20 giugno 2016

IN GRECIA PER RITROVARE UNA MADRE


di Francesco Montenegro

Si celebra un’altra Giornata mondiale del rifugiato, mentre continua sotto i nostri occhi la sofferenza di chi scappa dai conflitti, di chi è respinto da paesi europei sempre più chiusi e litigiosi. «Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita (…). Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stata la sua ultima utopia». Queste le chiare parole di papa Francesco proprio ai vertici dell’Unione europea, ricevuti in udienza il mese scorso. Parole che si aggiungono all’appello che aveva già fatto insieme ai patriarchi ortodossi, in occasione della sua visita a Lesbo, ennesima tappa di un cammino iniziato a Lampedusa tre anni fa.

Muri preventivi
Ma, al di là degli applausi, quali effetti avranno sulle istituzioni e i governi dell’Unione? Si apriranno canali umanitari, per fare arrivare in sicurezza le persone che sono costrette ad abbandonare il proprio paese? Si amplieranno nel contempo le vie ordinarie di arrivo, dando più opportunità alle persone per integrarsi nelle nostre società?

Anche io, con una delegazione Caritas, andrò in Grecia l’8 luglio, a tre anni dalla visita di papa Francesco a Lampedusa: per dire no a un’Europa che arriva a costruire “muri preventivi”, e dire sì a un’Europa diversa, dove i valori di solidarietà e giustizia sociale siano al centro della cultura e della politica. Per cercare di dare concretezza al sogno del Papa, di «un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti». Che trasmette i valori, e sa dare priorità ai volti e alle persone.

17 giugno 2016

Giornata Mondiale del Rifugiato 2016


Migranti, 34 morti di sete nel deserto

Trentaquattro migranti, tra i quali 20 bambini, sono morti la scorsa settimana nel deserto del Niger, mentre cercavano di raggiungere la vicina Algeria, divenuta una destinazione privilegiata dei migranti subsahariani verso l'Italia. L'hanno riferito oggi autorità del paese africano.
"Hanno trovato la morte 34 persone, tra le quali cinque uomini, nove donne e 20 bambini, nel loro tentativo di attraversare il deserto", ha indicato il ministero dell'Interno del Niger in un comunicato. "Sono probabilmente morti di sete - ha precisato una fonte di sicurezza - come è spesso il caso e sono stati ritrovati vicino ad Assamaka", un posto di frontiera tra il Niger e l'Algeria.
Secondo l'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim), il Niger è una delle principali rotte migratorie "verso l'Unione europea" e "in particolare verso l'Italia". Il 60 per cento dei migranti che attraversano la Libia per raggiungere l'Europa attraverso il Mediterraneo centrale "sono passati per il Niger". I migranti sono stati abbandonati "dai passeur" (i trafficanti di uomini) nel corso della "settimana tra il 6 e il 12 giugno 2016", spiega il comunicato. Solo due corpi sono stati identificati, una coppia di nigeriani di 26 anni.

Suor Rosa FARINA

Carissime sorelle, il 10 giugno 2016, nella casa di Orta San Giulio (Novara), ha lasciato questo mondo e, nel mistero della morte, è nata a vita nuova la nostra sorella Suor Rosa FARINA. Nata a Gropello Cairoli (Pavia) il 23 settembre 1932. Professa a Pella (Novara) il 6 agosto 1952. Appartenente all’Ispettoria Piemontese “Maria Ausiliatrice” – Italia.
Suor Rosa aveva preparato l’annuncio della sua morte per noi consorelle in questi termini: «Sono vissuta nello stupore continuo e sempre nuovo delle manifestazioni del Signore che mi passava accanto e mi vedeva, stendeva su di me il suo manto, copriva la mia nudità, mi giurava alleanza, mi faceva sua. Per questo ho creduto sempre alla mia vocazione religiosa-salesiana come ad un mistero di amore troppo grande per poterlo capire. Solo Dio aveva potuto farmene dono, e solo il suo amore sempre nuovo poteva essere la mia perseveranza, il mio sì. Il confronto reale con la mia povertà e il mio peccato, l’esigenza di amare Dio in modo personale e totale, hanno dato alle mie giornate coloriture a volte contrastanti: atteggiamenti di timidezza e di spavalderia, momenti di ardimento e di abbattimento. Ho amato tanto don Bosco e madre Mazzarello, che mi hanno insegnato ad amare i giovani in modo concreto. Le sorelle con le quali ho vissuto ricorderanno esempi buoni e meno buoni. Ho fatto con loro un cammino attraversando il deserto. La speranza mi ha sempre accompagnata e Cristo non mi ha mai delusa. Ho sentito ancora il suo ‘vieni’ ed è stato eterno. Ancora una volta ho fatto il mio piccolo passo, nella morte, ed ho trovato la Risurrezione. La nostra comunione è ora più vera, la nostra preghiera solo LODE». Queste le cose essenziali che suor Rosa voleva comunicare a tutte noi. Non ci resta che raccontare i passi che noi le abbiamo visto compiere in terra.
Nella sua famiglia, ricca di fede e di buoni principi morali, era la primogenita, aveva due fratelli e una sorella molto amati. Entrata in postulato a Novara nel 1950, aveva trascorso il noviziato e fatto la prima professione a Pella (Novara). Subito dopo visse i primi due anni a Torino “Madre Mazzarello”, come studente, e solo per l’anno 1954-1955 fu a Palestro come insegnate di scuola materna. Trascorse poi l’anno 1955-1956 di nuovo a Torino “Madre Mazzarello” per prepararsi alla missione, quindi partì missionaria per gli Stati Uniti. Vi rimase per una decina d’anni (1956-1966), nelle case di Paterson, Tampa, Port-Chester e Lomita. Seguì un altro periodo (1966-1975) in Casa generalizia, a Torino e Roma, come Segretaria, prima di madre Lidia Carini (1966-1969) e poi di madre Ersilia Canta (1969-1975). Visse poi in altre due comunità, a Cinisello (Milano) come incaricata del Centro Giovanile (1975-1978), e di nuovo a Torino nella casa “S. Cuore” come insegnante nei Corsi Professionali e in una Parrocchia di periferia (1978-1983).
La chiamata del Signore la portò di nuovo in terra di missione, questa volta in Africa. Dal 1984 al 2013 lavorò come missionaria in diversi luoghi del Kenia: Siakago, Nairobi, Makuyu, di nuovo Nairobi, Embu, e in Sud Sudan a Tonj “S. Giuseppina Bakita”. Fu impegnata in compiti di catechesi, pastorale, assistenza e servizi comunitari. Era una missionaria perseverante nel suo sì, nella sequela del Signore. In totale trascorse nella missione ad gentes circa 40 anni, in due riprese.
Nel 2013 fece ritorno alla sua Ispettoria di origine e fu inserita nella Casa di Orta per un meritato riposo. Rimase in questa comunità di sorelle anziane inizialmente col desiderio di essere ancora destinata a qualche altra comunità per prestare aiuto nelle attività tra i giovani. Ben presto invece individuò la sua nuova missione nell’assistere una consorella malata, suor Cesaro Armida, anche lei missionaria in Africa per circa 50 anni, da tempo divenuta non autosufficiente.
Nel settembre 2015, fu lei ad avere bisogno di assistenza continua, prima in ospedale e poi in comunità: infatti fu colta da una grave ischemia che la condusse in fin di vita. La sua dolorosa agonia durò per otto lunghi mesi, in cui visse totalmente affidata alle cure dei medici, dell’infermiera, delle consorelle e delle collaboratrici. Questo tempo fu davvero, per lei, un entrare nel mistero della morte, come aveva scritto. Infine “ancora una volta ho fatto il mio piccolo passo, nella morte”.
Ora certamente suor Rosa “ha trovato la Risurrezione” e vive una comunione più piena con noi, che insieme lodiamo la misericordia del Padre e lo ringraziamo per averla chiamata a far parte della nostra Famiglia religiosa. Offriamo per lei la nostra preghiera di suffragio e con tanta fiducia le chiediamo di intercedere perché nuove vocazioni vengano a servire il Regno di Dio nella Chiesa, nell'Istituto, nella nostra Ispettoria, con lo stesso ardore e fedeltà vissuti da lei.

L’Ispettrice
Suor Elide Degiovanni

Migranti forzati: la storia non insegna nulla?

