” señaló la joven Ayani Hamida, cuyo hermano Ali enviara una última señal al llegar al puerto italiano de Lampedusa, después de la cual no se tuvo noticia alguna de él.
La marcha pacífica vivió pequeños momentos de tensión que no llegaron a mayores al enfrentarse con consignas antagónicas un grupo minoritario ligado a Ennahda –Partido del Renacimiento- en el Gobierno en Túnez y los manifestantes de la oposición local de izquierda.
El Foro Social Mundial abrirá sus actividades auto-gestionadas este miércoles 27 en la Universidad El Manar. El 29 y 30 una cincuentena de "asambleas temáticas de convergencia” se realizará en la céntrica avenida de Burguiba, según informara a este corresponsal Kamal Lahbib, presidente del Foro de las Alternativas de Marruecos y miembro del Consejo Internacional del FSM. En lo que constituye una innovación creativa "esos eventos buscarán enriquecerse con la presencia de los habitantes de la capital” argumentó.
Lahbib confirmó también que hasta la mañana del día de la apertura "se habían acreditado 30 mil participantes” llegados de más de 120 países. A diferencia de otras convocatorias anteriores, "la credencial otorgada por el FSM no será una condición para entrar a las actividades previstas en el centro universitario de la capital”.

26 marzo 2013

Gerusalemme, in 35 mila pregano per la pace in Terra Santa

In migliaia da tutto il mondo in processione dal Monte degli Ulivi alla città di vecchia di Gerusalemme. Per il patriarca latino di Gerusalemme la Domenica delle Palme rappresenta il rifiuto di ogni violenza. Duplicati i pellegrini rispetto al 2012.

Gerusalemme - "Oggi la nostra processione è quella della salvezza, il Signore stesso è la nostra salvezza. Gesù, il Re della Pace, è entrato a Gerusalemme, città che non ha mai conosciuto la pace". Così mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme ha ricordato il significato della Domenica delle Palme celebrata quest'anno davanti a oltre 35 mila fedeli provenienti da tutto il mondo. Nella sua omelia il prelato ha incoraggiato tutti i presenti a pregare per la Terra Santa perché questa festa "rappresenta il rifiuto di ogni violenza" e ha chiesto a ciascuno di "lasciare entrare nei nostri cuori e nelle nostre vite" il Signore affinché guarisca "le nostre ferite e le nostre divisioni, per fortificarci nelle nostre debolezze e donarci il coraggio di perseverare in mezzo alle prove".
Celebrata lo scorso 24 marzo la tradizionale processione della Domenica delle Palme è iniziata dal Monte degli Ulivi, proseguendo fino alla città vecchia per commemorare la trionfale entrata di Gesù a Gerusalemme.
Quest'anno più del doppio dei fedeli ha partecipato all'evento. Nel 2012 le autorità avevano contato 15 000 persone. Malgrado lo spostamento delle date di Pasqua nella diocesi - che festeggia la Settimana Santa insieme agli ortodossi - e i pochi permessi rilasciati ai pellegrini palestinesi dagli agenti israeliani (solo 6mila) i fedeli hanno partecipato numerosi portando in processione striscioni con il nome delle varie parrocchie del patriarcato latino: Aboud, Ramallah, Jifna, Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour, Nablus e molte altre. Il cammino è iniziato con il canto "Osanna" dalla chiesa di Betfage, dove Gesù è montato sull'asino. Come accade spesso in questa stagione il sole brillava su questo spettacolo di musica e di colori, dando risalto alle danze di tamburi, chitarre, canti in varie lingue e persone in abiti locali palestinesi. Mons. Fouad Twal ha chiuso la processione insieme ai francescani ed ai cavalieri del Santo Sepolcro, altri capi delle Chiese cattoliche di Terra Santa e del nunzio apostolico per Israele mons. Lazzarotto che è anche delegato apostolico per i Territori palestinesi.
In mattinata mons. Twal aveva presieduto al Santo Sepolcro la processione delle palme e la messa pontificale all'altare di Santa Maria Maddalena. La sera del 24 marzo, p. Giovanbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha celebrato la messa della vigilia con un veglia nella cappella dell'Apparizione e una messa al Calvario.
Quest'anno solo i cattolici delle aree di Betlemme e Gerusalemme celebrano la Pasqua secondo il Calendario gregoriano. Gran parte delle comunità cattoliche presenti in Israele, Territori Palestinesi, Giordania e Cipro seguiranno infatti il Calendario giuliano e inizieranno la Settimana Santa insieme ai cristiani ortodossi nella prima settimana di maggio. L'unificazione delle date delle festività pasquali è stata annunciata lo scorso 15 ottobre 2012 dall'Assemblea dei vescovi ordinari cattolici della Terra Santa, dove è stato stabilito che entro due anni tutti i cattolici delle diocesi di rito latino e dei diversi riti orientali celebreranno la Pasqua secondo il Calendario giuliano.


Festeggiamo con il Bangladesh l’Indipendenza (1971). I cattolici sono 300.000 (0,3%) su 162 milioni di abitanti. Sono presenti nel paese 120 missionari italiani. La Costituzione dichiara l’Islam (89,7%) religione di stato, ma garantisce libertà di culto.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

25 marzo 2013


Con la Grecia festeggiamo l’Indipendenza (1821). La chiesa cattolica in Grecia è presente con 20.000 cattolici su una popolazione di 11 milioni.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI

22 marzo 2013

NAUFRAGIO NEL GOLFO DI GUINEA, LE VITTIME ERANO MIGRANTI


Erano migranti irregolari, per lo più originari di Togo, Ghana e Niger, i passeggeri del battello naufragato nel Golfo di Guinea nei giorni scorsi: lo riferisce oggi il quotidiano nigeriano Vanguard, citando le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti e di responsabili dei servizi di soccorso.
Resta ancora incerto, invece, il bilancio delle vittime; probabilmente decine, se si considera che a bordo c’erano quasi 130 persone e che per ora i superstiti accertati sono solo 27.
Secondo i sopravvissuti, il viaggio era stato organizzato da un trafficante nigeriano. Il battello era salpato venerdì da un porto del Sud-est della Nigeria ed era naufragato poche ore dopo la partenza. I primi soccorsi, però, erano arrivati solo domenica. Stando alle testimonianze raccolte dal Vanguard, i passeggeri erano quasi tutti migranti diretti in Gabon, un paese dell’Africa centrale dove il petrolio offre qualche opportunità di lavoro anche agli stranieri.
Nel Golfo di Guinea i naufragi di migranti non sono rari. Sul lungomare di Libreville, la capitale del Gabon, nel 2008 erano stati rinvenuti i corpi senza vita di 37 migranti partiti sempre dalla Nigeria.

