20 febbraio 2015

PCMI: il documento finale del Congresso mondiale

Città del Vaticano - “Le comunità ecclesiali locali devono lavorare assieme per stabilire un comune approccio umano ai problemi e alle difficoltà inerenti la migrazione (ad esempio collaborando con le Conferenze Episcopali, i Governi, le organizzazioni non governative, e le organizzazioni a carattere religioso), al fine di tutelare i diritti dei migranti e prevenire il traffico di esseri umani, lo sfruttamento e altri crimini del genere. Insistendo sul lavoro all’interno delle reti sociali (che inizia dal semplice scambio di contatti, come indirizzi e-mail, numeri di telefono, dettagli Skype e indirizzi degli operatori pastorali per i migranti) si può rafforzare una pastorale più generalizzata”. E’ una delle Raccomandazioni contenute nel documento finale del VII Congresso Mondiale della Pastorale dei Migranti che si è svolto da lunedì 17 a venerdì 21 novembre scorso sul tema “Cooperazione e sviluppo nella pastorale delle migrazioni”. Al Congresso hanno partecipato 284 delegati provenienti da oltre 90 Paesi dei cinque continenti. Tra di loro alcuni Cardinali e il Patriarca Maronita di Antiochia, Arcivescovi, Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, membri di Istituti secolari, operatori pastorali laici, nonché numerosi rappresentanti di associazioni o movimenti cattolici, ecclesiali e laici. Per i partecipanti i pastori della Chiesa “devono parlare con una sola voce in materia di migrazione. La Chiesa è una voce profetica per la corretta integrazione dei migranti nelle comunità di accoglienza, tenendo presente l’universalità della comunità cattolica ecclesiale. Ciò comporta un approccio pastorale più ampio e che vada oltre l’aspetto puramente caritatevole”. Inoltre la Chiesa “può fare un uso migliore dei mezzi di comunicazione per incrementare i diritti dei migranti. La sensibilizzazione a livello parrocchiale locale, l’incoraggiamento a votare per la giustizia e l’uguaglianza, la creazione di centri studi e le pubblicazioni hanno la capacità di trasformare la narrazione sulla migrazione. L’opinione pubblica – scrivono - deve essere adeguatamente informata in merito alla vera situazione dei migranti non solo nel Paese di accoglienza, ma anche in quello d’origine”. “Poiché il fenomeno della migrazione irregolare – continua il documento - è motivo di sfruttamento del lavoratore migrante e della sua famiglia, i fedeli devono sostenere politiche di immigrazione più giuste ed inclusive da parte dei Governi, che aiutino il migrante nella sua ricerca di opportunità di lavoro e di migliori condizioni di vita, salvaguardino il ruolo della famiglia e delle donne, e al tempo stesso prevengano lo sfruttamento e/o il traffico di migranti lavoratori e altre forme di abuso”. Il comunicato finale, dopo aver riassunto le fasi salienti del Congresso, che si è concluso con una udienza con Papa Francesco, sottolinea che la migrazione “continua ad essere un segno dei tempi, in cui la centralità della persona umana e la dignità umana acquisiscono un’importanza sempre maggiore”. La “dignità umana di ciascun migrante – si afferma - è di somma importanza. Le variabili religiose, etniche, sociali e culturali, la cittadinanza o la mancanza di essa, non cambiano questo fatto che conferisce a ciascun individuo un valore e una dignità inerenti e incommensurabili, in cui ogni vita umana è e deve essere considerata sacra. I benefici che possono derivare dalla presenza dei migranti superano di gran lunga i fattori puramente economici, e ne traggono giovamento non solo i Paesi che ricevono, ma anche quelli d’origine, e in alcuni casi perfino le comunità di transito”. Il documento evidenzia la fede e la pietà popolare dei migranti, “espressione della loro esperienza personale della fede cristiana, e rappresentano un legame tra la Chiesa di partenza e quella di arrivo. L’integrazione non implica né una separazione artificiale né un’assimilazione, ma dà piuttosto l’opportunità di identificare il patrimonio culturale del migrante e riconoscere i suoi doni e talenti per il bene comune dell’intera comunità ecclesiale”. “Le moderne politiche migratorie – spiegano i partecipanti - tendono a sottolineare la dimensione individuale della decisione di una persona di migrare, concentrandosi sull’aspetto lavorativo della migrazione invece di prendere in considerazione la famiglia migrante. In effetti, la politica migratoria nazionale è spesso una delle cause all’origine della separazione familiare e dell’eventuale conseguente rottura delle relazioni familiari”.


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