NEGLI OCCHI DEI RIFUGIATI LA NOSTRA STORIA

16 giugno 2016

Corridoi umanitari

POM divulgam livro da Novena Missionária para o mês de outubro


O livrinho da Novena é um dos principais materiais de animação da Campanha Missionária, que neste ano tem como tema “Cuidar da Casa Comum é nossa missão”. O lema é extraído da narrativa da criação no livro do Gênesis: “Deus viu que tudo era muito bom” (Gn 1, 31).
Com tiragem de 220 mil exemplares e 60 páginas de conteúdo, o livrinho da Novena Missionária tem por objetivo criar comunhão, rezar, refletir e incentivar para o compromisso, tendo presente os diversos aspectos da Missão.

Esta Novena apresenta situações em que os missionários e missionárias vivem na missão de cuidar da Casa Comum. Para cada dia este livrinho traz: 1) breve leitura da realidade; 2) testemunhos missionários; 3) iluminação desde a Palavra de Deus; 4) reflexões; 5) orações e 6) convite ao compromisso.
Todos os itens da Campanha juntamente com o livrinho da Novena serão enviados no final do mês de junho às 276 dioceses e prelazias do Brasil para serem distribuídos entre as paróquias e comunidades.
Baixe aqui o livrinho da Novena Missionária 2016

A Novena pode ser feita pelos grupos de reflexão, grupos de rua, nas casas de família, nas comunidades ou escolas.
Leia também: Equipe das POM divulga tema e cartaz da Campanha Missionária 2016

A Campanha Missionária é realizada em outubro, o mês das Missões. Um período de intensificação das iniciativas de animação e cooperação missionária em todo o mundo. O objetivo é sensibilizar, despertar vocações missionárias e realizar a Coleta no Dia Mundial das Missões, penúltimo domingo de outubro (este ano dias 22 e 23), conforme instituído pelo papa Pio XI em 1926.


Encontre aqui todos os materiais da Campanha Missionária 2016

http://www.pom.org.br/

15 giugno 2016

Migranti: 2000 persone sbarcate ieri

Milano - Sono oltre 2mila gli sbarchi nella sola giornata di ieri. I migranti soccorsi sabato e domenica nel canale di Sicilia sono arrivati ieri nei porti di Sicilia e Calabria. Circa 1.300 sono sbarcati a Catania, mentre a Porto Empedocle sono giunti in 257. Nel porto di Crotone con la nave Libra della Marina Militare sono arrivati 695 migranti soccorsi mentre si trovavano a bordo di 5 diverse imbarcazioni. Si tratta di 579 uomini, 110 donne e 6 minori – provenienti da Nigeria, Eritrea, Sudan, Bangladesh, Egitto, Libia, Togo, Senegal, Marocco e Ciad. Due le donne incinte.
Il gruppo verrà condotto al campo profughi di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, ma qui rimarranno soltanto in 400, i restanti saranno distribuiti in altre regioni. Sono in totale 1.230 i migranti tratti in salvo nella giornata di domenica, nel corso di 9 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera a Roma. Sono intervenute nei soccorsi Nave Dattilo della Guardia Costiera (652 persone salvate da 5 gommoni ed 1 barchino), la Nave Borsini della Marina Militare (123 persone a bordo di un gommone), la nave Dignity1 della Ong Medici Senza Frontiere (133 persone su 1 gommone e ha recuperato un corpo senza vita). Infine l’unità spagnola Rio Segura (322 persone a bordo di un barcone).

http://www.migrantesonline.it/

La musica per superare il dolore...

Colloquio sulle migrazioni

10 giugno 2016

Papa eleva a festa la celebrazione di Maria Maddalena

Incontro con Maria di Magdala
di Tommaso Stenico
La celebrazione di Santa Maria Maddalena, oggi memoria obbligatoria nel giorno 22 luglio, sarà elevata nel Calendario Romano generale al grado di festa. Per espresso desiderio del Papa la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato il relativo decreto. Il servizio di Paolo Ondarza:


"Apostolorum Apostola" la definiva san Tommaso d’Aquino: Maria Maddalena fu infatti la testimone oculare del Cristo Risorto, la prima a darne testimonianza agli apostoli. La celebrazione di questa Santa, finora memoria obbligatoria, sarà elevata nel Calendario Romano Generale al grado di Festa. Ne da notizia il decreto datato 3 giugno 2016, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, a firma del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, reso noto oggi. Nell’articolo di commento firmato dal segretario, mons. Artur Roche, si spiega che la decisione si iscrive nell’attuale contesto ecclesiale, che domanda di riflettere più profondamente sul tema, della dignità della donna, la nuova evangelizzazione e la grandezza del mistero della misericordia divina.

Decisione presa nel contesto del Giubileo della Misericordia
“Fu San Giovanni Paolo II – si ricorda – a dedicare una grande attenzione non solo all’importanza delle donne nella missione stessa di Cristo e della Chiesa, ma anche alla peculiare funzione di Maria di Magdala quale prima testimone che vide il Risorto e prima messaggera che annunciò agli apostoli la risurrezione del Signore". Un’importanza ribadita nell’impegno della Chiesa per la nuova evangelizzazione “che vuole accogliere, senza alcuna distinzione, uomini e donne di qualsiasi razza, popolo, lingua e nazione, per annunciare loro la buona notizia del Vangelo di Gesù Cristo, accompagnarli nel loro pellegrinaggio terreno ed offrir loro le meraviglie della salvezza di Dio". La decisione di Papa Francesco si inserisce nel contesto del Giubileo della Misericordia “per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata”.

Maria Maddalena, prima testimone della Divina Misericordia
La tradizione ecclesiale in Occidente identifica nella stessa persona Maria di Magdala, la donna che versò profumo nella casa di Simone, il fariseo, e la sorella di Lazzaro e Marta. Maria Maddalena formò parte del gruppo dei discepoli di Gesù, lo seguì fino ai piedi della croce e, nel giardino in cui si trovava il sepolcro, fu la prima testimone della Divina Misericordia, “la prima a vedere il sepolcro vuoto e la prima ad ascoltare la verità della sua risurrezione”. Nell'articolo di commento si segnala il contrasto tra Eva, donna del giardino del paradiso e Maria Maddalena, donna del giardino della risurrezione. La prima diffuse la morte dove c’era la vita; la seconda annunciò la Vita da un sepolcro, luogo di morte. «Noli me tangere», l’invito rivolto da Cristo a Maria Maddalena è per tutta la Chiesa: a non cercare sicurezze umane e titoli mondani, ma la fede in Cristo Vivo e Risorto! “E’ giusto – conclude l’articolo di commento – che la celebrazione di questa donna abbia il medesimo grado di festa dato alla celebrazione degli apostoli nel Calendario Romano Generale e che risalti la speciale missione di questa donna, che è esempio e modello per ogni donna nella Chiesa”. Il giorno della celebrazione – si specifica nel decreto – rimane invariato, il 22 di luglio.

Stai dalla parte dei rifugiati? Will you stand #WithRefugees? ¿Estás #ConLosRefugiados?