Domenica delle Palme


21 marzo 2013

Ventunesima Giornata di Preghiera e Digiuno in memoria dei Missionari Martiri


Papa: custodire lo straniero

Città del Vaticano - L’inizio del Pontificato di Papa Francesco incrocia la festa di San Giuseppe. La figura di Giuseppe, “custode” della famiglia di Nazareth nei diversi momenti della vita di Gesù, dalla nascita alla fuga in Egitto, è diventata motivo per Papa Francesco per ricordare, questa mattina durante la messa per l’inizio del pontificato, un impegno della Chiesa oggi: quello di custodire i più poveri, i più deboli. E tra i più poveri e deboli da tutelare e custodire il Papa ricorda - rileggendo il discorso escatologico dell’evangelista Matteo - lo straniero. Custodire lo straniero, con bontà e tenerezza, è un impegno che Papa Francesco consegna anche a noi e alle nostre Chiese iniziando il suo Pontificato.

http://www.migrantesonline.it/

Con la Namibia celebriamo l’Indipendenza (1990). I cattolici sono 376.474 (16,8%) su una popolazione di 2.236.651. La chiesa cattolica in Namibia gestisce 91 Istituti scolastici e 33 istituzioni assistenziali.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

20 marzo 2013


Con la Tunisia celebriamo l’Indipendenza (1956). I cattolici sono 20.100 su 10.030.000 abitanti (0,2%).

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

19 marzo 2013

Con gli abitanti di Aruba celebriamo il Giorno della Bandiera (1976). La chiesa cattolica vi è presente con 58.951 cattolici pari all’82% dei residenti.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

18 marzo 2013

Musulmani siriani in piazza S. Pietro: Papa Francesco porti la pace nel nostro Paese

di Simone Cantarini

Alì, giovane studente siriano e altri 30 connazionali musulmani sono in Piazza S. Pietro per salutare il nuovo pontefice. L'appello al papa per spingere alla riconciliazione le fazioni che stanno combattendo in Siria.

Città del Vaticano - "Spero che Francesco sosterrà la pace in tutto il mondo soprattutto in Siria, da oltre due anni devastata dalla guerra civile e dal conflitto fra alauiti e sunniti. Noi musulmani siriani siamo qui a Roma per dare il nostro saluto al nuovo papa e invitarlo a non dimenticarsi della Siria ". È quanto afferma ad AsiaNews Alì, giovane studente siriano di religione musulmana di Damasco. Il ragazzo è giunto in S. Pietro sventolando la bandiera siriana insieme a un gruppo di 30 connazionali a Roma da pochi mesi. Essi sottolineano che in questi anni di guerra il Papa Benedetto XVI è stata l'unica figura che ha sempre ricordato le sofferenze dei siriani a tutto il mondo, e sperano che anche Francesco abbia la stessa sensibilità e sia un esempio per i capi di Stato e i governi di tutto il mondo.
"In Siria - racconta Alì - l'odio sta dilagando fra sunniti e sciiti. La speranza è che il nuovo papa con le sue parole di pace riesca a toccare i cuori di tutte le fazioni che combattono, spingendole ad abbandonare le armi e a iniziare una fase di riconciliazione. Molti siriani non appoggiano un governo basato sulla religione, come invece vogliono gli estremisti che mirano alla costruzione di uno Stato islamico".
"Milioni di siriani come me - conclude- desiderano la pace e il rispetto fra le religioni e sono contrari all'atteggiamento di molti Paesi stranieri che stanno sfruttando la nostra situazione di instabilità, mettendo una fazione contro un'altra. Per questo oggi siamo qui in piazza S. Pietro: chiediamo al papa di aiutarci e sostenerci a diffondere nel nostro Paese un messaggio di pace e porre fine a questa guerra fratricida".

17 marzo 2013


Con l’Irlanda celebriamo la festa nazionale del Giorno di San Patrizio, che evangelizzò il paese dopo il V secolo. La chiesa cattolica è presente con 3.800.000 fedeli su 4.500.000 abitanti, pari all’86,8% della popolazione.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

15 marzo 2013


Ci uniamo oggi all’Ungheria che celebra l’Indipendenza (1848). La chiesa cattolica è presente con 6 milioni di battezzati su una popolazione di circa 10 milioni di persone.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

14 marzo 2013

VATICANO - Il mondo missionario in festa per l’elezione di Francesco, un Papa vicino ai poveri


Città del Vaticano – “Papa Francesco è un uomo di grandi capacità pastorali, di fede forte, un uomo di preghiera e molto vicino ai sacerdoti, agli anziani, ai poveri, e soprattutto, un uomo che ha sottolineato l'impegno missionario della Chiesa nella nostra comunità e nella nostra città”: è quanto sottolinea in una nota inviata all’Agenzia Fides il Vicario generale dell’Arcidiocesi di Buenos Aires, mons. Joaquín Sucunza, che ha lavorato per 13 anni a fianco del card. Bergoglio. Il Vicario nota che “l’elezione è una gioia e un dono enorme”, per la comunità cattolica in Argentina, ma anche per la fede dell’intera comunità cattolica universale, rimarcando gioia in tutto il mondo missionario, nelle giovani chiese.
Ieri, 13 marzo, alle ore 19,06, una lunga fumata bianca dal comignolo alla sommità della Cappella Sistina seguita dal suono a distesa delle campane, ha annunciato ai numerosi fedeli raccolti in piazza San Pietro e a quelli di tutto il mondo, collegati attraverso la radio, la televisione e internet, l’elezione del nuovo Pontefice, il Card. Jorge Mario Bergoglio, che ha assunto il nome di Francesco.


Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri

Carissime Sorelle,
Quest’anno la Quaresima ci fa vivere un tempo particolare come Chiesa e come Istituto. È un tempo di grazia nel quale il Signore ci parla e ci indica la via della vera conversione del cuore.
Il 24 marzo 2013 la Chiesa in Italia celebra la ventunesima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri uccisi durante il loro servizio di evangelizzazione. È il momento di coinvolgere le comunità e fare memoria dei tanti martiri della Chiesa, nei diversi Continenti, martiri di ieri e di oggi.
Il martirio è un fatto di fede, è mettere la propria vita nelle mani di Colui in cui si crede. Il martirio richiede la testimonianza di vita, ossia testimoniare Gesù fino alla fine, e non necessariamente morire, ma vivere fino in fondo, con tutto se stesse. Nella chiamata, e quindi nella sequela, è già compreso il martirio poiché la vita di ogni cristiano è l’imitazione della vita del Maestro.
«I cristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutile paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli. Desidero esprimere, con particolare affetto, la mia riconoscenza ai missionari e alle missionarie, che testimoniano nei luoghi più lontani e difficili, spesso anche con la vita, l’avvento del regno di Dio. A loro, che rappresentano le avanguardie dell’annuncio del vangelo, va l’amicizia, la vicinanza e il sostegno di ogni credente. Dio, che ama chi dona con gioia, li ricolmi di fervore spirituale e di profonda letizia.» (Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Missionaria Mondiale 2010).
La nostra cara Madre Marinella, nella Circolare 702 scriveva: «È nella quotidianità che ciascuna di noi deve evangelizzare il proprio cuore per divenire evangelizzatrice secondo lo spirito di Don Bosco e di Madre Mazzarello».
Il messaggio per la Quaresima 2013 sottolinea: «Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana».
«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura… Essi partirono e predicarono il Vangelo dappertutto» (Mc 16, 15.20). Il mandato missionario di Cristo continua oggi per ogni comunità cristiana e in modo particolare per ogni comunità del nostro Istituto.
Il tema del prossimo Capitolo Generale XXIII - Essere oggi con i giovani CASA che evangelizza - ci porta a vivere questa dimensione dell’evangelizzazione con la testimonianza personale e comunitaria. La testimonianza è il cammino per l’evangelizzazione!
Don Bosco aveva sognato così l'Istituto delle FMA: tutto di Maria, interamente dedito all’educazione delle giovani e aperto ai confini del mondo.
Accompagnate da Maria, dimora di Dio e Stella della nuova evangelizzazione, viviamo questo tempo di grazia e di crescita nella fede, intercedendo dal Signore la sua Luce per la Chiesa e per il Papa Francesco, nostro Pastore universale.
In comunione e nella preghiera reciproca un grande e fraterno abbraccio.
                                                                           Sr. Alaíde Deretti
                                                             Consigliera per la Missione ad/inter gentes
  
«Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo,
             non morirà mai.»   (Mons. Oscar Arnulfo Romero)

13 marzo 2013

Papa Francesco, le sue parole dal balcone

«Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui... Vi ringrazio dell'accoglienza, alla comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo, grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca.
E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l'uno per l'altro, preghiamo per tutto il mondo, perchè ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo - mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente - sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città... Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. Prima che il Vescovo benedica il popolo io vi chiedo che voi pregate il Signore perchè mi benedica: la preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me. Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà. Grazie tante dell'accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo».

Gli immigrati di Roma aspettano il nuovo Papa


Città del Vaticano - Anche le Comunità cattoliche immigrate della diocesi di Roma, che si stanno preparando a celebrare la 22° edizione della Festa dei Popoli, pregano e, con “fiduciosa attesa”, guardano all’evento ecclesiale del Conclave che ha avuto ieri pomeriggio l’inizio con l’extra omnes e la prima votazione. Le comunità immigrate, nel clima di “un’attesa che cambia”, conoscono bene – spiega il promotore della Festa dei Popoli padre Gaetano Saracino - le realtà di confine e di confini invalicabili, certe che, nel cuore della Chiesa, nessun uomo è straniero”. Le comunità cattoliche immigrate si raccolgono in preghiera per il Vescovo di Roma, ad “un tempo – aggiunge il religioso - pastore di una diocesi e della Chiesa universale: la Festa dei Popoli è il luogo-segno di questo servizio!”.

Un Papa che ci riporti ad annunciare


di Gianni Criveller, missionario Pime Hong Kong-Cina
«Spero in un Papa che guardi all'Asia come a una priorità. E ridimensioni cariche politico-diplomatiche come quella di Segretario di Stato, che piacciono tanto al governo cinese...»
Spero in un Papa che metta la Chiesa a fare quello per cui è stata fondata da Gesù: evangelizzare, portare la buona notizia a chi non la conosce. Spero in un papa che annunci il Vangelo, e che sia evangelico per rendere tale annuncio un po' più credibile. Non tutti devono diventare cristiani, ma a tutti la Chiesa è inviata per dire la notizia del Vangelo. L'Asia, il più grande continente della terra, con due popoli che superano il miliardo, India e Cina, tra le tante priorità, dovrebbe essere la prima della priorità, perché è qui dove il Vangelo è meno conosciuto.
Vangelo e Asia hanno un legame profondissimo. Gesù era asiatico, come lo erano gli apostoli e Maria. In Asia, nei primi secoli, il vangelo si diffuse più che in altre parti: le popolazioni della Siria, Armenia, Palestina, Persia (attuale Iraq), Afghanistan furono le prime ad accogliere la predicazione. Il Vangelo si spinse nell'Asia centrale, nell'India e nel 635 in Cina: prima che il Vangelo raggiungesse il nord Europa, e altri continenti. In quei secoli i cristiani delle Chiese dell'Asia, che usavano il siriaco come lingua liturgica, erano più numerosi che in Europa. La sfida continua oggi: in Asia ci sono le grandi religioni con cui dialogare, le culture con cui confrontarsi, tanti poveri ed oppressi da riscattare, popoli immensi che stanno entrando nella modernità e che, con il loro nazionalismo, stanno si affermando nel pianeta, Cina e India in testa. Ma l'Asia è ai margini dell'agenda ecclesiastica, totalmente sotto-rappresentata nella Chiesa istituzionale. I cardinali asiatici sono pochissimi; la voce dei cattolici asiatici quasi non ascoltata, nonostante la Chiesa filippina, indiana, vietnamita, coreana e cinese (tra le altre), abbiamo una grande vitalità, insieme a difficoltà e oppressioni.
Spero in un Papa che continuando l'apertura di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI verso l'Asia e la Cina in particolare, metta il dono del Vangelo alla gente dell'Asia come una vera priorità, e non solo per modo di dire. Benedetto XVI aveva sinceramente cercato il dialogo con la Cina, e avviato un'attenzione tutta particolare a quella Chiesa e popolo. Come ha denunciato il card. Joseph Zen, i funzionari e gli organi vaticani non hanno colto questa occasione, non ci hanno messo lo stesso impegno e la stessa serietà. Si sono affidati alle tradizionali schermaglie diplomatiche, dalla quasi abbiamo avuto sempre risultati miserevoli per la causa del Vangelo.
Spero in un papa che abolisca il titolo di Segretario di Stato, e ne ridimensioni drasticamente la funzione (come fece Pio XII). Questi titoli politici perpetuano in tanti che non conoscono il Vangelo e la Chiesa, l'equivoco che la Chiesa sia una potenza terrena, uno stato appunto, e che con essa si tratta come si tratta con le potenze di questo mondo. Spero in un Papa che ridimensioni drasticamente l'apparato diplomatico della Chiesa, che niente ha a che fare con la volontà di Gesù e la natura apostolica della Chiesa; e che produce all'interno della Chiesa una schiera di potenti funzionari in carriera e sconosciuti alle comunità cristiane. Il governo cinese, in perfetta malafede naturalmente, continua a giocare su questo equivoco, imputando alla Chiesa una natura e mire politiche. Alla notizia della rinuncia di Benedetto XVI funzionari cinesi hanno suggerito che il Papa sia stato sconfitto e sopraffatto dagli scandali, propagando all'opinione pubblica l'idea che la Chiesa è una potenza politica e finanziaria tra le altre.
Spero in un Papa che abolisca la banca vaticana, o se questo è davvero impossibile (ma davvero?), trasformi questa istituzione in qualcosa che non ci debba continuare ad umiliare, come succede da almeno trent'anni. Spero in un Papa che riconduca la struttura centrale della Chiesa ad una casa di vetro, di cui non ci si debba vergognare. Spero in un Papa che non dia ai problemi europei o occidentali più tempo ed importanza di quelli dell'Asia, dell'America latina, dell'Africa o dell'Oceania.
Lo ribadisco, spero in un Papa che riconduca la chiesa alla sua unica missione: annunciare la buona notizia del Vangelo a chi non la conosce, e in cui tutto il resto o è a servizio di questo scopo, o non serve.
Spero in un Papa che creda in Dio, voglio dire che ci creda davvero. E che ciò sia così semplicemente manifesto che il popolo di Dio lo sa chiaramente; e lo sa anche la gente semplice in tutto il mondo, di qualsiasi religione, cultura o nazione. Spero in un Papa che sia una persona onesta, sincera, e che agisca secondo la sua coscienza, senza adottare chissà quali strategie politiche o ecclesiastiche. Spero in un Papa che la gente semplice percepisca essere una persona così per bene che non potrebbe mentire, insabbiare, sottovalutare, o porre il prestigio clericale al di sopra della semplice verità delle cose.
Spero in un Papa che non sia capito dagli intellettuali di moda, dai giornali potenti, e che non sia facilmente popolare nei canali televisivi o in altri mondi di intrattenimento a scopi egemonici. Spero in un Papa che non interessi ai potentati politici, economici e culturali. Spero in un Papa che, come Gesù, ami i poveri più dei ricchi; gli oppressi più che i privilegiati; gli umili più che i nobili. Spero in un Papa che si dia da fare per la pace e la giustizia, che fremi di dolore e di sdegno per le oppressioni economiche e politiche a cui gran parte dell'umanità è ancora sottoposta. Spero in un Papa che stimi le donne, le incontri, le ascolti e le valorizzi. Spero in un Papa che abbia buoni amici, e abbia la fortuna di avere collaboratori leali. Spero in un Papa che si scandalizzi e si sdegni quando la dignità delle donne, dei bambini, e di ogni essere umano viene abusata e offesa. Spero in un Papa che continui l'azione di Benedetto XVI per contrastare il male nella Chiesa, e che abolisca (o almeno ci provi) il flagello del clericalismo e del carrierismo.
Spero in una Papa che non gli importi nulla della politica italiana (e obblighi i suoi collaboratori allo stesso). Spero in un Papa che obblighi i cardinali romani a non partecipare a cene e ricevimenti mondani, dove fanno sempre una pessima figura. Spero in un Papa che traduca in atti concreti anche solo una piccola parte di quanto il Vangelo dice, a cominciare dai suoi collaboratori e dalla gente attorno a lui. Spero in un Papa che, sulla scia aperta dal coraggioso Benedetto XVI, riconduca il papato a quello che è, ovvero un servizio ecclesiale, e che in questo modo dia nuova speranza e prospettive al cammino ecumenico. Spero in un Papa che abbia la stessa umiltà di Benedetto XVI, e che come lui faccia ciò che la coscienza gli detta davanti a Dio, senza badare ad altro. Spero in un Papa che, come Benedetto XVI, accetti di diminuire affinché lui, Gesù, cresca.

