30 aprile 2015

Islam in Europa. C'è da aver paura?

"Islam in Europa. C'è da aver paura?". Il testo è tratto dalla lezione di Stefano Allievi al convegno promosso da le Acli nazionali – Dipartimento Internazionale Funzione Studi e Ricerche a Roma il 23 aprile in collaborazione con FAI, Patronato Acli ed Ipsia. Testo scritto da Fabio Pipinato e non rivisto dall'autore. 

All'inizio “erano tutti marocchini”. Quelli della prima generazione per trent'anni sognavano di tornare a casa loro ove avevano già acquistato un campo, un appartamento perseguendo il sogno del ritorno. Senza accorgersi che i loro figli – seconda generazione – manco per le ferie volevano andare oltremare. Preferivano passare l'estate con la fidanzata italiana. Ma fu solo nel 1973 che tutti questi lavoratori immigrati da decenni scoprirono d'essere islamici. A causa dello shock petrolifero vennero licenziati in primis gli immigrati. Fino ad allora v'era vera libertà di circolazione; si andava e veniva dal paese d'origine. Per gli imprenditori italiani era quasi meglio se si ricongiungevano con le loro famiglie e bambini. I lavoratori immigrati erano così meno nervosi; più tranquilli.
Risale a quell'anno la crescita dei movimenti xenofobi in Europa. Una parte minoritaria di neodisoccupati è tornata indietro ma la maggioranza è rimasta. Cosa accade? Che il maschio, ormai privo di lavoro, ha “tirato fuori l'Islam” dalla valigia. In tutta Europa v'è stato un boom di sale di preghiera / scuole coraniche / catechismo. Insomma, cause non religiose hanno provocato risposte religiose. Ecco che i disoccupati si autotassarono per costruire luoghi identitari. La media europea era attorno al 4,5% con picchi pari al 7% in Francia.
Ma, attenzione, l'Islam non nacque con Maometto e nemmeno con la rivelazione. Nacque il 621 d.C. con la migrazione. Maometto era a capo di una setta che sino ad allora fu poco influente. A Medina lo chiamarono e gli dissero: “tu hai fama di uomo saggio; vieni a governarci, perché ci stiamo ammazzando”. E così fu; diventò giudice, governatore e capo militare.
La Shari'a è un'enormità di cose; una biblioteca e non un solo libro e presuppone che i mussulmani abbiano il governo; siano maggioranza. L'Islam, in sintesi, si divide in quattro scuole ortodosse ma non in Europa ove tutto si mescola.
La comunità è una cosa seria per i mussulmani. In Europa si trovano in moschea persone di diverse nazionalità, si vestono in maniera diversa, circoncidono ad età diversa. Insomma, sentono parte di una storia in maniera diversa. Lo scoprono in Europa che esistono cinquanta tipi di Islam tant'è che vi sono anche degli aneddoti divertenti riguardo sia il pluriverso dell' Islam che il pluriverso della lingua araba. Ve ne racconto uno: “Gli arabi nelle riunioni per organizzare la resistenza alla Francia coloniale tentarono più volte di parlare l'arabo ma viste le troppe sfaccettature optarono per la lingua francese: l'unica che gli accomunasse veramente tutti”. 
Oggi siamo alla terza generazione e c'è un discreto bilanciamento di genere nella presenza islamica in Europa. Ma la secolarizzazione ha iniziato già con la seconda generazione mentre nella terza è veramente una minoranza che frequenta il luogo di culto. Talvolta, in questa minoranza, sono presenti figli/e molto religiosi/e anche in contrapposizione ai propri genitori ed in continuità con i nonni creando conflitti non sempre facile da gestire.
Poi vi sono le “identità reattive”; sia tra i cattolici che tra i mussulmani. Un Calderoli che si sposa con rito celtico e scopre poi strumentalmente di essere cristiano od una Fallacci che ad un tratto ama il suono delle campane sono solo un paio di esempi. Detto questo i partiti antislamici sono in crescita in tutta Europa.
A proposito di contraddizioni l'Austria è il paese che più ha integrato le diverse religioni grazie all'ora di religione diversificata. Nonostante questo la Carinzia ha inserito divieti a moschee e minareti rispondendo a conflitti visceranti che vedono passeggiate con maialino. Anche in Italia ed a Lodi in particolare è stata sparsa “urina di porco padano” perché i maiali marcano il territorio. Il minareto è un segno di potenza come il campanile e non è un caso che nella guerra di Bosnia siano stati abbattuti più di 800 tra minareti e campanili. D'altronde questo ergersi verso l'alto coinvolge tutto il pianeta basti pensare alla corsa delle città mondiali ad avere il grattacielo più alto. Qui Freud avrebbe qualcosa da dire.
Il referendum in Svizzera ha vinto in tutti i cantoni a parte le quattro città metropoli ove aperte. Quel referendum poteva vincere in tutta Europa ma per fortuna riguarda i diritti fondamentali ed è, quindi, inapplicabile. Le moschee sono oggetti transizionali che aiutano l'interazione.  Il problema vero è che l'Europa è diventata immensamente plurale. Le nostre Costituzioni sono state scritte quando eravamo nazioni omogenee; anche dal punto di vista religioso. Per l'Europa, questo pluralismo, è una novità storica... a differenza degli USA ove si possono vedere diverse chiese di diverse confessioni in fila sulla stessa via.
Oggi non dobbiamo avere paura delle moschee perché tutti coloro che si arruolano nelle organizzazioni terroristiche oggi lo fanno via internet e non via moschea. Chi teorizza che l'Isis è una lunga mano dell'Occidente non sa cosa dice. E' un po' come le BR – Brigate Rosse che immaginavano il “grande regista delle multinazionali” oppure “l'11 settembre voluto dagli ebrei”... sono balle che inquietano.
Le BR sono state vinte quando a sinistra si è smesso di dire che erano solo infiltrati fascisti. Si è smesso di dire che erano solo "sono compagni che sbagliano". E si è detto: "sono assassini". Sono state vinte anche con la repressione ma anche con una battaglia culturale interna. I musulmani non possono dire "non c'entro" con l'Islam. Così come la riflessione di sinistra degli anni 70 non poteva dire di non c'entrare con le Brigate Rosse.
Chi parte dall'Europa verso teatri di guerra parte perché pensa di fare una cosa positiva. Le religioni contano ancora; danno un senso, soprattutto durante le crisi economiche. L'Islam è l'occidente dell'oriente. Islam, ebraismo e cristianesimo sono figli della stessa storia. Tutte nate in uno sputo di terra. Gli islamici di Roma, prima di aprire le loro macellerie, andavano nel ghetto a comprar la carne.
Come sortirne?
Se in Italia, per esempio, si andasse oltre l'ora di religione – che peraltro non salda alcuna fede – per approdare all' “ora delle religioni” più dignitosa sarebbe già un passo in avanti. E' da dentro il mondo cattolico che deve nascere una protesta.
Sapere che i terroristi usano bene la comunicazione via social. Youtube piace ai ragazzi delle superiori ove fanno adepti. Importante è non divulgare video violenti. Quello che è nuovo dell'Isis non è che sgozzino le persone. E' che ci fanno sopra teatro, comunicazione. E lo fanno con molta professionalità.
La Germania ha fondato 5 facoltà di studi islamici finanziati dallo Stato... accanto alle facoltà di studi cristiani o facoltà ebraiche. Ciò favorisce la Teologia islamica europea contestualizzata che è nonviolenta tenendo debitamente a distanza, almeno sul piano culturale, ogni forma di violenza. Il terrorismo, infatti, va combattuto tramite un percorso d'integrazione.
In Europa ci sono dei valori universali e sono molte le persone che vengono qui per la libertà. C'è un fascino europeo per questi diritti. Il populismo che purtroppo dilaga in Europa non ha un progetto politico o una visione politica. Ma noi abbiamo il compito morale di salvare l'anima dell'Europa che ci ha garantito 70 anni di pace e di stabilità. 