#DefiniamoloGenocidio


11° Domingo Ordinario - Ciclo C - español



#DefiniamoloGenocidio



«Non abbiamo fatto nulla di fronte al massacro collettivo di persone innocenti. Ora il minimo che possiamo fare è chiamare con il loro nome le atrocità commesse dall’Isis. È il primo passo per rendere giustizia alle vittime». Così Pascale Warda, già ministro iracheno per le politiche migratorie e oggi presidente dell’organizzazione Hammurabi Human Rights, aderisce alla campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre per chiedere alle istituzioni italiane il riconoscimento del genocidio commesso da Isis in Iraq e Siria.
L’attivista cattolica ha partecipato attivamente alla campagna che ha portato al riconoscimento del genocidio da parte del Congresso e del Dipartimento di Stato Usa, e ora invita il governo italiano alla medesima azione. «È la nostra prima responsabilità, se vogliamo davvero essere una comunità internazionale e non una mera unione di stati che di fatto stanno legalizzando delle atrocità. Non si tratta di crimini di guerra, ma azioni mirate ad eliminare le minoranze religiose che non hanno risparmiato donne e bambini». Negli ultimi due anni, l’ex ministro ha incontrato numerose vittime di Isis, soprattutto ragazze che sono state violentate e schiavizzate. Giovani yazide e cristiane, di appena 15 anni, le cui vite sono state distrutte.
Pascale Warda spiega ad ACS che sono tre le principali motivazioni per cui è essenziale un riconoscimento ufficiale del genocidio. Innanzitutto per impedire che tali crimini possano ripetersi o perpetuarsi. In secondo luogo per mostrare solidarietà alle vittime, «perennemente ignorate e private dei loro diritti», e per costringere i governi locali ad adottare misure di sicurezza capaci di proteggere le minoranze religiose. Infine per far sì che la giustizia segua finalmente il proprio corso. «Queste azioni disumane sono commesse da individui che devono essere giudicati e puniti, così come devono essere sanzionati gli stati ed i gruppi che sostengono lo Stato Islamico. Non possiamo ignorare che dietro quanto accade vi sono progetti e strategie politiche ed economiche».
L’attivista irachena sottolinea inoltre l’importanza di includere i cristiani tra le minoranze vittime del genocidio. «Come si può sostenere che noi non abbiamo subito genocidio, quando le nostre figlie sono state stuprate. Quando siamo stati sradicati, costretti ad abbandonare le nostre case. Quando le nostre chiese sono state distrutte. Quando l’immigrazione ci strappa via dal nostro paese. Che cos’è il genocidio se non questo?».
Ecco perché Pascal Warda si unisce ad ACS nel chiedere alle istituzioni italiane di riconoscere ufficialmente il genocidio compiuto da Isis in Medio Oriente, ai danni delle minoranze. «Le istituzioni devono essere coscienti del fatto che se non prenderanno posizione, diventeranno anch’esse responsabili di questi crimini. È un passo importante anche per prevenire quanto potrebbe accadere in futuro. Perché oggi sono l’Iraq e la Siria, ma domani potrebbe essere il vostro turno».

Roma, 9 giugno 2016


Italia senza immigrati? Case vuote, 35 mila classi e 450 mila imprese in meno

Il Censis e i numeri del modello di integrazione italiano che funziona. Avremmo il 20% di bambini nati in meno nell’ultimo anno, una scuola pubblica con 35 mila classi e 68 mila insegnanti in meno, saremmo senza 693 mila lavoratori domestici


ROMA - Come sarebbe l’Italia senza gli immigrati? Sarebbe un Paese con 2,6 milioni di giovani under 34 in meno e sull’orlo del crac demografico. Gli immigrati sono mediamente più giovani degli italiani e mostrano una maggiore propensione a fare figli. Le nascite da almeno un genitore straniero in Italia fanno registrare un costante aumento: +4% dal 2008 al 2015, a fronte di una riduzione del 15,4% delle nascite da entrambi i genitori italiani. Dei 488.000 bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall’Unità d’Italia, solo 387.000 sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73.000 (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28.000 (quasi il 6%) hanno un genitore straniero.
Numeri noti e meno noti, svelati o ribaditi oggi dal Censis con “L’integrazione nella società molecolare”, argomento di cui si è parlato a partire da un testo elaborato nell’ambito dell’annuale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese di sociale”, giunto alla XXVIII edizione. Sono intervenuti il Presidente del Censis Giuseppe De Rita e la responsabile di ricerca Anna Italia, Mariano Bella, Direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Franco Pittau, presidente onorario del Centro Studi e Ricerche Idos, Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, e Maria Assunta Rosa, responsabile del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) del Ministero dell'Interno.
Altri numeri. È vero che il nostro sistema di gestione dei flussi migratori ha dovuto affrontare crescenti difficoltà. Il numero complessivo degli ospiti nelle strutture di prima e seconda accoglienza è passato dai 22.118 del 2013 ai 123.038 al 6 giugno 2016, con un aumento del 456%. Ma il nostro modello di integrazione degli stranieri che si stabilizzano sul territorio nazionale funziona.
Gli alunni stranieri nella scuola (pubblica e privata) nel 2015 erano 805.800, il 9,1% del totale. Senza gli stranieri a scuola (la maggioranza dei quali sono nati in Italia) si avrebbero 35.000 classi in meno negli istituti pubblici e saremmo costretti a rinunciare a 68.000 insegnanti, vale a dire il 9,5% del totale.
Anche sul mercato del lavoro la perdita dei migranti significherebbe dover rinunciare a 693.000 lavoratori domestici (il 77% del totale), che integrano con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema di welfare pubblico non è più in grado di garantire.
Gli stranieri mostrano anche una voglia di fare e una vitalità che li porta a sperimentarsi nella piccola impresa, facendo proprio uno dei segni distintivi del nostro essere italiani. Nel primo trimestre del 2016 i titolari d’impresa stranieri sono 449.000, rappresentano il 14% del totale e sono cresciuti del 49% dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo le imprese guidate da italiani diminuivano dell’11,2%.
Anche i trattamenti previdenziali confermano che il rapporto tra “dare” e “avere” vede ancora i cittadini italiani in una posizione di vantaggio. I migranti che percepiscono una pensione in Italia sono 141.000: nemmeno l’1% degli oltre 16 milioni di pensionati italiani. Quelli che beneficiano di altre prestazioni di sostegno del reddito sono 122.000, vale a dire il 4,2% del totale.
Tutti segnali di quel modello di integrazione dal basso, molecolare, diffuso sul territorio che ha portato oltre 5 milioni di stranieri (che rappresentano l’8,2% della popolazione complessiva), appartenenti a 197 comunità diverse, a vivere e a risiedere stabilmente nel nostro Paese e che, alla prova dei fatti, ha mostrato di funzionare bene e di non aver suscitato i fenomeni di involuzione patologica che si sono verificati altrove in Europa, dove i territori ad altissima concentrazione di immigrati sono esposti a più alto rischio di etnodisagio. Dei 146 comuni italiani che hanno più di 50.000 abitanti, solo 74 presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale. Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1%. Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50.000 residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9%.

Genova, don Martino (Migrantes) “Per vincere la paura del diverso servono incontri, non convegni”

“Per superare la paura del diverso servono incontri e non convegni o discorsi”. Così don Giacomo Martino, aiuto pastorale a Genova Sampierdarena e direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Genova spiega quanto emerso grazie al percorso di conoscenza reciproca tra ragazzi italiani e i coetanei richiedenti asilo ospitati nelle strutture genovesi. “Siamo stati contattati da S. Egidio – ha aggiunto – con l’idea di portare alcuni dei giovani migranti, ospitati nelle nostre strutture, a raccontare le loro storie in alcune classi di una sola scuola. Col passare del tempo l’iniziativa ha coinvolto tutte e trenta le classi dell’istituto ed anche il personale tecnico ed ausiliario ha richiesto un incontro appositamente per loro. Alla fine, dai primi incontri previsti in quella scuola siamo arrivati ad organizzarne centinaia in altre dieci scuole diverse”. Il cammino è stato particolarmente fruttuoso, ha aggiunto: “si è percepito come sia facile passare dalla percezione dello straniero a quella dell’amico semplicemente conoscendo l’altro. E’ stato proprio un bell’incontro umano prima di tutto”. I giovani richiedenti asilo, ha spiegato ancora don Giacomo, “hanno avuto il coraggio di raccontare anche episodi molto personali come alcune sevizie e torture subite ma senza mai cadere nel pietismo, sempre con molta dignità”. Come conseguenza di questi incontri, molti ragazzi genovesi si sono resi disponibili ad insegnare l’italiano ai giovani migranti mentre questi ultimi si sono aggregati ai gruppi di giovani di S. Egidio per andare a trovare gli ammalati e ad aiutare gli anziani.

"Non c'è missione senza Eucaristia"

“Non vi sarebbe missione alcuna se non ci fosse l’eucarestia; l’eucarestia non è solo fonte e culmine della vita della chiesa, ma anche della sua missione”, aggiungendo anche un riferimento alla sua esperienza: “Senza il sacrificio dei missionari francesi che hanno evangelizzato il mio piccolo villaggio in Guinea, oggi non sarei qui e non avrei avuto la gioia di essere accolto da voi come un fratello vero. Ma nessuno sarebbe qui, anche in terre cristiane, senza l’aiuto di cattolici missionari che evangelizzano ogni giorno, che vivono pienamente il vangelo di Gesù, spinti dalla forza della grazia che ogni giorno sgorga dall’altare”.