AMERICA - La Missione Permanente, una priorità nel continente


Bogotà – Inizia oggi, 13 marzo a Bogotà l'assemblea annuale dei segretari generali delle Conferenze episcopali dei paesi Latinoamericani. La riunione è stata organizzata dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) e si svolgerà dal 13 al 15 marzo.
L’incontro ha lo scopo di delineare una visione comune tra le Chiese dell'America Latina per promuovere, con una serie di attività in ciascun Paese, obiettivi pastorali comuni tra cui, ad esempio, la missione permanente, che è diventata una priorità nel continente Americano.
Il programma prevede anche spazi di riflessione sulla realtà politica, sociale ed economica dei diversi Paesi della regione.

Lectio Divina
Ciclo C 5º. Domingo de Cuaresma (Jn 8, 1-11)

El Evangelio de hoy nos invita a meditar el encuentro de Jesús con la mujer que iba a ser lapidada. Él incomodaba a las autoridades religiosas. Por esto, las autoridades procuraban todos los medios posibles para acusarlo y eliminarlo. Le traen delante a una mujer sorprendida en flagrante adulterio. Bajo la apariencia de fidelidad a la ley, usan a la mujer para esgrimir argumentos en contra de Jesús.
Hoy también, bajo la apariencia de fidelidad a las leyes de la iglesia, muchas personas son marginadas y se retiran de la comunidad porque no encuentran quién las comprenda y las acompañe en un proceso de recuperación.

Seguimiento:

1. Jesús, por su parte se fue al monte de los olivos.
2. Al amanecer estaba ya nuevamente en el templo. Toda la gente acudía a Él, y Él se sentaba para enseñarles.
3. Los maestros de la Ley y los fariseos le trajeron una mujer que había sido sorprendida en adulterio. La colocaron en medio.
4. Le dijeron: Maestro, esta mujer es una adúltera y ha sido sorprendida en el acto.
5. En un caso como éste, la Ley de Moisés ordena matar a pedradas a la mujer. Tú, ¿qué dices?
6. Le hacían esa pregunta para ponerlo en dificultades y tener algo de qué acusarlo. Pero Jesús se inclinó y se puso a escribir en el suelo con el dedo.
7. Como ellos insistían en preguntarle, se enderezó y les dijo: “Aquél de ustedes que no tenga pecado, que le arroje la primera piedra”.
8. Se inclinó de nuevo y siguió escribiendo en el suelo.
9. Al oir esas palabras se fueron retirando uno tras otro, comenzando con los más viejos, hasta que se quedó Jesús solo con la mujer, que seguía de pie ante Él.
10. Entonces se enderezó y le dijo: “Mujer, ¿dónde están? ¿Ninguno te ha condenado?”
11. Ella contestó: “Ninguno, Señor” y Jesús le dijo: “Tampoco yo te condeno. Vete y en adelante no vuelvas a pecar”.