Jauareté - Brasil


Video enviado por Ir. Rosalina Lemos, missionária em Jauareté - Brasil

SOUC 2015: igrejas do Brasil promovem unidade com diversidade

Uma visão de unidade cristã acompanhada por respeito pela diversidade inspirou o processo de elaboração dos materiais deste ano da Semana Nacional de Oração pela Unidade dos Cristãos e Cristãs (SOUC). O grupo responsável pelo material, formado de representantes de igrejas e organismos ecumênicos, ressaltou o valor da unidade cristã numa época em que a intolerância religiosa cresce ao redor do mundo. O material é publicado em parceria pelo Conselho Mundial de Igrejas (CMI) e pelo Conselho Pontifício para a Unidade dos Cristãos.

Tradicionalmente celebrada entre 18 e 25 de janeiro (no hemisfério Norte) ou em Pentecostes (no hemisfério Sul), a edição deste ano, que será comemorada entre 17 e 24 de maio, enfoca um tema inspirado no evangelho de João: “Dá-nos um pouco da tua água”.

Enviado em 2012 pela Comissão de Fé e Ordem do Conselho Mundial de Igrejas (CMI), o convite para preparar o material foi, ao mesmo tempo, uma oportunidade e um desafio para o Conselho Nacional de Igrejas Cristãs do Brasil (CONIC). Liderado pelo presidente, dom Manoel João Francisco, e pela secretária-geral, pastora Romi Bencke, o CONIC reuniu um grupo de representantes de suas igrejas-membro e membros fraternos, como o Centro de Estudos Bíblicos (CEBI) e o Conselho Latino-Americano de Igrejas (CLAI).

O grupo de trabalho reuniu-se em fevereiro e março de 2013 e concluiu a proposta em julho. O Comitê Internacional designado pelo CMI e pelo Conselho Pontifício para a Unidade dos Cristãos reuniu-se em setembro de 2013, em São Paulo, Brasil, para finalizar o material.

“O grupo brasileiro e o grupo internacional conviveram e trabalharam juntos durante cinco dias na periferia de São Paulo em setembro de 2013. O grupo internacional teve uma rica experiência de descoberta da realidade brasileira e dos desafios à unidade cristã, inseparáveis da luta contra a intolerância cultural e religiosa que cresce no Brasil”, lembrou o Dr. Odair Pedroso Mateus, um dos coordenadores da Comissão de Fé e Ordem do CMI.

O tema de 2015 foi inspirado pelo Evangelho de João, que fala do encontro de Jesus com a mulher samaritana, um símbolo de amor que tem o poder de diminuir as barreiras baseadas na religião, etnia ou cultura. A proposta de material foi elaborada pelo grupo e trabalho do CONIC.

O gesto bíblico de oferecer água a quem chega, como forma de boas-vindas e partilha, e algo presente em todas as religiões no Brasil. Espera-se que o estudo e a meditação propostos sobre a história de Jesus encontrando a mulher samaritana perto do poço possam ajudar as pessoas e as comunidades a perceber a dimensão dialógica do projeto de Jesus, que chamamos de Reino de Deus.

Contextos religiosos

O grupo de trabalho brasileiro procurou levar em conta os contextos religiosos do país, abordando, principalmente, o tema da intolerância religiosa. “A escolha da passagem bíblica de Jesus e a mulher samaritana foi feita devido ao forte significado desta cena para o encontro de culturas”, lembrou Romi, primeira mulher a assumir o posto de secretária-geral do CONIC. “Convidamos o CEBI para colaborar por causa de seu método de leitura popular da Bíblia, experiência bem brasileira”, acrescentou.

“Lamentavelmente, os últimos acontecimentos internacionais revelam o quanto a reflexão e ações concretas em favor do respeito à pluralidade são inadiáveis. Nosso testemunho enquanto cristãos e cristãs, ao longo da Semana, é o de afirmação de que a pluralidade é parte constitutiva do projeto de Deus”, concluiu Romi.

“No Brasil, o crescimento do fundamentalismo tem se tornado obstáculo para a afirmação do Estado laico”, afirmou Edmilson Schinelo, do CEBI. “As violações de direitos das minorias como, por exemplo, os grupos praticantes das religiões de matriz africana, muitas vezes vêm justificada por um discurso religioso carregado de intolerância”, acrescentou.

Edmilson ainda ressaltou o potencial que o material tem para a construção de diálogo entre diferentes expressões de fé. “O diálogo é um caminho permanente na construção da paz entre povos, culturas e religiões diferentes. Podemos saciar nossa sede bebendo também da água que o outro nos oferece”, encerrou.

As datas da semana e oração foram propostas em 1908 pelo Padre Paul Watson, por encaixarem-se entre as festas de São Pedro e São Paulo e, por isso, terem um simbolismo especial. No hemisfério Sul, no entanto, as igrejas celebram a Semana de Oração durante o Pentecostes, que é um momento simbólico para a unidade da Igreja. No Brasil, o CONIC historicamente lidera e coordena as celebrações da semana de oração em diversas regiões do país.

O CONIC foi fundado em 1982 e, atualmente, tem como membros a Igreja Católica Romana, a Igreja Evangélica de Confissão Luterana no Brasil (IECLB), a Igreja Episcopal Anglicana do Brasil (IEAB), a Igreja Presbiteriana Unida (IPU) e a Igreja Sirian Ortodoxa de Antioquia (ISOA). Os objetivos do CONIC estão ligados à promoção e estímulo das relações ecumênicas entre Igrejas cristãs e ao fortalecimento do testemunho comum delas em favor dos Direitos Humanos.

Cartaz vencedor de um concurso organizado para promover a SOUC:




CARTA DAS IGREJAS SOBRE A SOUC 2015

O amor de Deus, a paz de Jesus Cristo e a comunhão do Espírito Santo estejam convosco!

Queridos irmãos e irmãs das comunidades cristãs no Brasil,

“Dá-me um pouco de tua água” (Jo 4.7) é o lema bíblico que o movimento ecumênico brasileiro, através do CONIC, propôs ao Conselho Mundial de Igrejas e ao Pontifício Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos ao ser convidado a preparar o material da Semana de Oração pela Unidade dos Cristãos de 2015.

O pedido por água, feito por Jesus à mulher samaritana, é também o testemunho ecumênico que oferecemos aos irmãos e irmãs das muitas Igrejas que anunciam a boa-nova de Jesus, nos mais diferentes contextos do mundo. A fé em Jesus Cristo precisa expressar-se nessa abertura para encontros e conversas. Não devemos ver no outro um inimigo ou uma ameaça, mas sim, reconhecer nele uma expressão do amor de Deus. Complementamo-nos e crescemos quando nos abrimos para estes encontros. Este é o nosso testemunho ecumênico.

Em contextos de intolerância e perseguições religiosas, colocamos diante das nossas Igrejas o desafio de fazer a experiência do diálogo. Saiamos de nossas casas e até dos nossos templos e vamos ao encontro de nossos irmãos, irmãs, vizinhos e vizinhas. Ouçamos o que eles ou elas têm a contar sobre sua fé, sua vida, suas experiências e dúvidas. Celebremos juntos esta vivência plural do único amor de Deus!

Nas bem-aventuranças deixadas a nós por Jesus Cristo em Mt 5.1-9 encontramos o convite para que atuemos em favor da paz, pois assim seremos chamados e chamadas de filhos e filhas de Deus. A construção da paz passa, necessariamente, pelo diálogo. Peregrinemos nessa direção para que o nosso testemunho público seja de unidade e de acolhida à diversidade.

Animamos cada grupo e comunidade a celebrar a Semana de Oração pela Unidade dos Cristãos de 2015. Que esta Semana seja uma grande festa de Pentecostes!