Giornata Mondiale del Rifugiato

Savona: le celebrazioni per la Giornata del Rifugiato

Savona – Si celebra lunedì 20 giugno la Giornata mondiale del rifugiato, un’iniziativa internazionale che si vivrà anche nella diocesi di Savona. A organizzare e promuovere la Giornata non ci sono solo realtà diocesane, ma anche quelle impegnate sul medesimo fronte, come Progetto città, le Botteghe della solidarietà di Savona e di Varazze, Rete Radié Resch, Find the cure, Nuovo film studio col patrocinio della Provincia di Savona. La Giornata, in realtà, sarà accompagnata da un intero mese di iniziative, di vario genere. Si coglie così anche la ricorrenza del 65° anniversario della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati, approvata in una conferenza speciale delle Nazioni unite nel luglio del 1951, in risposta alle esigenze manifestatesi durante i due conflitti mondiali e non diminuiti nel periodo successivo. Tre i momenti di maggior richiamo: l’attore e autore senegalese Mohamed Ba, giovedì 16 giugno porterà a Savona “Gli invisibili”, spettacolo teatrale che ripercorre il viaggio di due africani verso una vita migliore e pone a tutti la domanda sul proprio destino e sulla propria sorte se non si fosse nati nel nord del mondo. Domenica 19 giugno la testimonianza di padre Mussie Zerai, prete eritreo giunto in Italia oltre vent’anni fa, dopo una fuga dal regime, e divenuto un vero simbolo dei migranti: a lui hanno a lungo fatto riferimento i viaggiatori in difficoltà, un uomo che si è fatto ponte tra le emergenze in mare e le istituzioni al lavoro per salvarli. In prima linea contro i trafficanti di vite umane, don Zerai è stato anche tra i candidati al premio Nobel per la pace nel 2015. Sul fronte diocesano, invece, la teologa e suora domenicana Antonietta Potente parlerà sabato 2 luglio del senso dell’accoglienza al giorno d’oggi nella vita cristiana.

8 giugno 2016

Morire di speranza: il 23 giugno una veglia ecumenica a Roma

Roma – Si svolgerà il prossimo 23 giugno, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, a Roma, la veglia di preghiera “Morire di speranza”, in memoria di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa. L’iniziativa – promossa dalla Fondazione Migrantes insieme a Centro Astalli, Caritas Italiana, Comunità di S. Egidio, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Acli, Associazione Papa Giovanni XXIII - si svolgerà, in contemporanea, in molte città italiane, tra cui Vicenza, Catania e Trento.

La crisi dei rifugiati in Europa

Discernimento nelle Ispettorie BMA e ARO



Cooperazione missionaria: accordo Corea-Mongolia

7 giugno 2016

Lettera a mia moglie, infermiera volontaria tra i profughi

Ogni volta che donerai un po’ di sollievo, un sorriso, un gesto di comprensione e di accoglienza, ricorderai a quelle persone – e a quanti, un giorno non troppo lontano, leggeranno sui libri di storia le vicende dei nostri tempi – che no, non abbiamo smarrito del tutto la nostra umanità.

#TeamRefugees, ecco chi sono i 10 atleti che andranno a Rio

In ognuno di noi c'è almeno un talento... Ringraziamo Dio per questi talenti e accogliamo nel cuore le loro storie che sono storie di vita e di vittoria.

Yusra Mardini: dalla Siria, a nuoto, alla “squadra di profughi” di Rio 2016

El Papa prepara con el C9 un nuevo dicasterio de migraciones y ecología

"Caridad, Justicia y Paz", se une al ya creado de "Laicos, familia y vida"

Decimoquinta reunión del consejo de cardenales para la reforma de la Curia vaticana.

El Papa Francisco inició este lunes la decimoquinta reunión del consejo de cardenales que lo asesora en la reforma de la Curia, conocido como C9, para ultimar los últimos detalles para la creación de un nuevo dicasterio que englobará migración y ecología.

Después de que el sábado pasado el Vaticano confirmara que desde el 1 de septiembre se constituirá el dicasterio -como se denomina a los departamentos de la Curia- "Laicos, familia y vida", el pontífice y el C9 trabajan para presentar en breve uno sobre "Caridad, justicia y paz".

De acuerdo a fuentes consultadas por Télam, este último dicasterio englobará las competencias de la Curia en torno a la migración, las "nuevas preocupaciones" como el ambiente y el cuidado de la tierra y la Pontificia Academia para las Ciencias Sociales y Caritas Internationalis.

El C9, creado para ayudar al Papa a avanzar con las reformas y a revisar la Constitución apostólica Pastor Bonus, está formado por los cardenales Oscar Rodríguez Maradiaga (coordinador), Pietro Parolin (secretario de Estado), Giuseppe Bertello, Francisco Javier Errázuriz Ossa, Seán Patrick O'Malley, Reinhard Marx, Laurent Monsengwo Pasinya, George Pell y Oswald Gracias.



Syrian Refugee Eyes Rio Olympics

3 giugno 2016

Migranti, quei corpi sulla spiaggia libica: "Non possiamo chiudere gli occhi davanti all'orrore"

Non ci si può rassegnare all'orrore. Una spiaggia disseminata di corpi: bambini, donne, uomini. Alcuni sembrano siriani, altri africani. Ottantacinque cadaveri recuperati in poche ore sul litorale libico di Zuwara, da dove migliaia di persone salpano per cercare di raggiungere l'Italia. La scorsa settimana ha segnato uno dei momenti più neri nella storia del Mediterraneo: almeno ottocento persone sono annegate nel Canale di Sicilia, forse novecento come ipotizza Medici Senza Frontiere. L'intervento della Marina militare italiana, della missione europea Sophia, della capitaneria di porto, della flottiglia di ong internazionali non è riuscito a impedire il massacro. Queste navi hanno salvato decine di migliaia di profughi e migranti, ma alcuni dei naufragi sono avvenuti nelle acque territoriali libiche dove i mezzi stranieri non possono entrare. E spesso i bambini non riescono a sopravvivere in acqua neppure per attendere l'arrivo dei soccorritori. Come la bambina siriana annegata prima di venire issata a bordo, lasciando nelle mani del volontario quel salvagente drammaticamente vuoto che papa Francesco ha mostrato al mondo. Le foto raccolte dalla Mezzaluna Rossa libica e da Migrant Report sono immagini dure, che feriscono le coscienze, ma non possiamo chiudere gli occhi. È inutile illudersi: nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, per tutta l'estate un'altra moltitudine cercherà di imbarcarsi verso la Sicilia. La vita di quelle persone dipende anche da noi. E le istituzioni italiane ed europee devono fare di più. Subito. Perché nel Mediterraneo si continua a morire tutti i giorni. (di Gianluca Di Feo)

http://www.repubblica.it/

Migranti - Minori stranieri non accompagnati, le parole non ci bastano più


Sono già 4.500 i minori stranieri non accompagnati sbarcati quest'anno sulle coste italiane, il triplo rispetto all'anno scorso. Per loro serve un sistema di accoglienza e di tutela che sia in grado di creare condizioni e prospettive di vita sostenibili, che dia protezione e assistenza continuativa. «Chi si occupa di diritti dei minori non si accontenta delle parole: desidera giungere presto alla realizzazione di azioni», scrive il Garante per l'Infanzia

Dal 1 gennaio al 21 aprile 2016 sono arrivati in Italia via mare oltre 25mila migranti: più di 4mila erano bambini, di cui 3.667 non accompagnati (dati Save the Children). Tempo altri due mesi e i minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane sono saliti a 4.500, triplicati rispetto all’anno scorso, quando erano circa 1.600. Un aumento importante, che sta mettendo in difficoltà le strutture di primissima accoglienza.

«Accogliere e tutelare i minori stranieri non accompagnati deve essere una priorità», ha affermato ieri il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Filomena Albano, in un editoriale. «Anche oggi abbiamo la notizia di altri bambini morti a seguito di una traversata affrontata per la speranza di una vita migliore. Tutto questo non è accettabile. […]. Sappiamo che queste tragedie possono essere evitate grazie alla capacità di intervenire rapidamente e con efficacia, delle donne e degli uomini che nel nostro Paese si spendono senza tregua in situazioni così complesse e drammatiche. Sono persone che non smetterò mai di ringraziare per il lavoro che fanno. Ma non possiamo continuare a contare solo sulla loro capacità».

