23 gennaio 2014

SCONTRI IN REGIONE DEI LAGHI, SI NEGOZIA TREGUA

Combattimenti sono in corso anche nella regione dei Laghi, sulla riva occidentale del Nilo, in zone dove sono accampati oltre 100.000 sfollati: lo dicono alla MISNA operatori umanitari sul posto, mentre da Addis Abeba giungono annunci in merito alla possibile firma di un accordo di cessate-il-fuoco tra le parti in conflitto.
“I combattimenti sono in corso a circa dieci chilometri da Bunagok” riferisce Corrado Di Dio, responsabile dell’Ong italiana Comitato collaborazione medica (Ccm) raggiunto in questa località della regione dei Laghi. Scontri armati sono segnalati sia nella contea di Yirol Est che in quella di Awerial, un villaggio sulla riva occidentale del Nilo dove nelle settimane scorse sono giunti dalla città di Bor e dalla regione di Jonglei decine di migliaia di persone in fuga dai combattimenti. Secondo le stime del CCM, un’Ong impegnata nell’assistenza sanitaria, in questa parte della regione di Laghi gli sfollati sono più di 130.000.
La situazione resta drammatica anche più a nord, nelle regioni di Unity e dell’Alto Nilo. Secondo Peter Taban, un responsabile della Croce Rossa, a circa 12 chilometri dalla città di Malakal sono accampate più di 70.000 sfollati. “Sono soprattutto donne e bambini – sottolinea l’operatore umanitario – che dormono all’aperto e hanno bisogno di cibo e assistenza”.
E’ da capire come queste situazioni possano essere condizionate da un eventuale accordo ad Addis Abeba. I mediatori africani dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) hanno annunciato per oggi la firma di “un accordo sulla cessazione delle ostilità e la questione dei prigionieri”. Nel testo dovrebbero essere fissati i termini di una tregua e, allo stesso tempo, definito un compromesso su 11 dirigenti e ufficiali arrestati con l’accusa di essere coinvolti in un presunto tentativo di golpe denunciato dal presidente Salva Kiir il 15 dicembre.
Come lo stallo delle ultime settimane possa essere superato non è chiaro. Anche perché solo ieri i rappresentanti dei ribelli legati all’ex vice-presidente Riek Machar denunciavano l’intransigenza del governo su due richieste chiave: oltre al rilascio dei prigionieri il ritiro delle truppe ugandesi, decisive nell’ultima settimana per la riconquista di Bor e Malakal da parte dell’esercito.


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