Oramos por cada irmão e cada irmã das nossas comunidades e pedimos que as nossas Igrejas também orem por nós para que possamos servir com coerência e dedicação á causa da justiça e da paz, valores centrais do Evangelho.

Na unidade de Cristo,

Dom Leonardo Ulrich Steiner (Bispo Auxiliar de Brasília e Secretário Geral da CNBB)
Pastor Dr. Nestor Paulo Friedrich (Pastor Presidente da IECLB)
Dom Francisco de Assis da Silva (Bispo Primaz da IEAB)
Presbítero Wertson Brasil (Moderador da IPU)
Dom Paulo Titus (Arcebispo da ISOA)


Subsídios para a Semana de Oração pela Unidade dos Cristãos 2015

Jesus lhe disse: Dá-me de beber!
(João 4,7)

Preparado e publicado em conjunto pelo Pontifício Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos e a Comissão Fé e Constituição do Conselho Mundial de Igrejas.
Os dois organismos que se responsabilizam pela Semana de Oração convidaram o Conselho Nacional de Igrejas Cristãs do Brasil (CONIC) para preparar os materiais para a Semana de Oração de 2015. O CONIC indicou um grupo de trabalho formado por representantes  das Igrejas que são seus membros plenos e de organizações ecumênicas afiliadas para produzir o material. O grupo de trabalho se reuniu em fevereiro e março de 2013 e completou seu trabalho em julho. O Comitê Internacional designado pelos dois organismos responsáveis se reuniu de 22 a 27 de setembro em São Paulo, Brasil, para finalizar a preparação do material
O gesto bíblico de oferecer água a quem chega (Mt 10,42), como forma de acolhida e partilha, é algo que se repete em todas as regiões do Brasil. O estudo e a meditação propostos neste texto para a Semana de Oração têm o objetivo de ajudar as pessoas e comunidades a perceber a dimensão dialogal do projeto de Jesus, que chamamos de Reino de Deus.

Adaptando o texto

Este material é oferecido com a compreensão de que, sempre que possível, será adaptado para uso em situações específicas locais; Deve-se levar em conta a prática litúrgica e devocional, bem como o conjunto do contexto social e cultural. O ideal é que essa adaptação seja feita de forma ecumênica. Em alguns lugares já existem estruturas ecumênicas para a adaptação deste material; em outros, esperamos que a necessidade de adaptação venha a ser um estímulo para a criação de tais estruturas.
Download : WPCU2015en.pdf


Semana de oración por la unidad de los cristianos

Tema para 2015: Jesús le dice: «Dame de beber»
(Juan 4, 7)

Al menos una vez al año, se invita a  los cristianos a evocar la oración de Jesús para sus discípulos: «para que todos sean uno; [...]; para que el mundo crea [...]» (véase Juan 17,21). Los corazones se conmueven y los cristianos se reúnen para orar por su unidad.  Las congregaciones y parroquias de todo el mundo organizan intercambios de predicadores o celebraciones y cultos ecuménicos especiales.  El evento en el que tiene su origen esta experiencia única es la Semana de oración por la unidad de los cristianos.
Esta semana de oración se celebra tradicionalmente del 18 al 25 de enero, entre las festividades de la confesión de San Pedro y la de la conversión de San Pablo.  En el hemisferio sur, en el que el mes de enero es un mes de vacaciones, las iglesias encuentran en muchas ocasiones otros momentos para celebrarla, por ejemplo en torno a Pentecostés, que también es una fecha simbólica para la unidad.
Para preparar esta celebración anual, los asociados ecuménicos de una región en particular son invitados cada año a elaborar un texto litúrgico de base sobre un tema bíblico. A continuación, un equipo internacional de editores formado por representantes del CMI y de la Iglesia católica romana pule el texto para asegurarse de que puede ser utilizado como oración en todo el mundo y de que está relacionado con la búsqueda de la unidad visible de la Iglesia.
El texto es publicado conjuntamente por el Pontificio Consejo para la Promoción de la Unidad de los Cristianos y el CMI, a través de su Comisión de Fe y Constitución, que también acompaña todo el proceso de producción del texto. El resultado final se envía a las iglesias miembros del CMI y a las conferencias episcopales católicas romanas, a las que se invita a que traduzcan y contextualicen o adapten el texto para su propio uso.


Centro Misionero Maryknoll promueve curso en español, quechua y aymara

El curso, de carácter intensivo, está dirigido a personas extranjeras.

Entre las ofertas formativas propuestas por el Centro Misionero Maryknoll, con sede en Cochabamba (Bolivia), la promoción de una formación misionera lingüística, con orientación cultural a través de la enseñanza del español, el quechua y el aymara, constituye una de las novedades más significativas para 2015.
El curso está dirigido, principalmente, a misioneros y misioneras procedentes de diferentes continentes, que buscan una inserción misionera en comunidades de América Latina. De ahí la importancia que el curso da al contexto de inmersión total, no solo en la lengua sino también en la cultura boliviana y latinoamericana, durante seis semanas intensivas, con clases diarias de lunes a viernes.
De acuerdo con los organizadores, “paralelamente a los cursos, ofrecemos oportunidades de hacer trabajo voluntario y, de esta manera, aportar a los distintos contextos de necesidad de nuestra ciudad cochabambina a través de los dones personales de cada uno. Asimismo, brindamos la posibilidad de vivir con una familia boliviana y experimentar la realidad del país y del idioma”.
Por otra parte, la enseñanza del idioma quechua a la población boliviana constituye el eje fundamental de otro de los cursos propuestos para este año. “El programa ofrece una metodología comunicativa para que los estudiantes adquieran la habilidad de interactuar y conversar en quechua desde el principio”. Por eso, la propuesta de enseñanza parte del propio contexto cultural, enfatizando los valores y costumbres de la cultura quechua. Este curso tiene intensidad de dos meses (80 horas académicas), con dos clases diarias los días lunes, martes, jueves y viernes.
Además de los cursos de idiomas, el Centro Misionero Maryknoll ofrece programas de formación misionera con enfoque socio-cultural, para promover que participantes de Centroamérica y América Latina asuman su rol como protagonistas de la misión.
El Centro Misionero Maryknoll en América Latina, se caracteriza por ser un centro de formación multifacético, eclesial, multidimensional y ecuménico, inspirado por el carisma Maryknoll y al servicio de la misión, ofrece recursos formativos que parten de la interculturalidad personal, eclesial y social a través de la comunicación generativa. Se pueden obtener mayores informaciones sobre sus cursos en su sitio web: www.cmmalbolivia.org y a través del correo electrónico: centromaryknoll@cmmalbolivia.org

ÓSCAR ELIZALDE PRADA

29 aprile 2015

Opening Session - Colloquio Internazionale Cristiani in Medio Oriente: quale futuro?

Il valore della ricerca per capire l’emigrazione di ieri e di oggi versione testuale

Roma - Ieri è stato presentato a Roma, presso il Vittoriano, la ricerca “Nel solco degli emigrati. I vitigni italiani alla conquista del mondo promosso dalla Fondazione Migrantes, Università La Sapienza e la società Geografica italiana. Si tratta di uno studio, attento e sistematico che del tema della mobilità, mostra non tanto aspetti problematici sul piano sociale, della tutela dei diritti, del coinvolgimento europeo nell'accoglienza – come in questi giorni purtroppo abbiamo dovuto considerare, dopo la tragedia del 19 aprile nel Mediterraneo -, con reazioni, più o meno evidenti e incisive, ma si ferma a considerare una condivisione di cura, cultura, coltura di un bene, la vite, e di un cibo, il vino, che l’emigrazione italiana ha favorito nel mondo. Per questa ragione, la Fondazione Migrantes, che tra i suoi compiti istituzionali ha quello della documentazione e della ricerca, ha voluto condividere questo percorso di studio. Il volume, curato da Delfina Licata della Fondazione Migrantes e da Flavia Cristaldi, dell'Università La Sapienza si inserisce in un quadro rinnovato dell'emigrazione italiana legando passato e presente. Un volume che ha il coinvolgimento di 26 autori e che ha portato anche alla realizzazione di una mostra dal titolo "L' emigrazione italiana in un bicchier di vino. Tra viti, vini e culture", coordinata da Sandra Leonardi dell'università La Sapienza di Roma.