I. LEER: entender lo que dice el texto fijándose en cómo lo dice

Jesús se fue para el Monte de los Olivos. Allí había un huerto donde Él pasaba la noche en oración. La gente acudía pronto para poderle escuchar. Se sentaban alrededor de Jesús y Él les enseñaba.
¿Qué enseñaba Jesús? Tiene que haber sido algo muy bonito, porque la gente acudía al amanecer para escucharle.
Los escribas preparan una trampa para Él. De repente, llegaron los escribas y los fariseos, trayendo consigo a una mujer sorprendida en flagrante adulterio. La ponen en medio. Según la ley, esta persona debería ser apedreada (Lv 20,10; Dt 22,22.24).
Ellos preguntan "¿Tú qué dices?" Era una trampa. Si Jesús hubiera dicho: "¡Aplicar la ley!", ellos hubiesen pensado y dicho: “¡No es tan bueno como parece, porque manda matar a la pobre mujer!”.
Y si dijera: "No la maten", hubieran dicho "¡No es buen cumplidor de la ley!" Bajo la apariencia de fidelidad a Dios, ellos manipulan la Ley y usan a la persona de la mujer para poder acusar a Jesús.
La reacción de Jesús fue muy genial. Se puso a escribir en la tierra. Parecía un callejón sin salida. Pero Él no se dejó llevar por los nervios. Por el contrario. Calmadamente, siendo dueño de la situación, se inclinó y comenzó a escribir en la tierra con el dedo. Los nervios se adueñaron de sus adversarios, e insistieron pidiéndole que les dijera qué pensaba que se debía hacer.
Jesús se levantó y dijo: "¡Aquel de vosotros que esté sin pecado, que le arroje la primera piedra!" Inclinándose volvió a escribir en la tierra. Jesús no discutió la Ley.
Cambia el punto del juicio. En vez de permitir que ellos coloquen la luz de la ley por encima de la mujer para condenarla, les pide que se examinen a la luz de lo que la ley les exige a ellos.
La acción simbólica de escribir en la tierra lo aclara todo. La palabra de la Ley de Dios tiene consistencia. Una palabra escrita en la tierra no la tiene. La lluvia o el viento la eliminan. El perdón de Dios elimina el pecado identificado y denunciado por la ley.
Jesús y la mujer. El gesto y la respuesta de Jesús derriban a los adversarios. Los fariseos y los escribas se retiraron avergonzados, uno después del otro, comenzando por los más ancianos.
Aconteció algo no imaginado por ellos. La persona condenada por la Ley no fue la mujer, sino ellos mismos, que se creían muy fieles. Jesús se quedó solo con la mujer en medio del círculo. Se levantó y la miró: "Mujer, ¿dónde están? ¡Nadie te ha condenado!" Y ella respondió: "¡Nadie, Señor!" Y Jesús le dijo para darle valor: "Tampoco yo te condeno. Vete, y en adelante no peques más."

II. MEDITAR: aplicar lo que dice el texto a nuestra vidala vida

No se sabe bien porque Jesús se haya puesto a escribir en la tierra, lo cierto es que en Él no hay agresividad ni fanatismo. Jesús no se precipita a dar opiniones. Más bien invita a una serena reflexión.
¿Cómo somos cuando tenemos que dar una opinión? ¿Qué tanto ponemos por encima de nuestros intereses el amor al hermanos que es enjuiciado?
Jesús no permite que alguien use la ley de Dios para condenar al hermano o a la hermana, cuando el acusador es pecador. Este episodio, mejor que cualquier otro, revela que Jesús es la luz que hace aparecer la verdad. El hace aparecer lo que existe de escondido en las personas, en lo más íntimo de cada uno de nosotros. A la luz de su Palabra, los que parecían los defensores de la ley, se revelan llenos de pecado y ellos mismos lo reconocen, pues se van comenzando por los más viejos.
¡Cuántas veces nos sentimos mejor que los demás! ¡Cuántos de nosotros subrayamos con el dedo a quienes juzgamos pecadores y merecedores de castigos! ¡Cómo es injusto nuestro criterio, buscando quedar libres de culpa, culpando a quienes sabemos que son inocentes!
Esta situación se da no solo en el tribunal, sino en la vida diaria, en nuestras familias, en nuestros ambientes de trabajo y apostolado. Nos cuesta mucho hablar a favor del más desprotegido y nos ensañamos contra quien no nos secunda en nuestros malos manejos…
La mujer, considerada culpable y merecedora de pena de muerte, fue dignificada por Jesús Él la pone de pie, la absuelve, la redime y dignifica (cf. Jn 3,19-21).
Que lección nos da Jesús. ¿Por qué nos cuesta tanto ser como Él y hacer lo que Él hizo no solo con la mujer adúltera, sino con todos los que sufren las injusticias? ¿No será que no hemos entendido la Ley del Amor y la relación que existe entre el amor y el perdón?
¿No es verdad que muchas veces somos farisaicos? Nos decimos cumplidores de la Ley, pero desconocemos la más importantes de las leyes: EL AMOR.
Creemos que no tenemos nada que nos echen en cara, cuando nosotros sabemos que muchas veces hemos caído en errores y faltas que van contra la dignidad de nuestros hermanos. ¿Qué podemos hacer en esta cuaresma para devolverle su honra a quienes se las hemos quitado?
Jesús fue el único ser capaz de ser libre ante los condicionamientos de la ley y del poder opresivo. Estuvo siempre a favor de la persona, de su dignidad, de su vida…

III. Oramos nuestra vida desde este texto:

Padre Dios, gracias porque nos invitas a vivir la Ley del amor y nos das como Maestro a seguir en esta tarea a tu Hijo Único, y Hermano nuestro. Concédenos crecer en compasión y comprensión. Que sepamos darle al hermano que ha caído una nueva oportunidad.
Que creamos en sus deseos de ser mejor y le ayudemos en la medida de nuestras posibilidades, como Tú nos ayudas siempre.
Concédenos ser cada día más sensibles, más hermanos y menos jueces de quienes necesitan el amor como respuesta a tanto desamor en el que han vivido. María, tú que engendraste a Cristo Jesús y le diste la capacidad de ser un hombre diferente y lleno de Dios, intercede ante Él, por nosotros, sus hermanos para que sepamos amar. ¡Así sea!


12 marzo 2013

Jornadas de Estudo sobre o Primeiro Anúncio

No dia 07 de março, na sede da Visitadoria Rainha da Paz (FMA - Angola), aconteceu a primeira reunião da equipe de Evangelização formadas por membros do Dicastério das Missões (SDB) e do Âmbito ad/inter gentes (FMA), que contou com a participação de 9 participantes em sua totalidade.
O objectivo do encontro foi comunicar a realização das Jornadas de Estudo sobre a missão salesiana e o Primeiro Anúncio em África e Madagascar, realizadas em novembro de 2012, bem como programar o que serão as Jornadas sobre o Primeiro Anúncio previstas para os dias 13 - 15 de setembro do presente ano. As Jornadas de Estudo são destinadas aos representantes dos agentes de Evangelização e de Pastoral de nossos ambientes educativos e paróquias salesianas. Foi muito bem acolhida a sugestão de preparar as Jornadas enviando material de  estudo com antecedência. Assim, SDB e FMA viveremos um ano da Fé animados pelo assunto que merece todo interesse, e os frutos serão abundantes. Todo o encontro decorreu num clima de participação e grande faternidade.


