26 febbraio 2015

Quaresima a Taiwan: annunciare il Vangelo difendendo i migranti

La situazione dei lavoratori immigrati nell'isola è durissima: diritti abusati, contratti violati, addirittura torture per le collaboratrici domestiche. Dopo anni di battaglie legali e culturali, la situazione va migliorando. La Chiesa e le sue emanazioni sociali "strumento per l'integrazione dei lavoratori". La storia di Mhike So, filippino, che lotta per dare giustizia anche a chi non ne ha.

Taipei - Mhike So lavora da anni a Taiwan con tantissimi immigrati dalle Filippine, Indonesia, Tailandia, Vietnam. Filippino, sposato a Taiwan, ha lavorato per anni alla Croce Rossa Internazionale ed è tuttora molto impegnato nella missione cattolica per la giustizia sociale. Egli aiuta molti lavoratori immigrati a rendersi conto dei propri diritti e nel farli valere davanti alla giustizia.
Gli chiediamo anzitutto cos'ha di speciale la situazione taiwanese per quanto riguarda i lavoratori immigrati a livello legislativo: "Il contratto minimo è di un anno, estendibile per un massimo di tre anni totali. Dopo tre anni, in seguito ad anni di lotta da parte delle Organizzazioni non governative, ora il contratto è estendibile fino a nove anni o addirittura dodici. Il problema è che se a colui che ti dà il lavoro non piaci, può licenziarti quando vuole. E l'altro problema sono le paghe 'tagliate', ossia i salari che molto spesso non sono rispettati. Abbiamo aperto per questo Rerum Novarum e Hope worker center che sono centri per la protezione dei diritti degli immigrati. Possono recarsi da noi e compilare i documenti legali di protesta da presentare in tribunale".
Quando stiliamo le proteste, spiega, "le portiamo dal giudice. Sono purtroppo solo quelli coraggiosi che vengono da noi. Protestare nella maggior parte dei casi significa essere rispediti a casa per cui non molti si arrischiano a farlo. Il giudice deve ovviamente decidere in base alle prove. Molti lavoratori non parlano bene cinese, le nostre Ong offrono avvocati e traduttori, oltre a un posto in cui vivere per il tempo in cui la causa si protrae.
Ora il governo dà aiuto economico alle Organizzazioni, ma all'inizio erano solo donazioni da parte della Chiesa cattolica, per quanto ci riguarda".
Vi sono anche centri per marinai che subiscono abusi: "Uno è lo Stella maris di Kaohsiung e Taichung, guidati rispettivamente da padre Popong e padre Loloy, entrambi filippini. All'Hope worker center abbiamo una direttrice filippina, un assistente sociale tailandese e uno taiwanese, e altre due assistenti filippine. Ci rivolgiamo ad avvocati del luogo, che spesso lavorano pro bono e ad avvocati stranieri, per esempio offerti dall'ufficio del Manila economic and cultural office".  
Il lavoro più duro, continua, "è quello di far arrivare coloro che sono abusati a denunciare alla giustizia chi li abusa. Perché bisogna anzitutto capire il funzionamento del 'mercato' dei lavoratori immigrati: esso è controllato dagli intermediari (brokers) che sono comunque legali, ma purtroppo spesso pagati in nero dai datori di lavoro per occultare abusi o 'avere sconti'. Gli intermediari sono collegati con le loro agenzie specializzate che svolgono tutta la burocrazia governativa. Purtroppo però molti lavoratori devono pagare quote anche in nero per poter venire a Taiwan. Se da un lato spingiamo per la denuncia degli abusi, dall'altra sappiamo che è comprensibile che non tutti vengono a galla perché i lavoratori, sporgendo denuncia, perdono automaticamente non solo il lavoro ma anche tutti i soldi investiti per il viaggio e per i documenti".
Ad esempio lo scorso anno un lavoratore filippino, col suo secondo contratto ha dovuto pagare non solo i 50mila pesos stabiliti dal contratto ma altri 30mila esorti dal broker, che altrimenti gli avrebbe impedito il rientro al suo vecchio posto di lavoro: "La legge taiwanese, per il secondo contratto, prevede in realtà anche un'assunzione diretta ma la procedura burocratica richiede ancora così tanti passaggi che il datore di lavoro preferisce fidarsi dell'intermediario, il quale però spesso approfitta della situazione per alzare il prezzo a suo proprio piacimento".
Secondo l'esperienza di Mhike, "è più facile compiere abusi nelle famiglie. Abbiamo avuto addirittura il caso di una ragazza indonesiana torturata dalla sua datrice di lavoro. Il caso in tribunale era così evidente che la datrice di lavoro è stata condannata a due anni di carcere".
Tuttavia, "non tutti gli immigrati lavorano in condizioni difficili: ci sono anche molti filippini insegnanti di inglese che vedono tutti i loro diritti rispettati e insegnano in scuole di diversi livelli. O lavoratori migranti che dopo anni di perfetto lavoro, grazie alla fiducia accordata dai datori di lavoro, raggiungono alti livelli nelle file degli operai in fabbrica e degli ingegneri".
Dal prossimo mese Mhike So lancerà un programma radiofonico per gli studenti taiwanesi alla National Chengqi University (國立政治大學) sul canale radio NCCU 88.7 FM in collaborazione con il Kuangchi Program Service (啟社). Saranno 18 puntate lungo l'intero semestre. Ci sono otto studenti nel team di produzione insieme a Mhike. Questi programmi sono pensati per sensibilizzare le nuove generazioni taiwanese ad essere attivi nella promozione dei diritti degli immigrati. Quest'anno le statistiche parlano di quattro gruppi predominanti di lavoratori migranti presenti a Taiwan: indonesiani (231,489), vietnamiti (152,543), filippini (112,505) e infine tailandesi (59,869).

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