SANT’EGIDIO: “CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE: QUALE FUTURO?”


Il 29 e 30 APRILE IL PRIMO SUMMIT INTERCRISTIANO A BARI
Posted by Missionarietà on Quarta, 29 de abril de 2015

28 aprile 2015

Jihadismo fase tre: colpire dal basso l’Europa vulnerabile


Non abbiamo mai assistito a questo fenomeno: dei 6000 europei circa partiti per la Siria e l’Iraq, tra un quarto e un...
Posted by Missionarietà on Segunda, 27 de abril de 2015

27 aprile 2015

I rifugiati del Centro Astalli - Geo del 23/04/2015

Per salvare i rifugiati servono canali umanitari sicuri


Il cuore missionario ci chiama a vivere la carità e, in qualche modo, esserci presenti!


26 aprile 2015

3ª Jornada Nacional da IAM apresenta subsídios


Criada na França no dia 19 de maio de 1843, a Obra da Infância e Adolescência Missionária (IAM) completa 172 anos de fundação. Para marcar essa data, no dia 31 de maio, a IAM em todo o Brasil, celebrará a sua 3ª Jornada Nacional, iniciativa que já vem sendo realizada em vários países.
No Brasil, a Obra conta com mais de 30 mil grupos e a Jornada Nacional deverá acontecer nas dioceses e paróquias com uma celebração especial que inclui a consagração das crianças e adolescentes durante a Coroação de Nossa Senhora, entrega do lencinho e do escuto da IAM e a coleta do cofrinho com a oferta das crianças. Para melhor motivar a Jornada, o secretariado nacional da IAM, em Brasília (DF), confeccionou um cartaz e um roteiro para a celebração. O material já foi enviado a todos os coordenadores estaduais e encontra-se disponível para baixar, também nesta página.


24 aprile 2015

Il soffio vitale di un popolo

“L’approccio di un missionario oggi dovrà essere quello di mietitura e non di seminatore. Il missionario d’oggi è raccoglitore delle ricchezze culturali nascoste fra i popoli e così egli deve scoprire questa ricchezza nella stessa cultura locale e nella lingua materna. Non si può annunciare il vangelo con le lingue europee internazionali. C’è bisogno di un’inculturazione dialogica rese possibile dalle lingue indigene che diventano una chiave per attingere la cultura materna.” 

Padre Giuseppe Frizzi

Immigrazione, mons. Tomasi: priorità è salvare vite umane

L’esodo dei migranti attraverso il Mediterraneo non si arresta nonostante la strage dei giorni scorsi. Dal vertice europeo a Bruxelles si attende una risposta condivisa all’emergenza immigrazione. Sull’argomento, Elvira Ragosta ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio Onu di Ginevra: 


Priorità numero uno è salvare vite umane

R. – Se il Consiglio non affronta il problema in maniera quasi radicalmente nuova, che vada al di là delle solite misure di controllo, ho paura che anche questa azione, che è importante e che dà un segnale di interesse, rischi di lasciare le cose come stanno. La priorità numero uno, che il Santo Padre ha sempre fatto presente, è quella di salvare vite umane. La priorità, appunto, dev’essere non tanto la questione economica o gli interessi immediati dell’uno o dell’altro Paese, ma salvare vite umane che sono in pericolo. Questo è il punto di partenza.

Distruzione barconi in Libia non è risolutivo

D. – Tra i punti in discussione al vertice di oggi c’è anche l’individuazione e la distruzione dei barconi in Libia, prima che finiscano in mano ai trafficanti. Secondo lei, questa soluzione può essere risolutiva?
R. – Non credo! Potrebbe rallentare il movimento verso i Paesi europei. Però, se non si va alla radice del problema non troviamo una soluzione. L’emigrazione non è un fattore isolato, è legato a tutte le altre situazioni di relazioni politiche tra l’Europa e i Paesi di origine: il commercio, l’esportazione di armi, la mancanza di rispetto dei diritti umani, l’appoggio che viene dato politicamente a governi che costringono i loro cittadini, attraverso la repressione che esercitano, a fuggire per cercare una vita meno indegna.

Stop alla xenofobia

D. – Cosa può fare di più, nell’immediato, la comunità internazionale?
R. – Soprattutto, direi che in Europa è importante riprendere in mano la questione dell’accettazione e della distribuzione dei nuovi arrivati: mentre abbiamo Paesi che sono più generosi e accettano un numero rilevante di richiedenti asilo ne abbiamo altri, tra i 28 che formano l’Unione Europea, che sono molto riluttanti e che veramente ricevono un numero simbolico, insignificante di persone che hanno bisogno di trovare un nuovo Paese dove potersi sistemare. Poi, direi che bisogna vincere quell’atteggiamento di xenofobia, quella reazione negativa verso lo straniero che purtroppo trova risposte politiche in molti Paesi europei, in questi partiti che votano e raccolgono voti semplicemente argomentando contro gli immigrati. Mentre sappiamo che da una parte l’Europa ha anche bisogno di manodopera e dall’altra che a lungo andare nella storia gli emigrati hanno portato benessere a loro stessi, ai Paesi di accoglienza e ai Paesi di origine.

Centro Astalli_Rapporto Annuale 2015

Centro Astalli_Rapporto annuale 2015

È stato presentato, presso la Sala Squarzina del Teatro Argentina, il Rapporto annuale 2015 del Centro Astalli.
Una fotografia aggiornata sulle condizioni di circa 21.000 richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2014 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’Associazione gestisce.
Per ogni servizio, il Rapporto contiene statistiche e commenti con cui si è cercato di raccontare la presenza di migranti forzati che da gennaio a dicembre 2014 sono entrati in contatto con l’Associazione.
Anche nel 2014, seguendo un trend degli ultimi anni, i migranti forzati che si sono rivolti al Centro Astalli hanno continuato ad essere numerosi: circa 21mila le persone incontrate nei servizi del Centro Astalli di Roma.
34.000 il numero complessivo degli utenti assistiti in tutte le sedi terroriali dell’Associazione.
La crisi economica continua a colpire in modo particolare i più vulnerabili. Anche persone che da tempo avevano intrapreso un percorso di autonomia sono state costrette a rientrare nel circuito dell’assistenza.
Sempre numerose, tra le persone incontrate, le vittime di tortura: ne sono state individuate e assistite 556, per la maggior parte provenienti da Paesi africani.



4° Domingo de Pascua



23 aprile 2015

CENTRO ASTALLI: I RIFUGIATI CI RESTITUIRANNO UN VOLTO UMANO

Nel mondo ci sono 50 milioni di persone in fuga, grazie agli sbarchi da noi ne arrivano meno di 180mila. Ma non siamo capaci di accoglierli.

C’è un tema su cui sembrano concentrarsi le fratture che feriscono la nostra società: quella tra coscienza civile e verità dei fatti; tra paura e speranza; tra diritto (inteso come insieme delle leggi) e diritti; tra legge e umanità. È quello dei rifugiati e richiedenti asilo, tema in questi giorni inscindibile dalle immagini dei naufragi e dei morti che affollano il Mediterraneo, ma che nonostante questo sembra tirare fuori il peggio della nostra società: dalle sparate di politici bulli che sfidano gli italiani e farsi passare per rifugiati in modo da ricevere gli aiuti che ad essi verrebbero dati (pur sapendo bene che nessun italiano, mai, percorrerebbe queste strade fatte di povertà, incomprensione e paura), alle intemperanze di cittadini che sui social network perdono ogni ritegno e invocano la strage totale, contro questi nuovi “invasori”. Ignoranza? Razzismo? Cattiveria? Sicuramente, la nostra società civile «a tratti sembra aver smarrito il senso dell’umano».