Equipe de SDB e FMA - Angola

AMERICA/CANADA - “Nuova evangelizzazione nella missione Ad Gentes”, ultimi preparativi per il CAM 4 COMLA 9


Montreal – Dal 11 al 15 marzo, i Direttori delle Pontificie Opere Missionarie (POM) d'America e dei Caraibi si incontreranno a Montreal, Canada, nel “Villaggio di San Martin”, una casa per ritiri spirituali dei gesuiti. Questo incontro è specificamente destinato a programmare il lavoro del Congresso Americano delle Missioni e / o Congresso Missionario Latino-Americano (CAM 4 - COMLA 9) che si terrà nella città di Maracaibo, Venezuela, dal 26 novembre al 1 dicembre.
“In questo IX Incontro - ha riferito a Fides padre Guillermo Alberto Morales Martinez, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Messico e coordinatore dei lavori delle POM in America, - il punto di forza sarà "l'analisi tematica, le linee e il numero di forum che si terranno al Congresso del Venezuela (CAM 4 - COMLA 9). D'altra parte, di dovranno approvare gli obiettivi proposti e si vedrà il curriculum di ciascuno dei relatori, per garantire la qualità che avrà il Congresso".
Una nota inviata a Fides dalle POM del Messico riferisce inoltre che saranno presenti tutti i direttori nazionali delle POM America e come invitato speciale, padre Vito Del Prete, Segretario Generale della Pontificia Unione Missionaria (PUM), che presenterà un lavoro che riguarda i paradigmi della nuova evangelizzazione nella missione Ad Gentes.


Con le Isole Maurizio celebriamo l’Indipendenza (1968). La chiesa cattolica vi è presente con una diocesi e un vicariato apostolico. I cattolici sono 311.856 (26,4%) su una popolazione di 1.179.841.

(dall'Agenda Biblica e Missionaria EMI)

8 marzo 2013

Migrantes: non dimentichiamo i drammi delle donne migranti

Roma - Fra i soggetti migranti emergenti in Italia, le donne occupano decisamente un primo piano, anche se costituiscono spesso i soggetti più deboli e fragili. Ormai metà dell’immigrazione italiana ha un volto femminile, con quasi 2.500.000 di donne.

I volti dell’immigrazione extracomunitaria da alcuni Paesi – Thailandia (88,5%), Bielorussia (82,55%), Russia (82,6%), Ucraina (80,0%), Indonesia (77,2%), Cuba (75,6%), Brasile (73,1%), Capoverde (70,2%) – sono tra i più familiari. In termini assoluti, invece, le donne più numerose sono le donne albanesi (231.000), le marocchine (220.000), le ucraine (180.000), le cinesi (135.000). Le donne sono venute in Italia – come hanno sottolineato gli studi recenti delle sociologhe ElenaBesozzi e Maddalena Colombo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - sia in seguito alla crescita di possibilità professionali, soprattutto nell’ambito della cura delle persone, sia grazie alla migrazione di nuclei familiari piuttosto che di singole persone, sia ancora per l’incremento dei ricongiungimenti familiari e la ricomposizione di famiglie prima divise; e infine per matrimonio o convivenza con uomini italiani, fino al dramma della prostituzione e della tratta. La configurazione migratoria femminile in Italia e il suo costante rinnovamento pongono problemi di tutela, di accesso ai servizi, di partecipazione alla vita sociale. La Giornata dell’8 marzo costituisce un’occasione importante per sottolineare la necessità di un approcccio di genere allo studio delle migrazioni, con un’attenzione fondamentale alla tutela dei diritti delle donne contro ogni forma di violenza e di sfruttamento. La donna migrante costituisce per tante ragioni un valore aggiunto nella vita familiare, sociale, economica, culturale del nostro Paese e chiede un’attenzione particolare per evitare nuove e vergognose forme di discriminazione, che si consumano talora nel silenzio e nella disperazione, tra le mura domestiche, come sottolineano i dati dei Consultori familiari, dei Centri di aiuto alla vita e dell’associazionismo. L’8 marzo, insieme alle violenze a tutte le donne, non possiamo dimenticare i drammi delle donne migranti.

Giornata internazionale della donna

MARIA, DONNA MISSIONARIA   


«Santa Maria, donna missionaria,
noi ti imploriamo per tutti coloro
che hanno lasciato gli affetti più cari
per annunciare il Vangelo.
Sostienili nella fatica.
Ristora la loro stanchezza.
Proteggili da ogni pericolo.
Dona ai gesti con cui si curvano
sulle piaghe dei poveri
i tratti della tua verginale tenerezza.
Metti sulle loro labbra parole di pace.
Riempi la loro solitudine.
Rendili testimoni di gioia.
Santa Maria, donna missionaria,
tonifica la nostra vita cristiana
con quell'ardore che spinse te,
portatrice di luce,
sulle strade della Palestina.
Anfora dello Spirito,
riversa il suo crisma su di noi,
perché ci metta nel cuore la nostalgia
degli estremi confini della terra.»

(Don Tonino Bello)


7 marzo 2013

Giornata internazionale della donna

Missionaria


Sorella, c’è una terra che ti aspetta
e c’è un’attesa in altra terra;
ci sono strade, ci sono sentieri, ci sono stelle
una povertà solitaria dell’nulla,
e un fratello, che nella routine dei giorni,
sogna con un bacio di vangelo!!!

C’è una distanza di polvere che penetra
e una pioggia che ci chiama da lontano.
Camminiamo sorella, camminiamo
sempre c’è qualcuno in attesa del nostro abbraccio,
c’è sempre qualcuno che non ha nessun tetto
sempre c’è qualcuno circondato da solitudini e disprezzi. 

Per loro sorella ti vogliamo
Sali in barca! Ci sono soltanto reti,
solo reti e un lavoro infinito che ci chiama.
Lascia tue giornate al passato
e dimentica te stessa per il cielo!
Prenditi un sorriso a fiore di labbra,
raccoglie coraggio e mille veglie…

Prendi il percorso che ti porta a Cristo,
perché te sorella, noi vogliamo.
Sorella c’è una terra che ti aspetta
e c’è un’attesa in altra terra! 



6 marzo 2013

Lectio Divina

Ciclo C 4º. Domingo de Cuaresma (Lc 15 1-2.11-32)

Juan José Bartolomé, sdb

Pocas páginas del evangelio nos resultan tan familiares como el relato de la Parábola del Hijo Pródigo. Nos puede sonar a historia tan sabida que no dejamos que nos cuestione esta Palabra. El centro del relato no está en el comportamiento de uno de los dos hijos; la parábola se centra, más bien, en la actitud que mantiene el padre en toda la historia: en ella lo decisivo no es qué cosas se atrevieron a hacer o decir los hijos, sino qué hizo y dijo el padre a ambos. Sabremos qué nos dice hoy Jesús a nosotros, si logramos identificarnos con uno de los dos hijos de su parábola. Y sabiendo con qué hijo nos identificados, sabremos mejor qué es lo que espera Dios Padre de nosotros.