Di fronte a un fenomeno «diventato strutturale e che continua a consumarsi ormai a ritmo quotidiano, occorre attivarsi a tutela dei bambini che giungono in Italia senza un adulto di riferimento e avere un sistema di accoglienza e di tutela che sia in grado di creare per loro condizioni e prospettive di vita sostenibili», dice Albano, che indica tra le sue priorità proprio «l’assicurare ai minori stranieri non accompagnati un sistema di protezione e un’assistenza continuativa».

Sta lavorando «innanzitutto perché sia realizzata tempestivamente una legislazione completa, in grado di garantire assistenza e protezione ai bambini e ai ragazzi soli e particolarmente vulnerabili, come sicuramente sono anche i minori stranieri non accompagnati». Oggi, in occasione della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, i Garanti regionali affronteranno questi temi, «con la determinazione di chi vuole attivarsi subito e realizzare le azioni necessarie. Chi si occupa del rispetto dei diritti dei minori non si accontenta delle parole: desidera giungere presto alla realizzazione di azioni utili a tutelare quei diritti».

Foto GIOVANNI ISOLINO/AFP/Getty Images

Conclusione y compromisos finales CNM XXII

VATICANO - Assemblea POM: “non temere di lasciarsi rinnovare dallo Spirito” esorta Mons. Rugambwa

Asamblea OMP: “no temáis el dejaros renovar por el Espíritu” exhorta Mons. Rugambwa

(AF) Gracias a la experiencia de evangelización, misión, oración, testimonio y caridad de las Iglesias jóvenes, deseamos que toda la Iglesia vuelva a encender su pasión por Cristo y por el anuncio de su Evangelio”, ha subrayado Su Exc. Mons. Protase Rugambwa, Secretario adjunto de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos y Presidente de las Obras Misionales Pontificias (OMP), en su discurso ante la Asamblea general de las OMP, que se está celebrando en Roma, sobre el tema “Despertar la conciencia de la misión hoy. Las OMP al servicio de las Iglesias jóvenes”.

El arzobispo ha retomado y reiterado una afirmación suya de hace tres años, cuando participó por primera vez la Asamblea General: “Las OMP tienen razón de existir sólo si conservan celosamente su especificidad propia: animación, formación, cooperación con las Iglesias locales para la Missio ad Gentes. No somos una de las muchas agencias de caridad que recogen fondos para los países emergentes. Lo que caracteriza nuestro servicio es la primera evangelización, su carácter universal”.

El año del centenario de una de las cuatro Obras Misionales Pontificias, la Pontificia Unión Misionera (PUM), nacida de la intuición del Beato Paolo Manna, “para que todos los bautizados fueran sensibles, apasionados e informados sobre su compromiso misionero Ad Gentes”, caracteriza la Asamblea de este año. Mons. Rugambwa ha reiterado la necesidad de un replanteamiento, una reforma de la PUM, en su papel de “alma” de todas las OMP, como la definía el Beato Papa Pablo VI. “Esta indicación acertada – ha dicho el Arzobispo - nos convence de que no sólo se debe pensar y renovar la PUM como un proceso gradual realizado entre todos juntos, sobre todo con las otras tres obras Pontificia, sino que además este proceso debe ser beneficioso para su trabajo y su identidad, fuertemente ligada al apoyo financiero de las Iglesias misioneras”. Por lo tanto, ha instado a “no temer” el dejarse renovar por el espíritu: “En el contexto de una 'Ecclesia semper reformanda', las OMP, gracias a los cien años de la PUM, tampoco tienen que temer los vientos que invitan a la conversión, a la reforma, a morir para resucitar”.

Después de dibujar una imagen panorámica de las principales actividades realizadas por los Secretariados Generales durante el año pasado y de indicar algunas etapas futuras, el Presidente de las OMP ha concluido su discurso con estas palabras: “Como el sembrador, preocupado solo de la calidad de la semilla, de la buena preparación del terreno y de la buena calidad de su trabajo, esperamos el buen fruto del Espíritu que siempre nos renueva y nos hace vigilantes, atentos a los signos de los tiempos, a la necesidad constante de conversión personal y a la valiente reforma de las estructuras al servicio de la misión y de la salvación de todo el mundo”.

AMERICA/COLOMBIA - Congresso Missionario: “è l’ora della missione Ad gentes dei laici”

Bucaramanga – La maggior parte dei partecipanti al Congresso Missionario nazionale “è cosciente che la Chiesa è missionaria, Cristo l’ha fondata per evangelizzare, ed è concorde che questo compito spetta a tutti, laici, consacrati, seminaristi, sacerdoti, vescovi, comunità religiose, comunità ecclesiali e Chiese particolari; tutti abbiamo bisogno di una maggiore coscienza missionaria universale e di dare una risposta più generosa alla missione Ad gentes, ad intra e ad extra”. Così iniziano le conclusioni del XII Congresso Missionario Nazionale della Colombia, celebrato a Bucaramanga dal 26 al 29 maggio (vedi Fides 16/5/2016 e seguenti), pervenute a Fides.
I partecipanti sottolineano la necessità di “promuovere costantemente la spiritualità missionaria, l’animazione missionaria e la formazione missionaria nei seminari, nella case di formazione, negli operatori pastorali e in tutti i laici”, in quanto “nei piani pastorali delle Chiese particolari non appare con chiarezza l’orientamento per la missione Ad gentes”.
E’ inoltre urgente: coordinare tutte le forze missionarie, per evitare la dispersione e assicurare una azione missionaria più efficace nella pastorale; rafforzare la pastorale indigena e degli afrodiscendenti; far conoscere la ricchezza spirituale di Santa Laura Montoya, e soprattutto “impregnarci della sua spiritualità mistica, della sua pedagogia e del suo afflato missionario”.
L’ultima delle conclusioni ribadisce: “è l’ora della missione Ad gentes dei laici, è necessario un maggior numero di scuole di formazione missionaria per i laici”.
Vengono quindi proposti una serie di impegni, che riguardano l’attività dei COREMI (Comité Regional Misionero) delle diverse regioni geografiche colombiane e alcuni istituti missionari, che attraverso iniziative locali intendono realizzare le conclusioni del Congresso: Congressi missionari regionali o post-Congressi, incontri di coordinamento, di formazione e di animazione missionaria, rafforzamento delle POM… 


Senza legge(re)

Laudato Si'

Asamblea General OMP

2 giugno 2016

Lectio Divina - 10° Domingo Ciclo C - Español


Intenzione di preghiera per il mese di giugno 2016

Galantino: “No ai centri sulle navi dobbiamo salvare i migranti e poi offrirgli un futuro”

Monsignor Nunzio Galantino, secondo l'Oim, sono state oltre mille le vittime dei naufragi nel Mediterraneo la scorsa settimana.Tre mesi dopo il viaggio di Papa Francesco a Lesbo le notizie sembrano essere sempre le stesse. Cosa dicono a tutti noi queste morti continue?
"La partenza di migranti in fuga da situazioni drammatiche avviene sempre più in situazione di insicurezza, attraverso trafficanti senza scrupoli, al punto tale da rendere difficile ogni soccorso soprattutto in acque libiche non presidiate dalle operazioni di salvataggio delle navi europee. Quelle morti sono uno schiaffo alla democrazia europea, incapace di salvaguardare e proteggere persone in fuga da situazioni create anche dalla politica estera e da scelte economiche europee. Purtroppo, non si è avuto il coraggio di creare "canali umanitari" - previsti dal diritto internazionale - verso i Paesi disponibili all'accoglienza, per favorire partenze in sicurezza ed evitare violenze, sfruttamento e morti".

Il Viminale ha annunciato un hotspot in mare per identificare i migranti. La notizia ha riacceso lo scontro politico. Cosa dire?
"L'hotspot è una riedizione in brutta copia dei luoghi di trattenimento di persone. Le Organizzazioni internazionali a tutela dei diritti umani, come anche la Fondazione Migrantes e la Caritas Italiana, hanno già ricordato che i migranti salvati in mare hanno il diritto, sulla base di una storia personale e non di una lista di cosiddetti "paesi sicuri", di presentare domanda d'asilo e al ricorso se una domanda non venisse accolta. Sulle navi questo percorso di protezione internazionale non è possibile. Come non è pensabile l'utilizzo di navi destinate al soccorso per far stazionare nel Mediterraneo migliaia di persone in attesa di una non precisata destinazione. A meno che le si voglia riportare nei porti della Libia e dell'Egitto, condannandole a nuove forme di sfruttamento ".