È questa l’espressione che ha usato padre Camillo Ripamonti questa mattina alla presentazione del Rapporto annuale 2015 del Centro Astalli, la struttura dei Gesuiti che si occupa dei rifugiati. Sullo sfondo una cifra che non è mai stata raggiunta dalla seconda guerra mondiale: nel 2014 cinquanta milioni di persone in fuga, numero certamente destinato a crescere.  La crisi siriana, da sola, ha messo in fuga 11 milioni di civili, il 45% della popolazione. Quelli che arrivano da noi sono, in realtà pochissimi, se pensiamo che il Libano ha 2 milioni di profughi su 4 milioni di abitanti. In Italia i migranti arrivati via mare sono stati nel 2014 meno di 170.800, e 64.900 circa hanno fatto domanda di asilo: gli altri hanno proseguito il loro viaggio verso altri Paesi europei.

Il percorso a ostacoli dell’integrazione
Secondo il centro Astalli, il nostro sistema di accoglienza è migliorato, ma non abbastanza. Lo SPRAR, cioé il sistema di accoglienza e protezione per richiedenti asilo e rifugiati, offre più di 22mila posti, da 3.500 che erano. 2.500 sono a Roma.  Ma ci sono regioni che non collaborano: Lombardia e Veneto accolgono un rifugiato ogni 2.000 abitanti, metà di quelli accolti dalle regioni, nonostante siano quelle più ricche di risorse di ogni tipo.
Dopo la prima accoglienza, davanti ai rifugiati si prospetta un percorso a ostacoli, che ritarda e a volte impedisce la conquista dell’autonomia e di un minimo di sicurezza, impossibili se non si riesce ad avere casa e lavoro.  Particolarmente faticosa è la vita delle famiglie (quasi impossibile il ricongiungimento), delle donne sole, delle vittime di tortura, più vulnerabili e bisognose di cure anche psichiatriche. E la burocrazia non perdona, così come l’applicazione troppo rigida delle norme: l’ultimo caso è quello della Questura di Roma che, come ha denunciato il direttore dei programmi del centro Astalli Bernardino Guarino, «sta rifiutando il rinnovo dei permessi di soggiorno a quelli che hanno una cosiddetta residenza virtuale presso gli Enti che sono autorizzati a rilasciarla da una delibera del Comune di Roma (Centro Astalli, Casa dei Diritti Sociali, S. Egidio, Caritas ed altri).

I numeri del Centro Astalli
I numeri del lavoro del Centro Astalli sono impressionanti: 34mila persone hanno avuto accesso ai servizi nelle sette sedi che esistono in Italia, 21.100 a Roma. Le persone accolte nei centri di accoglienza sono 299 e quelle vittime di tortura o violenza che sono state accompagnate sono state 556. I pasti distribuiti in un anno sono stati 91.550, 2.900.000 i costi sostenuti. Tutto questo grazie a 446 i volontari e 49 operatori professionali.
Ma una cosa è chiara: un problema di queste dimensioni non può essere affrontato dal Terzo settore da solo, né dalle sole amministrazioni. Serve un lavoro di rete vero e costante, oltre che politiche adeguate e coraggiose (Padre Ripamonti ne ha parlato nell’intervista rilasciata ieri a Reti Solidali)
Un lavoro che possa ridare speranza ai rifugiati, ma soprattutto a noi stessi perché, secondo padre Ripamonti, «forse proprio i rifugiati potranno restituirci quel volto umano che stiamo rischiando di perdere».


21 aprile 2015

L’idea di tolleranza religiosa in età moderna


20 aprile 2015

Scalabriniani: ancora vittime dell'immigrazione e ancora dichiarazioni scontate e inconcludenti

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/04/20/foto/naufragio_nel_canale_di_sicilia_il_fotoracconto

Roma - “Ancora una tragedia del mare, forse la più grave, per centinaia di migranti, per le loro famiglie e per tutti noi! È difficile unirsi alle innumerevoli dichiarazioni emesse in queste ore da personalità e organismi nazionali e internazionali le quali hanno la responsabilità di intervenire e di garantire la sicurezza di chi fugge dalla guerra e violenza. Queste morti sono, infatti, il risultato di politiche internazionali sbagliate e finché non si affronteranno i problemi economici e politici di tutta l'Africa continueremo ad assistere a queste tragedie e a scandalizzarci quando succedono”. Questo il commento di p. Gianni Borin, superiore della Regione Europea e Africana dei padri Scalabriniani che, accennando alle cause prime di questi eventi, aggiunge: “Il chiasso del ‘senno di poi’ sembra voler zittire il grido di una tragedia annunciata; è un vicolo cieco d’interessi di parte, di affermazioni populistiche, del grave squilibrio economico mondiale che continua a non turbare le coscienze dei più ricchi”.
Gli fa eco P. Gabriele Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, che ribadisce sull’Osservatore Romano l’impegno della Chiesa “impegnata da sempre sul versante dell’accoglienza di migranti e profughi, soprattutto per favorire il migliore inserimento degli stranieri nelle comunità di arrivo, anche contrastando gli stereotipi e i pregiudizi negativi. Crediamo che l’accoglienza sia un dovere di tutti, un elemento essenziale per costruire una società più giusta, un Paese più solidale. Accogliere significa aiutare, rispettare, amare chi cerca protezione. Per questo è importante vigilare affinché l’elemento umano dell’ospitalità non sia mai oscurato da interessi economici e privati”.
Come “missionari” al fianco dei migranti gli Scalabrini dicono  “Basta!”: “Non ci si può più tappare le orecchie di fronte al grido di milioni di ‘sorelle e fratelli. Siamo una sola famiglia, dalle coste del Mediterraneo a quelli che superficialmente consideriamo ‘estremi confini del pianeta! Chiediamo ai migranti e ai rifugiati già presenti tra noi di essere ‘mediatori culturali’ di una nuova fraternità e scoprire, forse, con stupore una nuova Paternità”.



MIGRANTI MORTI IN MARE, card. Montenegro: "la morte di ogni uomo grida giustizia" (VIDEO)


Naufragio, Oim: "Recuperati 49 superstiti. In sette giorni arrivate in Italia 11.000 persone"


19 aprile 2015

Affonda barcone, si temono 700 migranti morti Sarebbe la più grande tragedia del Mediterraneo


17 aprile 2015

ENCONTRO DOS COORDENADORES «AD GENTES» FMA/SDB


Cacuaco em festa!


Il popolo scomparso

C’è una zona del mondo, tra la Siria, l’Iraq e il confine turco, dove essere cristiani equivale storicamente a una condanna a morte. Una persecuzione che esattamente un secolo fa manifestò il suo volto più sanguinoso con la strage degli Armeni ad opera dei Giovani Turchi. A pochi giorni dal 24 aprile, giornata dedicato al ricordo del genocidio armeno, Andrea Riccardi, scrittore e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, indaga le ragioni di tanto odio e del complesso intreccio, antico e modernissimo, tra nazionalismo e fondamentalismi religiosi.