Seguimiento:

1. En aquel tiempo, solían acercarse a Jesús los publicanos y los pecadores a escucharle.
2. Y los fariseos y los escribas murmuraban entre ellos: «Ése acoge a los pecadores y come con ellos.»
11. Jesús les dijo esta parábola: «Un hombre tenía dos hijos;
12. el menor de ellos dijo a su padre: "Padre, dame la parte que me toca de la fortuna." El padre les repartió los bienes.
13. No muchos días después, el hijo menor, juntando todo lo suyo, emigró a un país lejano, y allí derrochó su fortuna viviendo perdidamente.
14. Cuando lo había gastado todo, vino por aquella tierra un hambre terrible, y empezó él a pasar necesidad.
15. Entonces se puso al servicio de un habitante de ese lugar que lo envió a sus campos a cuidar cerdos.
16. Hubiera deseado llenarse el estómago con la comida que le daban a los cerdos; pero nadie le daba nada.
17. Recapacitando entonces, se dijo: "Cuántos trabajadores de mi padre tienen abundancia de pan, mientras yo aquí me muero de hambre.
18. Volveré a mi padre y le diré: ‘Padre, he pecado contra el cielo y contra ti;
19. ya no merezco llamarme hijo tuyo: trátame como a uno de tus siervos’".
20. Fue a buscar a su padre; cuando todavía estaba lejos, su padre lo vio y se sintió compasión; y, echando a correr, lo abrazó y se puso a besarlo.
21. Su hijo le dijo: "Padre, he pecado contra Dios y contra ti; ya no merezco llamarme hijo tuyo."
22. Pero el padre dijo a sus criados: "Saquen en seguida el mejor traje y vestidlo; pónganle un anillo en la mano y sandalias en los pies;
23. traigan el ternero más gordo y comamos y alegrémonos; celebremos un banquete,
24. porque este hijo mío estaba muerto y ha revivido; estaba perdido, y lo hemos encontrado." Y empezaron el banquete.
25. Su hijo mayor estaba en el campo. Cuando al volver se acercaba a la casa, oyó la música y el baile,
26. y llamando a uno de los sirvientes, le preguntó qué pasaba. Éste le contestó: "Ha vuelto tu hermano; y tu padre ha matado el ternero gordo, porque lo ha recobrado con salud."
28. Él se enojó y no quiso entrar; pero su padre salió a rogarle.
29. Él le dijo al padre: "Mira: hace tantos años que te sirvo, sin desobedecer nunca una orden tuya, a mí nunca me has dado un cabrito para tener un banquete con mis amigos;
30. Pero llega este hijo tuyo, después de haber gastado tu dinero con malas mujeres, le matas el ternero gordo."
31. El padre le dijo: "Hijo, tú siempre estás conmigo, y todo lo mío es tuyo:
32. Deberías alegrarte, porque este hermano tuyo estaba muerto y ha revivido; estaba perdido, y lo hemos encontrado"».

I. LEER: entender lo que dice el texto fijándose en como lo dice

Jesús quiso hablar en parábolas para que comprendieran por qué comía con pecadores, actitud que escandalizaba a los que se creían buenos: (Lc 15, 11-32).
Él comía con pecadores porque sabe que Dios goza con la conversión de ellos (Lc 15,7.10). El pecador, recuperado para Dios, hace que Dios se alegre y haga fiesta: el pecador que regresa a Dios lo hace gozar.
El protagonista central de esta parábola es el padre (Lc 15,11); los dos hijos hacen destacar su amor misericordioso, cada uno con su situación muy particular: el menor, el ‘malo’ (Lc 15,12-24) y el mayor, el ‘bueno’ (Lc 15,25-32). Los dos fueron ideados por Jesús para describir diferentes maneras de ser padre para ellos…
Jesús quiere que sus oyentes reflexionen bien sobre cómo es ese padre. Lo decisivo en la narración no es lo que quieren los hijos, sino lo que el padre hace o dice, manda o sugiere, pide o desea de cada uno.
No actúa de la misma manera con el mayor que con el menor. Al que le ofendió, no le pidió nada, se contentó con que regresara a su casa, aun sabiendo el hijo no era digno ni merecedor del amor de su padre…
Al que nunca lo abandonó, le rogó que aceptara como hermano al hijo que había vuelto a casa. Los dos hijos fueron probados, pero las pruebas no fueron las mismas para los dos; se acomodaron a la forma de ser de cada uno y al deseo del padre: el quería tener a sus dos hijos…
El hijo menor conoció el pecado, aunque no dejó de pensar en el padre cuando se alejó de él; no pudo desterrarle de su corazón; le pidió su herencia y la gastó pronto, pero siempre se sintió ‘el hijo’, aunque mal portado.
Cuando su situación lo hizo caer en la desesperación, "entró en sí mismo"... y pensó en su padre. Su recuperación empezó en el momento que se imaginó hablando con su padre, pidiéndole que lo perdonara… y si el padre recuperó al hijo perdido, el hijo recuperó al padre, aún antes de verlo, antes de ser abrazado por él, antes de ser tratado como el hijo del señor. En su interior, el hijo que se había ido lejos de la casa paterna, se reencontró a sí mismo, encontrándose anímicamente con su padre..
El hijo mayor, si bien siempre estuvo en casa, y trabajó mucho para su padre, no estaba cuando su hermano menor regresó a su casa. Se perdió ese emotivo encuentro. Se enteró del regreso de su hermano, por un sirviente y no quería estar en la fiesta que organizó su padre para recibirlo.
El padre dialogó con el hijo mayor; le pidió que compartiera la alegría que inundaba su corazón. Entendía la actitud del hijo mayor, pero le pidió que le perdonara; lo invitó a ir más allá, haciendo fiesta, porque el hermano ausente había vuelto a ellos. No negaba el error que el hijo menor había cometido.
El padre le hizo caer en cuenta que obediencia no va de la mano con la fidelidad, y que servidumbre no era lo mismo que filiación: quería que el hijo se sintiera dueño, aunque trabajando con los siervos de su padre; que fuera libre para disponer de los bienes de su padre, ya que lo tenía con él y lo que era del padre, era también de los hijos…
El hijo mayor no perdió al padre ni sus bienes, ni se alejó de casa ni se ausentó del trabajo; no pecó contra Dios ni contra su padre, pero le sirvió toda su vida como un trabajador más. Vivió con él una relación de trabajador a dueño, no de hijo a padre
¡Triste destino! Pero - aquí está el meollo de la historia - porque un hijo 'bueno' no pudo o no quiso ser buen hermano; el padre sintió una gran tristeza porque sus dos hijos ya no estaban untos en la casa paterna.
Los 'buenos' hijos que no son hermanos acogedores, no entienden a Dios y su paternidad. Si no reciben al hermano caído y si no gozan con su recuperación, no se parecen al padre amoroso y lleno de misericordia.
Cuestionar al hermano, por más razones que se tengan, es ir más allá de la imagen buena y comprensiva del padre. No hay que pasar por alto que esa es la prueba del hijo, que se creía ‘bueno’.Su conversión pidió dejar de sentirse superior y ser buen hermano.