A Ventimiglia l'ultimo sgombero è stato scongiurato dal vescovo locale che ha dato il benestare a che una parrocchia accogliesse i migranti. Lo stesso vescovo ha chiesto che tutte le parrocchie facciano la medesima cosa. La Lega, tuttavia, l'ha attaccato duramente. La Chiesa da che parte sta?
"Naturalmente dalla parte del vescovo, come delle diocesi, delle parrocchie, degli istituti religiosi che - aderendo all'appello del Papa del 6 settembre scorso - hanno messo a disposizione oltre 2mila strutture per ospitare più di 23mila richiedenti asilo e rifugiati, quasi 5mila dei quali solo grazie ai contributi dei fedeli. In collaborazione con i comuni italiani, cerchiamo inoltre di favorire sul territorio un'accoglienza diffusa, attraverso un accompagnamento personalizzato dei 120mila giovani che sono arrivati tra noi. Le iniziative avviate da Caritas e Migrantes vogliono diventare percorsi di inclusione e integrazione sociale, fino a valutare - ed è la proposta Cei di 1000 microrealizzazioni - anche un rientro assistito in patria. Un conto è riempirsi la bocca di aiutare le persone a casa loro e un conto è realizzare - grazie anche a una rete di centinaia di associazioni e ong cattoliche riunite nella Focsiv da 40 anni - concreti progetti di cooperazione internazionali nei Paesi d'origine dei migranti".

Tempo fa Francesco chiese ai conventi e alle parrocchie di aprire le porte ai migranti.Questa accoglienza è effettivamente avvenuta?
"L'accoglienza non solo era precedente all'appello, ma si è rafforzata, unitamente a un lavoro di informazione sulle storie di quanti sbarcano in Europa, sulle cause della loro fuga. Anche nelle nostre comunità ecclesiali sentiamo il bisogno di continuare a sensibilizzare i consigli pastorali, il mondo associativo, le famiglie per evitare che anch'essi siano incapaci di leggere correttamente un fenomeno globale di persone che - come ha detto l'altro giorno Papa Francesco - "non sono un pericolo, ma sono in pericolo"".

Chi e come, secondo lei, dovrebbe agire quantomeno per arginare il problema?
"L'accoglienza dei richiedenti asilo dev'essere strutturata in tutti i 28 Paesi europei. Non si possono, infatti, salvare le persone e poi non offrirgli una possibilità di futuro. Una seconda azione concreta rimane quella di organizzare "corridoi umanitari". In questo modo si eviterebbe anche la crescita di una tratta di esseri umani oggi gestita da mafie e da terrorismo. Una terza azione concreta riguarda la possibilità di offrire un permesso di protezione umanitaria a tutti i migranti ospitati in strutture da oltre un anno e che oggi costituiscono un popolo che si allarga sempre più. In questo modo si ripartirebbe dalla legalità per costruire successivamente percorsi di giustizia e di solidarietà".

Suor Rosetta POLLASTRO

Carissime sorelle, il 5 maggio 2016, dalla Casa di San Salvatore Monferrato (Alessandria), il Signore ha chiamato al premio eterno la carissima Suor Rosetta POLLASTRO. Nata a Novi Ligure (Alessandria) il 25 giugno 1926. Professa a San Salvatore Monferrato (Alessandria) il 5 agosto 1945. Appartenente all’Ispettoria Piemontese “Maria Ausiliatrice” – Italia.
La famiglia di Rosetta, composta da tre sorelle e due fratelli, abitava a Novi Ligure, dove il papà lavorava come manovale in ferriera. La mamma, casalinga, prestava anche ore di servizio presso due signore. Nel 1937 arrivarono a Novi le prime FMA che aprirono l’oratorio, il laboratorio e l’asilo. Rosetta iniziò subito a frequentare l’oratorio e il laboratorio di cucito. L’ambiente delle suore e la guida spirituale del parroco, che le proponeva la lettura di buoni libri, favorirono presto il nascere della vocazione religiosa in lei che sarebbe diventata la prima FMA di Novi Ligure. All'età di 12 anni manifestò il desiderio di consacrarsi totalmente a Gesù nella vita salesiana. Per questo fu indirizzata e accolta nel Collegio delle FMA a Tortona, dove frequentò il corso di avviamento professionale. Le difficoltà legate alla povertà della famiglia, come lei stessa ricorda nelle sue memorie, furono superate grazie ad una benefattrice di Novi che si impegnò a pagare la retta della scuola.
A 13 anni fu accolta come aspirante ad Alessandria. “Sono stata accolta gratuitamente”, scrive,“con pena mia e dei miei familiari. Nonostante questo, mi hanno permesso volentieri di realizzare la mia vocazione”. Del periodo della formazione racconta: “Nel cambio di casa, di superiore e di ambiente, ho perso l’appetito e sovente piangevo di nascosto. Ma con l’aiuto del Signore sono riuscita a vincermi”.
Il suo percorso verso la Professione religiosa fu segnato dalle difficoltà legate al periodo bellico che l’Italia stava attraversando. Ricorda: “Ho avuto tre maestre e ho cambiato due Ispettorie”. Infatti ha vissuto il primo anno di Noviziato a Nizza Monferrato e per il secondo anno fu trasferita ad Alessandria, dove il 5 aprile 1945 sfuggì “miracolosamente”, come lei stessa si esprime, al bombardamento che distrusse la casa e causò la morte di suore e novizie. La stessa maestra di noviziato perse la vita. Suor Rosetta, insieme ad altre novizie sopravvissute, passò a San Salvatore dove fece la Professione religiosa.
Visse i primi anni a Casale e ad Alessandria, svolgendo varie mansioni: refettoriera, guardarobiera, portinaia, infermiera. Nel 1953 fu a Torino “Madre Mazzarello” per frequentare il corso di infermiera in vista della partenza per le Missioni.
La sua terra di missione fu la Francia, dove dal 1954 al 1973 svolse il servizio di infermiera, guardarobiera, assistente, refettoriera, in varie case: Thonon les Bains, Parigi “Providence”, Lyon “S. Laurent”, La Guerche e Morges. In quest’ultima comunità trascorse qualche tempo in convalescenza dopo un grave intervento chirurgico al cuore. Dopo di che, nel 1973 ritornò in Italia e fu inserita nell’Ispettoria Lombarda. Trascorse due anni a Contra di Missaglia in riposo e prestando vari aiuti, poi dal 1975 al 2007 fu a Melzo per un anno e poi a Veyrier, come addetta al refettorio e all'assistenza. Nel 2007 le fu offerto di ritornare a San Salvatore, dove per qualche tempo poté ancora prestare aiuto nel refettorio della comunità, poi rimase in riposo.
Suor Rosetta era un elemento di pace, di serenità, aveva una parola buona per tutte, mai un lamento. Da vera FMA, le sue devozioni preferite erano l’Eucaristia, Maria Ausiliatrice, Don Bosco, Madre Mazzarello e tutti i Santi salesiani. Era sempre presente e pronta alle pratiche di pietà. Ricordava di aver imparato dalla mamma a pregare per tante intenzioni. Diceva di aver coltivato molto affetto per i suoi familiari ed era riconoscente perché venivano a trovarla con bontà. Qualche anno fa aveva scritto: “Come infermiera ho avuto occasione di curare alcune ammalate fino all’ultimo respiro. Quando si vive quell'esperienza, si sente la presenza di Dio vicino”. Anche nella sua ultima ora certamente ha sentito il Signore vicino; è stata cosciente nel ricevere l’Unzione degli Infermi. Le sue ultime parole sono state un’umile richiesta all'infermiera: “Mi aiuti a fare la Volontà di Dio”.
Con fraterna riconoscenza l’accompagniamo con la nostra preghiera di suffragio e le chiediamo di ottenere da Maria Ausiliatrice generose vocazioni per la Chiesa e l’Istituto.