III Domenica di Pasqua Anno B - Lectio Online


Ir. Luigina Pizzato, missionária no Mato Grosso (Brasil)

«Quando a gente descobre que um objeto tem 120 anos a gente tem a certeza de que esse objeto foi feito do melhor material que poderia ter sido usado na época em que foi criado... Quando a gente pensa em uma música ouvida por 120 anos, sabemos que ela é tão boa, tão boa que ainda continuará sendo ouvida para sempre, que seu encanto e sua harmonia jamais deixarão de ser admirados.» (Ir. Ivone Goulart)

Pois bem, este ano, estamos comemorando os 120 da chegada das Irmãs Salesianas em Mato Grosso, vindas em 1895, da Itália da Argentina do Uruguai! Chamadas por Deus à Vida Consagrada Religiosa, segundo o Carisma de Dom Bosco e de Madre Mazzarello, vieram ANUNCIAR e TESTEMUNHAR O AMOR de JESUS CRISTO às famílias, aos jovens, aos indígenas. Vamos prestar homenagens a essas mulheres que representam e fazem parte destes 120 anos.

Na edição 197 do Notipaz, informativo da Inspetoria FMA de Cuiabá, Ir. Maria de Nazaré Lima entrevista Ir. Luigina Pizzato (91 anos), nascida em 25 de março de 1924, em Scorzé, Veneza, Itália, filha de Silvio Pizzato e Maria Fávero, vinda da Itália após a guerra, em 1947, como missionária para a Inspetoria Maria Auxiliadora, Recife. Após desenvolver diversos serviços em favor da juventude em Escolas e em casas de Formação à vida consagrada, no nordeste do Brasil, em 1972 chega a Mato Grosso. Inicia suas atividades, auxiliando o Bispo D. Orlando Chaves, como Diretora e Mestra das noviças do nascente “Instituto das Missionárias do Bom Jesus” por ele fundado, onde permaneceu até 1978. Em seguida dedica sua vida aos povos indígenas, Bororo e Xavante nas Missões de São Marcos e Sangradouro, “com muito AMOR” como ela própria declara, permanecendo até 2013, quando é transferida a Casa Maria Auxiliadora em Cuiabá, onde reside, tratando da saúde e testemunhando com serenidade, a beleza de pertencer a Deus e tê-Lo como “Único necessário” por toda uma existência dedicada ao bem das pessoas que Deus lhe confiou! O segredo de toda essa vitalidade, Ir. Luigina deixa transparecer na certeza de ser amada e guiada pela Virgem Maria, cuja devoção aprendeu com a própria mãe, aprofundou na “Ação Católica” grupo ao qual pertenceu na adolescência e depois ao encontrar o Instituto das Filhas de Maria Auxiliadora, congregação que a atraiu pelo carisma missionário e pelo belo título com o qual se identificou e recebeu como MISSÃO!

Ir. Nazaré: O que significa para uma FMA missionária, a devoção mariana?
Ir. Luigina: Todas as pessoas devem manter um bom relacionamento com a Mãe de Jesus. Principalmente se ela for religiosa missionária, precisa amar mais ainda Nossa Senhora. Pois na vida encontramos muitas dificuldades e nas missões temos desafios ainda maiores. Eu sempre tive muito amor e muita confiança em Nossa Senhora, pedia seu auxílio nas dificuldades e sentia que Ela me ajudava. Assim como nossos fundadores, temos que amar e confiar Nela. Maria é nossa Mãe, é preciso aprender com Ela a seguir Jesus e a fazer o bem às pessoas, a quem precisa de nós. Sou muito feliz por ter trabalhado nas missões e recebido a ajuda de Nossa Senhora.

Ir. Nazaré: E sobre a Eucaristia, o que a senhora nos fala?
Ir. Luigina: Jesus na Eucaristia é o nosso sustento, a nossa força. Ele é o nosso TUDO! Com Ele é possível fazer o bem, ajudar a quem de nós precisar. Nós precisamos nos alimentar de Jesus, assim como nos alimentamos dos outros alimentos para viver, é a Eucaristia que nos sustenta no amor e na gratuidade. Sempre temos que fazer de tudo para receber a Eucaristia, visitar Jesus no Sacrário e falar do Amor de Jesus pois Ele nos AMA muito, muito.

Ir. Nazaré: O que sugere para as jovens que desejam se consagrar a Deus na Vida Religiosa?
Ir. Luigina: Que elas tenham muito amor a Jesus, conversem com Ele, conheçam e vivam a Palavra de Deus. Assim serão capazes de ajudar aos mais pobres, principalmente os indígenas que precisam muito do nosso carinho, da nossa amizade. Outra coisa é que participem da vida de comunidade. Por onde eu vivi, eu sempre gostei de ajudar minhas irmãs, assim eu ajudava a minha comunidade a ser alegre e feliz. Eu sou muito feliz de ser uma Irmã, Filha de Maria Auxiliadora. Deus é muito bom. É Ele quem nos chama e sempre nos ajuda. Eu amo muito a Jesus e sinto que Ele também me ama. Por causa Dele, podemos amar as Irmãs, a todos e sermos muitos AGRADECIDAS a ELE. Obrigada também a você por sua atenção.

Extraído do Informativo NotiPaz - Cuiabá - Brasil

Suor María ÁLVAREZ

Carissime sorelle, sabato 11 aprile 2015, vigilia della festa della Divina Misericordia, nell’Ospedale “Español” di Bahía Blanca (Argentina), dopo una vita piena di donazione e di amore, il Signore ha chiamato a sé la nostra cara sorella missionaria Suor María ÁLVAREZ. Nata a Baracaldo - Vizcaya (Spagna) il 25 ottobre 1929. Professa a Madrid (Spagna) il 5 agosto 1953. Appartenente all’Ispettoria Argentina “San Francesco Zaverio” - Bahía Blanca.
Primogenita di cinque fratelli, Maria visse l’infanzia e l’adolescenza in una famiglia ricca di valori cristiani benché povera di risorse materiali, particolarmente negli anni della guerra civile spagnola, nei quali ricordava di aver sofferto la fame.
L’arrivo delle FMA al suo paese le aprì un nuovo orizzonte. Incominciò a frequentare l’oratorio e il laboratorio di cucito e ricamo, che per lei “furono la passione di tutta la sua vita”, come lei stessa diceva. Fu attirata dalla vita salesiana, dalla fraternità e dall’allegria che regnavano in quell’ambiente e lì maturò e si concretizzò la sua vocazione.
Visse tutte le tappe della formazione iniziale a Madrid e nel 1953, dopo la Professione, fu destinata alla casa di San Sebastián come insegnante di ricamo e catechista. Dopo dieci anni, la sua generosità e disponibilità al servizio la spinsero a presentare la domanda per andare in missione. Fu subito accettata dalle Superiore che la chiamarono a Torino nella “Casa Sacro Cuore” per meglio prepararsi per la missione che il Signore le riservava nella Patagonia, terra dei sogni di don Bosco.
Giunse a Bahía Blanca nel novembre del 1964 e, dopo alcuni mesi trascorsi nella Casa Ispettoriale per meglio ambientarsi, fu destinata alla nuova comunità che si aprì l’anno dopo nella città di Neuquén. Dopo questa prima missione, furono tanti e diversi i luoghi di “missione” per suor María: San Carlos de Bariloche, General Roca, General Acha, Patagones, Bahía Blanca, “María Auxiliadora” e “Sagrado Corazón”, Pampa del Malleo, Junín de los Andes, Chos Malal dove fu direttrice, General Conesa, Trelew, Rawson. In quasi tutte queste case il suo servizio fu l’economato che portava avanti con molta generosità e disponibilità rinunciando sovente ad altri lavori più piacevoli per lei.
Le consorelle che condivisero con lei tutti questi anni sottolineano in suor María lo spirito missionario, il sacrificio, la disponibilità e l’atteggiamento di servizio. Notevole il suo lavoro nella missione di Pampa del Malleo con i bambini e gli adulti della comunitá Mapuche ai quali come economa si donava con larghezza e carità benevola. Era ammirevole pure la sua azione missionaria nel carcere di Rawson che visitava con frequenza. Lo faceva con un gruppo di giovani che accompagnava nel laboratorio di scarpe che loro confezionavano.
Di carattere forte, suor María era tuttavia una salesiana allegra, entusiasta, sempre disposta ad arricchire con il suo buon umore gli incontri comunitari. Le piaceva tanto il teatro, la musica e la danza. Era sempre disponibile ad aiutare, a donare un servizio, ad andare incontro ad una necessità. Il “vado io” salesiano caratterizzò tutta la sua vita fino agli ultimi gioni.
Questi due ultimi anni li trascorse nella Casa “Madre Mazzarello” di Bahía Blanca perché delicata di salute e quasi cieca. Era quindi bisognosa di più cure ed attenzioni. Cercò sempre di non essere di peso alle consorelle e il Signore esaudì il suo desiderio: dopo soltanto due giorni di ricovero nell’ospedale la sua morte fu una sorpresa per tutti, ma non per lei che era preparata.
Grazie, carissima suor María, per la tua vita donata con tanto amore e serena allegria! Affidiamo alla tua intercessione i bisogni dell’Istituto e di questa Patagonia che tanto hai amato e per la quale hai donato tutta te stessa con cuore missionario.