II. MEDITAR: aplicar lo que dice el texto a la vida

Jesús justifica su convivencia con pecadores aludiendo al comportamiento de Dios en la figura del padre que tenía dos hijos. El hijo pródigo nunca dejó de ser hijo, aunque un día dejara la casa paterna y enajenara los bienes de su familia; incluso después de su pecado se sintió hijo, aunque no digno. Es lo que salvó su vida y lo liberó de los pecados cometidos.
El hijo que no nunca abandonó el hogar, siempre se había sentido siervo de su padre: vivía en casa sin libertad y con esfuerzo; su fidelidad le costaba, pues no era obediencia de hijo sino de doméstico; antes y después no conocerá la fiesta familiar. Lo dramático será que el padre dejó de ser padre de dos hijos, porque 'el bueno' no aceptó ver en el que volvía a su hermano, porque no pudo admitir que su padre fuera más bueno con el que se había portado mal.
Esta parábola no trata de unos hijos que tenían un padre, sino de un padre que tenía dos hijos. No es el hijo menor el pródigo, sino el padre, puesto que si había sido el hijo quien mal gastó su parte, el padre fue quien repartió la herencia primero y quien derrochó después lo que quedaba, cuando el hijo volvió a casa; es verdad que el menor dejó la casa y al padre con la parte de su herencia para malgastarla y malvivir, pero fue al padre a quien le dolía más el hijo perdido que la pérdida de sus bienes.
El protagonista del relato no fue, pues, el hijo malnacido, sino el padre dispuesto siempre a reconocer como hijo suyo, a quien no podía aspirar más que a ser considerado sólo siervo. Quien dejó de pertenecer a la casa porque quiso abandonarla, no logró alejarse del corazón del padre, por más lejos que marchara; fue el padre quien siguió extrañando al hijo, que se había alejado de su familia yéndose a una tierra extraña. Fue el padre quien, extrañándolo, lo mantenía vivo y presente en su corazón y en su casa.
¿Comprendemos cuál fue la pena que vivió el padre al no tener consigo a su hijo, el menor, que prefirió la vida libertina a una pertenencia sana y rica en su familia, al lado de su padre, con su hermano y los demás miembros que la integraban?
Tampoco el hermano mayor tuvo una actuación muy lúcida. No se alejó nunca de casa, es verdad, pero no se sintió en ella libre; se mantuvo siempre sumiso a su padre, pero con obediencia de siervo. Siendo el hijo mayor se portó como un criado más del padre. Sin abandonar al padre, nunca se consideró su heredero ni supo celebrar una fiesta con sus amigos; no se atrevió a pedir nada, no por falta de ganas sino porque le faltó confianza. Y cuando el hijo de su padre regresó a casa, no supo aceptarlo como hermano propio ni quiso celebrar su retorno.
Razones no le faltaban, pero le faltó comprensión para con su padre. Estando siempre al lado de su padre, no aprendió a ser hermano; vio al padre como un señor, pero no descubrió su amor misericordioso: como lo entendió se quedó sin fiesta, sin hermano y sin hogar.
¿No es verdad que una vida de fidelidad a Dios, pero no partiendo de su amor, sino de una actitud servil, nos puede llevar a estar con Dios y a intentar hacer lo que nos pide, pero no a vivir la filiación, ni la fraternidad, porque el amor es la razón y la fuerza para ser hijos y para vivir como hermanos?
La parábola es sombra sólo de la realidad: el padre bueno no es más que figura de lo que Dios quiere ser para nosotros.
Con cuánta frecuencia hemos sentido la tentación de dejar a Dios en casa y buscar aires y lugares de mayores libertades, donde poder ser nosotros mismos sin tener que ser reconocidos como hijos de Dios, donde gastarnos lo que de Dios habíamos recibido como si lo hubiéramos ganado nosotros. Y con cuánta frecuencia hemos consentido con esa voluntad de libertad, con ese deseo de dejar de una vez de ser hijos en casa propia; con la misma frecuencia hemos logrado únicamente ser siervos en casa ajena.
No es pesimista el relato de Jesús, como no pueden llevarnos al abandono nuestros propios abandonos. Si nos reconocemos en el 'camino de ida' que hizo el hijo, podemos reconocernos también en su 'camino de vuelta' y encontrarnos, como él, con un Padre dispuesto a vernos y conmoverse, correr hacia nosotros y abrazarnos. Y hasta besarnos, sin que antes tengamos que decirle palabra alguna de arrepentimiento. La historia del hijo menor puede ser nuestra historia: si volvemos a Dios, recuperamos el Padre que tanto echamos en falta.
No olvidemos que el hijo, lejos de casa, tuvo que conocer alegrías que arruinan y tristezas que alimentan añoranzas, gozar placeres y sentir necesidad; pero sólo volvió a recordar al padre que había abandonado, cuando sintió el estómago vacío, cuando había agotado su dinero, cuando no tuvo amigos con los que malgastar su fortuna.
En la experiencia de la soledad, en la falta de afectos humanos, en el hambre, en la escasez de comida, el hijo menor pensó en su Padre y en las comidas que tenían sus siervos. Los satisfechos de sí, los que triunfan solos, los que se las arreglan bien por su cuenta, los que creen no pecar sólo porque disponen a placer de lo suyo, difícilmente emprenden el camino de regreso.
¿Por qué envidiarlos, si han perdido la casa, al padre, la familia propia y la fiesta común? Si sentimos alguna necesidad, si nos sentimos necesitados de algo importante, puede esto ser la ocasión para que volvamos al Padre bueno que siempre nos espera. Tras nuestro pecado, tras nuestros extravíos, tras nuestras escaseces, hay siempre un Dios que nos espera, un Dios que no nos tomará en cuenta nada de lo hecho si es que volvemos.

III. Oramos nuestra vida desde este texto:

Dios Bueno, te pedimos que aprendamos a vivir la compasión, el amor y la paciencia para con nosotros, y para con nuestro prójimo. Concédenos descubrirte Padre y ser hermanos, unos con otros.
Que no dudemos en regresar a tu casa, a tu amistad, a tu intimidad…Que nos sintamos siempre tus hijos y que seamos capaces de vivir la hermandad, como consecuencia de nuestra filiación.
Que sepamos acoger con cariño a quienes se han ido lejos de ti y de lo tuyo; que seamos compasivos con quienes han caído en vicios, errores, y equivocado el camino.
Que nos esforcemos por recuperarlos, porque sus experiencias los habrán dañado y los harán sentirse indignos de Ti y de la comunidad… Tu amor y tu misericordia sean para todos una escuela. Que de Ti y contigo aprendamos a amar, dignificando a quienes se han pecado. Que no se nos olvide nunca lo importante que es ‘ser y hacer familia’.
El Espíritu de Dios y María, Madre de Cristo Jesús, y de todos sus hermanos, nos ayuden a vivir la hermandad… ¡Así sea!