L’Ispettrice
Suor Elide Degiovanni

1 giugno 2016

OIM: 1000 i migranti morti


Milano - Giorno dopo giorno è sempre più drammatico il bilancio dei migranti morti nel Mediterraneo. Sono probabilmente mille – e non 700 come già si temeva all’inizio – quelli che non ce l’hanno fatta nei tre terribili naufragi della scorsa settimana. Mille morti in tre giorni. Da mercoledì a venerdì. Lo conferma il portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, Flavio Di Giacomo. «Abbiamo parlato con i sopravvissuti – spiega Di Giacomo – e in base ai loro racconti sono "almeno" mille le persone disperse negli ultimi tre naufragi. Il barcone capovolto e recuperato dalla marina militare (le cui immagini del ribaltamento in diretta hanno fatto il giro del mondo, ndr) aveva almeno 150 marocchini e tra i 50 e 100 subsahariani chiusi nella stiva». È difficile rincorrere i numeri fra salvataggi, dispersi e cadaveri trovati vicino alle barche semiaffondate. Ma ogni numero è un uomo.
«L’anno scorso, nello stesso periodo, i morti erano 1.800, quest’anno siamo già a 2.550 – aggiunge il portavoce – la settimana è stata intensa: 13mila persone sbarcate in pochi giorni. Per la prima volta dopo mesi vediamo arrivare non solo gommoni ma anche barche e motopescherecci che navigano a fatica e addirittura, come abbiamo visto, anche senza motore. Sono proprio queste barche, più grandi, che fanno alzare vertiginosamente i numeri: per ogni partenza aumentano gli arrivi e per ogni naufragio aumentano i numeri dei morti».
Proseguono intanto gli sbarchi, soprattutto sulle coste meridionali dell’Italia. A Pozzallo sono sbarcati in 321, tra loro anche 130 minori. Altri 346 sono arrivati a Brindisi e 400 circa a Corigliano. Ma, ancora una volta, sono i più giovani le principali vittime dell’emergenza umanitaria in atto. Ogni mese, con gli sbarchi arrivano in media mille minorenni non accompagnati. E, secondo le previsioni dell’Unicef questa cifra potrebbe anche aumentare. Proprio in previsione del forte incremento che si verificherà durante l’estate. La stragrande maggioranza dei bambini che utilizzano la pericolosa rotta tra la Libia e l’Italia, sono adolescenti soli, che hanno affrontato terribili abusi, sfruttamenti e hanno rischiato la vita in ogni fase del loro viaggio. Per proteggerli, l’Unicef sosterrà l’Italia in diverse attività legate proprio ai minori, soprattutto quelli non accompagnati: dal monitoraggio degli standard di accoglienza, alla verifica delle condizioni di vita nei centri presenti in Sicilia, Calabria e Campania. «Non possiamo più tollerare la continua perdita di vite umane. Dobbiamo assicurare a tutti i bambini migranti e rifugiati assistenza e protezione, ma
soprattutto un futuro» ha detto Giacomo Guerrera, presidente Unicef Italia. (Daniela Fassini – Avvenire)

Ficha vocacional - Sr. Angela Vallese (Ispettoria CBN - Bogota')

Meditaciones sobre la ciudad y el Primer Anuncio


Dalle Isole Salomone

Carissimi amici, eccomi di nuovo a voi con le mie storie dalle Isole Salomone.
Dovete sapere che quando è tanto tempo che non piove, qui da noi succedono i disastri!
Non mi riferisco solo al fatto che le coltivazioni, specialmente gli ortaggi di cui vivono le popolazioni delle isole, ne soffrono ed i prezzi delle verdure aumentano … ma al fatto che scoppiano le epidemie.....proprio come ai tempi dei “Promessi Sposi”. Non raggiungiamo ancora i livelli della peste bubbonica, ma in Papua Nuova Guinea, per esempio, l’anno scorso c’è stata un’epidemia di colera che ci ha fatto temere il diffondersi del contagio anche qui da noi!
La nostra capitale, Honiara, è il ricettacolo di tutti questi eventi. E’ un po’ il rischio di tutte le capitali del terzo mondo: tanta gente che vive ammucchiata in poco spazio, niente servizi igienici, fognature inesistenti, polvere e cemento, inquinamento e sporcizia all’ennesima potenza e anche se Honiara è molto piccola come città, ha tutti gli attributi delle megalopoli mondiali.
Il mese scorso abbiamo avuto ben tre settimane di siccità … direte voi: “Ma cosa sono tre settimane senza pioggia!”. Ebbene, con il sole equatoriale che ci ritroviamo e le condizioni proprie della città, tre settimane sono un inferno! La gente va in giro con la testa e la faccia coperte da magliette o asciugamani o qualsiasi capo di vestiario si trovi a portata di mano; la polvere delle strade semi asfaltate diventa come una nebbia che brucia gli occhi e la gola....sembra quasi di essere nel deserto del Sahara! Ad ogni modo è scoppiata un’epidemia di congiuntivite piuttosto forte. Nel giro di pochi giorni la maggior parte dei bambini delle scuole ne erano affetti e in un batter d’occhio l’hanno portata a casa ai genitori!
Nel nostro ostello, un pomeriggio una ragazza è venuta a casa con gli occhi rossi e dopo due giorni mi sembrava di essere circondata da 35 “Caron demonio dagli occhi di bragia”!
Anche le signore del corso di economia domestica (le mamme per l’appunto) venivano a lezione con gli occhiali da sole per proteggere gli occhi arrossati e mi sembrava di entrare in discoteca e non nella classe, perché tenevano gli occhiali anche a lezione per non impressionarsi a vicenda con la visione degli occhi rossi. Le cliniche erano allo stremo con le medicine anticongiuntivite, tanto che ad un certo punto hanno cominciato a distribuire paracetamolo (la Tachipirina) perché non c’era più nient’altro!!! Così le ragazze che non erano riuscite ad avere le gocce, si facevano gli impacchi con acqua bollente e sale! “Ma siete impazzite!” - faccio io - “Ce l’ha detto la mamma” - dicono loro....ah, beh, se l’ha detto la mamma fate pure....ed in effetti sono guarite.
Dopo due settimane di epidemia, le scuole della città con l’internato hanno mandato tutti gli studenti a casa per non diffondere ulteriormente la malattia ed anche noi, un week-end dove c’era il lunedì di vacanza, abbiamo spedito tutte le ragazze e fatto una disinfezione a tappeto degli ambienti e... risultato … la signora che collabora con noi all’ostello si è alzata il mattino dopo con un occhio rosso ... ed anche una delle nostre maestre si è unita alla discoteca con gli occhiali da sole! Noi suore l’abbiamo scampata lavandoci continuamente le mani e non toccando gli occhi anche se ci facevano prurito.
Alla fine sono arrivate le piogge ed hanno lavato via tutte le malattie.
Ma, dovete sapere, anche quando piove qui da noi succedono i disastri.
Non mi riferisco solo al fatto che i fiumi straripano facilmente e tutto si allaga ... ma al fatto che scoppiano altri tipi di epidemie!!! Con gli acquitrini, le zanzare pullulano e pare che alle Isole Salomone tutti i tipi di zanzara abbiano trovato il loro habitat ideale. Quindi le cliniche si riempiono di malati di malaria, dengue e zica, l’ultima arrivata. Per non parlare delle varie influenze e febbri che gli sbalzi di temperatura portano con sé.
Nell’ultima stagione delle piogge abbiamo avuto una recrudescenza di diarrea, che ha fatto delle vittime tra bambini e neonati. Le acque si infettano, anche quelle dei pozzi aperti. In alcune zone la gente beve ancora l’acqua dei fiumi o ci lava biancheria e stoviglie. I fiumi che attraversano la città sono altamente inquinati, ma l’ignoranza in proposito è ancora molto alta.
Molte persone sono abituate, nel proprio villaggio dove ovviamente l’inquinamento è quasi inesistente, ad usare le acque dei ruscelli e venendo a vivere in città non vedono la differenza.
La rete idrica cittadina non è ancora stata adattata all’aumentato numero degli abitanti e così ci si arrangia. Ecco perché le nostre ragazze, ogni volta che tornano dal week-end a casa, vanno subito alle vasche della lavanderia e lavano tutto quello che si sono portate da casa, tanto che i fili da stendere sono sempre pieni di biancheria. Durante l’ultima settimana di pioggia costante, non c’era più posto sui fili riparati sotto la tettoia e niente asciugava! Anche noi suore avevamo la nostra lavanderia piena di panni stesi. Io ho dovuto tirare due fili nella mia camera ed ho dormito con la mia biancheria sospesa sopra il letto!
L’altro disastro che succede quando piove sono le buche nelle strade.
La rete stradale dell’isola Guadalcanal consiste in strade sterrate che percorrono le piantagioni di palma da olio, altre che vanno sulle montagne dove le compagnie del legname distruggono le nostre foreste ed una strada asfaltata di circa cento chilometri che percorre la parte nord dell’isola ed attraversa la capitale. Fine della rete stradale! Se non consideriamo le due reti delle piantagioni e del legname (che tra l’altro le compagnie mantengono benissimo per permettere ai loro camion di grosso calibro di percorrerle senza danni), i cento chilometri di strada asfaltata sono come la “fabbrica del duomo”, in continua e perenne riparazione. Ogni volta che piove, nuove buche si aprono sul percorso, come se sotto il fondo stradale ci fosse il vuoto, e vengono sistematicamente riempite con sassi ed una colata di catrame creando delle cunette che comunque danno disagio ai viaggiatori. Alcune buche sono profondissime e per evitarle bisogna fare lo slalom. Il problema è che a volte lo slalom ti porta sull’altra corsia rischiando dei frontali spaventosi, ma ormai tutti noi automobilisti siamo così esperti che sin’ora non è successo mai niente. Il bello è che ogni volta che il Consiglio Comunale si decide a far riparare lunghi tratti di strada ... piove! Come se la natura testasse la nuova riparazione che, puntualmente, cede!!!
A volte capita di trovare macchine finite nei fossi ai margini della strada ... uno slalom un po’ azzardato, magari innaffiato di alcool, e allora comincia la “spoliazione”. Quando la polizia o l’ambulanza se ne vanno, orde di uomini arrivano e cominciano a svitare e prelevare tutto quello che è possibile ed immaginabile. Come succede quando una carcassa è assalita dalle formiche, che una volta che se ne vanno restano soltanto le ossa, così è per la povera vettura: rimane solo l’intelaiatura, pronta ad essere portata via da quelli che raccolgono il ferro per venderlo di seconda mano!
Quante cose, vero? Magari vi fanno anche paura, ma vi assicuro che viste e vissute da qui hanno un’altra portata. Insieme affrontiamo gli eventi che si presentano lungo in nostro cammino, ci aiutiamo e sosteniamo anche con un pizzico di ironia, che rende il tutto più colorato.
L’importante è affrontare tutto insieme. E’ quello che insegniamo alle nostre ragazze, che facciamo vivere alle nostre signore della scuola, che sperimentiamo noi stesse ogni giorno e, credetemi, il cammino diventa più leggero e si possono vedere tanti fiori sul bordo del sentiero.
Questo è il mio augurio per tutti voi: sempre insieme. Le difficoltà sono più affrontabili e ci sono più idee sul da farsi, ma soprattutto c’è più conforto e parole di incoraggiamento che alleviano il cuore e danno tanta speranza. Forse questa è una delle tante opere di Misericordia che possiamo esercitare in questo anno straordinario, per rendere il nostro mondo più luminoso ed accendere più sorrisi sui volti.
Buone vacanze a tutti e alla prossima.
Sr Anna Maria