L’Ispettrice
Suor Marta Riccioli

3^ Domingo de Pascua - Ciclo B



15 aprile 2015

VISITADORIA RAINHA DA PAZ EM DISCERNIMENTO


Dentro do clima de Páscoa, que é experiência de alegria, vida, passagem para novas estradas, novos rumos, novos projetos, as Filhas de Maria Auxiliadora da VISITADORIA RAINHA DA PAZ de ANGOLA encontraram-se, acompanhadas e orientadas pela Ir. Alaide Deretti, Conselheira Geral das Missões, para o discernimento e consulta da próxima Superiora da Visitadoria.

Os primeiros, lentos e profundos passos levaram-nos a conhecer, refletir e assumir os mesmos passos de Jesus que nos dizem: seremos luz, umas para as outras. A nossa capacidade de ver aumentará e podemos ver sempre com maior clareza como Deus age na história salesiana.

Os passos seguintes ajudaram-nos a definir os traços da LÍDER espiritual para este século:
- Servidora da missão, segundo a LUZ de Cristo
- Guia exemplar e contagiosa
- Olhar do Bom Pastor
- Ousada, corajosa
- Capacidade de serviço, fidelidade, generosidade.

Para facilitar a escolha foram descobertos os desafios da nossa Visitadoria que precisam ser conhecidos e trabalhados para atingirmos outros patamares na caminhada do próximo sexénio.

- Reavivar a nossa consagração carismática para fazer arder o coração apostólico das comunidades.
- Ser comunidades fraternas, interculturais, alegres, testemunhas a serviço da missão.
- Investir no serviço de animação e governo.
- Priorizar a cultura vocacional.
- Ressignificar as nossas presenças.

O clima de fraternidade, comunhão e alegria ajudou-nos a atingir com serenidade os objetivos e só nos resta agradecer à Ir. Alaide, à Ir. Juraci e a todas as irmãs desta Visitadoria. 

Outras notícias e fotografias em: http://salesianasangola.blogspot.it/ 

Immigrazione


C’è anche chi, nonostante abbia attraversato momenti molto brutti dovuti alla perdita di alcuni familiari, vuole anche con questo piccolo servizio dare speranza agli altri.

Terzo sogno missionario di Don Bosco



14 aprile 2015

Taller Nacional la Pastoral Indígena mexicana


Immigrati, 8 punti per una politica europea. "La vera crisi è l’ipocrisia"

L’eurodeputata Cécile Kyenge ha presentato a Bruxelles una relazione in otto punti e sottolinea come l’Unione europea, con i suoi 500 milioni di abitanti, non possa parlare di crisi umanitaria se deve accogliere 250 mila irregolari in un anno.

BRUXELLES - “La crisi non è il fatto che l’Unione Europea - con i suoi cinquecento milioni di cittadini, i cui Stati membri fanno parte dei paesi più industrializzati del mondo - si sia trovata ad accogliere nel 2014 duecentocinquantamila migranti irregolari. La vera crisi è l’ipocrisia e l’impasse della classe politica che preferisce mettere delle toppe e trovare soluzioni di breve termine a un fenomeno che in sé per sé non è qualcosa contro cui combattere ma qualcosa da gestire, piuttosto che adottare una prospettiva di lunga durata e ad ampio raggio”.
A chiedere di uscire dalle logiche emergenziali quando si parla di immigrazione è l’eurodeputata del Pd ed ex ministro italiano, Cécile Kyenge, co-relatrice del rapporto strategico di iniziativa che il Parlamento Europeo sta preparando sulle politiche Ue nel Mediterraneo.
In un primo dibattito di orientamento tenutosi oggi a Bruxelles, la Kyenge ha spiegato ai suoi colleghi europarlamentari della Commissione Libertà Civili che, insieme alla sua collega maltese Roberta Mezzola (dei popolari europei), intende strutturare il rapporto intorno a otto direttrici principali:
1) il rispetto della persona e dei suoi diritti fondamentali, in particolare per quanto riguarda i migranti irregolari costretti alle pericolose traversate del mare e al loro trattamento in fase di soccorso e identificazione.
2) Più solidarietà coi paesi maggiormente sotto pressione per i flussi migratori (Italia e Grecia ma anche Malta, la Bulgaria e la Spagna) e una più equa ripartizione delle responsabilità fra i ventotto Stati membri.
3) Migliorare le capacità di soccorso e salvataggio in mare e pensare a operazioni di search and rescue a coordinamento europeo.
4) Lottare contro i trafficanti di migranti e contro le organizzazioni criminali che alimentano e si nutrono di questi traffici.
5) Andare verso un vero ed effettivo sistema europeo comune di asilo e pensare alla possibilità di visti umanitari nei paesi di origine e di transito dei migranti, nonché tutte le proposte e progetti pilota che da più parti sono stati elaborati in questi mesi.
6) L’apertura di canali legali per l’immigrazione verso l’Europa.
7) Migliorare le politiche di resettlement o reinsediamento dei migranti che arrivano nell’UE, ma anche le politiche di rimpatrio delle persone che non hanno diritto alla protezione internazionale.
8) Una migliore cooperazione coi paesi terzi, non solo del Mediterraneo, e più in generale una politica estera europea più omnicomprensiva e che ponga le questioni legate ai flussi migratori come assoluta priorità.
Parlando di un’eventuale revisione del regolamento di Dublino, che prevede che sia il paese di sbarco dei migranti a essere responsabile di trattare le eventuali richieste di asilo, la Kyenge ha sottolineato che “se dobbiamo modificare le regole attuali dobbiamo andare verso un mutuo riconoscimento del diritto di asilo, nel senso che se a un migrante viene riconosciuto l’asilo in uno stato membro questo deve essere esteso anche agli altri ventisette paesi dell’Ue”.
L’ex ministro si è anche detta in favore di un’operazione analoga all’italiana Mare Nostrum, ma gestita a livello europeo, come richiesto nelle scorse settimane anche dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati.
Parlando dei 470 morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno e dei quasi settemila salvataggi in mare effettuati da venerdì scorso a oggi, la Mezzola, invece, ha sottolineato che è ora di finirla con i tweet e le vuote dichiarazioni di condoglianze per i morti in mare e di iniziare a fare qualcosa di concreto tutti insieme, a livello europeo, per porre fine a questa situazione vergognosa.
Un riferimento, quello della Mezzola, non si sa quanto esplicito ai tweet del commissario Ue per l’immigrazione, Dimitris Avramopoulos (presente anche lui alla discussione odierna della Commissione Libe, ma che non ha voluto dare alcun dettaglio in più sull’agenda per l’immigrazione che presenterà a metà maggio), il quale, dopo l’ultima tragedia del mare che ha visto la morte di dieci migranti, ha twittato ieri il dispiacere dell’esecutivo di Bruxelles, l’intenzione di fare di più ma anche il richiamo alle proprie responsabilità diretto agli Stati membri.
Ora la Kyenge e la Mezzola, per elaborare e finalizzare la loro relazione, aspettano gli input degli altri eurodeputati ma anche delle Ong che si occupano di immigrazione. Un vero spartiacque si avrà però proprio a maggio quando, come scritto sopra, il commissario Avramopoulos chiarirà meglio quali saranno le priorità della Commissione Ue con l’agenda immigrazione per il 2015. (Maurizio Molinari)


Tra islam e cristianesimo, la prospettiva del dialogo


Dibattito in Vicariato. Scattolin (Pisai): «Distinguere tra aspetto religioso, sociale, storico e politico». Pallavicini (Coreis): «La maggior parte dei musulmani desidera vivere in pace»

«Negli ultimi trenta giorni ci sono stati: gli attacchi dell’Isis al campo profughi di Yarmuk in Siria, l’attentato al Museo del Bardo a Tunisi e la strage dei qaedisti somali al Shebaab al campus universitario di Garissa in Kenya, ma è stato anche sottoscritto l’attesissimo accordo di Losanna sul nucleare iraniano e il presidente turco Erdogan si è recato in visita ufficiale a Teheran dal suo omologo iraniano Rohani; eventi drammatici insieme a segnali positivi, perché il mondo islamico è complesso e parlare di dialogo o scontro senza distinguere parti e ruoli è fuorviante». Così Giuseppe Sacco, economista e caporedattore della rivista di geopolitica The European Journal of International Affairs, ha introdotto l’argomento dell’incontro, tenutosi sabato 11 aprile in Vicariato, dal titolo L’Islam oggi: dialogo o scontro? Il dibattito, promosso dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma e moderato dalla giornalista Rai Ilaria Sotis, è stato occasione per approfondire i molti aspetti di cui è fatta la “questione islamica”. «Aspetti fondamentali per comprenderla», come ha ricordato padre Giuseppe Scattolin, docente di mistica islamica al Pontificio Istituto di Studi arabi e d’islamistica e al Centro Dar Comboni al Cairo: «Occorre saper distinguere l’aspetto religioso, quello sociale, quello storico e quello politico, quest’ultimo oggi molto problematico. L’Islam – ha sottolineato Scattolin – non è solo una fede, per cui occorre molta saggezza nell’interpretarlo».

«Cosa conosciamo – ha detto ancora Scattolin – noi del mondo islamico e il mondo islamico di noi? Tra cristianesimo, islam e ebraismo esistono molti aspetti in comune, anche se non sempre sono messi in primo piano: misericordia, amore e giustizia, per esempio, dovrebbero essere al centro di tutt’e tre le grandi religioni abramitiche, se però queste sono deviate ad altri scopi la questione è diversa. Il punto è che c’è un netto contrasto fra la realtà storica e l’idealità delle fedi, perciò occorre il dialogo». Un dialogo auspicato anche dall’imam di Milano Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del Co.re.is. (Comunità religiosa islamica): «Alcuni aspetti di ignoranza della propria identità e dottrina portano a una manipolazione del sacro dove non c’è più Dio. Questo processo di secolarizzazione in occidente e confessionalismo pseudo-califfale in oriente sono molto simili. Il dialogo è fondamentale per riscoprire le nostre rispettive radici, scoprire l’ospitalità in termini sacri e ritrovare la fratellanza, indispensabile per collaborare a promuovere un argine alla degenerazione della violenza e restituire all’uomo una prospettiva di fede autentica».

Così, sebbene, come ha ricordato ancora Sacco, «la questione islamica esiste ed è principalmente dovuta alla rigidità dottrinale dell’Islam», dall’incontro è emerso come sia fondamentale saper indagare la complessità di un mondo frammentato. «Gli ignoranti – ha notato l’imam Pallavicini – tendono ad associare a se stessi il bene e agli altri il male. Uno scontro che non ha niente a che vedere con l’Islam, in cui il vero “scontro” è interiore, è essere interpreti del bene su noi stessi e con l’altro, sia della stessa fede che di fedi diverse. Gli islamisti manipolano l’Islam per i loro scopi, ed è come se il Ku Klux Klan usasse la Croce per i propri riti: lo Stato islamico dei terroristi è costruito sulla violenza e l’ignoranza ma la maggioranza dell’Islam desidera vivere in pace».


Convegno a Roma sul tema “L’Islam oggi: dialogo o scontro?"

“Al principio del dialogo c'è l'incontro": su queste parole di Papa Francesco si è svolto l’incontro sul tema “L’Islam oggi: dialogo o scontro?" promosso in Vicariato dal Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma. Marina Tomarro ha intervistato l’imam Yahya Sergio Pallavicini vice-presidente della Comunità religiosa islamica italiana:


R. – Promuovere una nuova fratellanza vuol dire innanzitutto riscoprire le nostre origini. Noi nasciamo grazie ad un miracolo ed un mistero divino e il termine forse chiave è proprio questa fratellanza. E’ la giusta compagna nella ricerca delle nostre origini, ma anche nel cercare di sviluppare un bene comune. 

D. – Oggi si parla di questione islamica, ma è così secondo lei?
R. – Secondo me una questione islamica non esiste. I veri problemi sono generati dal male. Quindi, una questione legata alla sicurezza prevede effettivamente che si debba cercare di arginare l’azione dei criminali, anche quando questi - come purtroppo capita - utilizzano la religione come scudo o come copertura. Una questione più positiva è la questione della verità o della pace e questa invece non è una questione problematica, è una cosa dove musulmani, cristiani ed ebrei devono concorrere insieme.

D. – Nel suo intervento lei ha detto che solo una minima parte sono i musulmani vicini agli estremisti. Qual è il modo migliore per combattere questo fenomeno?
R. – Pur essendo una minoranza è una minoranza che ha una capacità di contaminare le coscienze e le percezioni. L’unico modo che noi abbiamo - da teologi, da fedeli o da religiosi - è quello comunque di investire nell’educazione. Noi dobbiamo investire per una migliore conoscenza, perché la chiarezza sulle identità spirituali, confessionali, comunitarie, culturali possa essere salvaguardata, difesa da questa manipolazione. Educarci vuol dire dialogare tra di noi, affrontare teologicamente le interpretazioni sbagliate e anche seminare in un linguaggio semplice, ma anche più preciso e coerente, quelle che sono le esigenze delle nuove generazioni, quindi investire sui giovani.

D. – In che modo sono visti gli appelli di Papa Francesco per la pace?
R. – Credo che l’esempio di Papa Francesco sia un modello di relazione, di preghiera, di carità e di linguaggio universale che anche i fedeli musulmani traggono come ispirazione. E’ uno degli approcci che vale la pena di cercare di preservare, perché altrimenti il rischio è che la realtà venga affrontata o soltanto da un punto di vista mediatico o da un punto di vista di emotività. Esiste, però, accanto all’emotività, accanto alla dimensione storica, anche una dimensione dello spirito, che i veri religiosi, i veri credenti devono cercare di rinnovare. E quindi anche nell’ottica del Giubileo, come musulmani italiani ed europei, pensiamo di cercare di avere la nostra responsabilità da giocare.

Ma sull’importanza del dialogo interreligioso ascoltiamo l’economista Giuseppe Sacco, tra i relatori all’incontro:
R. – Il dialogo interreligioso è l’unica cosa che può risolvere i problemi attuali che ci sono non solo tra cristiani e musulmani, ma nel mondo musulmano. Noi viviamo in una sorta di indifferenza, ma invece ci deve importare. Abbiamo dimenticato la frase di Caino che dice: “Ma forse sono io il custode di mio fratello?” Eh sì, noi siamo i custodi, tutti ci dobbiamo preoccupare. Quindi, il dialogo è l’unica maniera per alimentare il nostro bisogno di religiosità.