PS. vi allego qualche foto delle nostre ragazze e signore in "azione"

Lavoro al computer

Lavoro di ricamo

Ragazze dell'Ostello

Taglio e cucito

Uncinetto

E tu? Credi nella forza della preghiera?

VATICANO - “Risvegliare la coscienza missionaria oggi”: il Card. Filoni all’Assemblea delle POM

Roma (Agenzia Fides) – “Lo Spirito Santo e i suoi segni dei tempi ci chiedono di superare distinzioni e separazioni ecclesiali, ormai artificiali, tra terre di missione e paesi cristiani, tra chiese che inviano missionari e chiese di territori di missione che li ricevono. L’evangelizzazione, sia nelle sue fasi iniziali di nuovo annuncio che nelle sue fasi più avanzate di pastorale evangelizzatrice ordinaria, risulta trasversale ad ogni chiesa del nord e del sud, dell’est e dell’ovest”. Lo ha ribadito il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nel suo discorso all’Assemblea Generale Annuale delle Pontificie Opere Missionarie (POM), che si è aperta ieri a Roma (vedi Fides 28/05/2016).
Ricordando il tema dell’Assemblea - “Risvegliare la coscienza missionaria oggi. Le POM al servizio delle giovani Chiese” - il Card. Filoni ha evidenziato che “le giovani Chiese, alle quali le POM vogliono sempre più offrire un servizio adeguatamente missionario, rappresentano una fonte ormai imprescindibile per risvegliare in tutti i cristiani la coscienza della missione”.
L’Assemblea Generale di quest’anno cade nel centenario di fondazione di una delle quattro Opere Missionarie, la Pontificia Unione Missionaria (PUM), nata per ispirazione del Beato padre Paolo Manna, del PIME. “L’intuizione carismatica missionaria della PUM, oggi ancora valida e fonte viva per un ripensamento e una radicale riforma, era e, ne è tuttora, la sua intrinseca finalità: tutti i fedeli, tutto il Popolo di Dio, in virtù del battesimo, responsabili per la missione universale e le missioni ad gentes della Chiesa”.
Il centenario della PUM, oltre ad una dimensione orante con il pellegrinaggio alla tomba di padre Manna, dovrebbe anche segnare l’inizio di un processo di ripensamento dell’Opera: “non dobbiamo temere l’urgente necessità di riformare insieme la Pontificia Unione Missionaria e con essa dare impulso alle altre Pontificie Opere” ha sottolineato il Cardinale, rilevando che il suo “svigorimento di natura e di ruolo fa parte di un preoccupante raffredddamento ecclesiale circa la missione, la formazione missionaria e l’evangelizzazione come tale”. Quindi ha spiegato: “Chiese di antica tradizione fanno fatica ad avere sufficiente passione ed interesse per l’annuncio del Vangelo in terre e chiese oltre le loro proprie frontiere. Chiese più giovani sembrano, a volte, troppo preoccupate di organizzarsi amministrativamente ripiegandosi eccessivamente su se stesse. Fedeli e pastori facciamo sempre più fatica, sotto il peso delle sfide culturali, economiche e religiose attuali, a sentirci pronti e forti per uscire verso periferie esistenziali e territoriali che vadano ben oltre le solite classificazioni sociologiche ed economiche.” 
In questo rinnovamento della coscienza della missione oggi alla PUM potrebbero essere specificamente assegnati “compiti di formazione permanente e missionaria a servizio delle giovani Chiese nelle loro istanze più diversificate. Organismi, allocati presso la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, con finalità da sempre formative missionarie, potrebbero servire, in modo nuovo, all’animazione missionaria anche delle chiese di più antica tradizione cristiana, grazie al lavoro di formazione permanente missionaria che la PUM, insieme alle altre tre Opere Pontificie, di cui ne è l’anima, potrebbe offrire alle giovani Chiese”.
Il Card. Filoni ha infine auspicato che “i lavori di questa Assemblea Generale siano proficui e servano per un rinnovato impegno affinché si possa risvegliare la coscienza della missione oggi, grazie anche al nostro servizio come POM a favore delle giovani Chiese”. (SL) (Agenzia Fides 31/05/2016)

La REPAM, comprometida con los derechos humanos

Desde su origen, la Red Eclesial Pan-Amazónica (REPAM) se ha identificado con los clamores de las poblaciones del bioma pan-amazónico –compuesto por nueve países latinoamericanos: Bolivia, Brasil, Colombia, Ecuador, Guyana, Guyana Francesa, Perú, Surinam y Venezuela–, asumiendo el llamado del papa Francisco a “custodiar toda la creación, la belleza de la creación, como se nos dice en el libro del Génesis y como nos muestra san Francisco de Asís: es tener respeto por todas las criaturas de Dios y por el entorno en el que vivimos” (19 de marzo de 2013).

Asumiendo íntegramente la defensa y el cuidado de la “casa común” como lo propone el obispo de Roma en Laudato Si’, la Escuela de Derechos Humanos de la REPAM, realizada en Quito (Ecuador) durante cinco semanas –entre abril y mayo de 2016–, apuntó a la promoción, la defensa y la exigibilidad de los derechos humanos en la Pan-Amazonía, que incluye el derecho a la vida, a la salud, al territorio, a la autodeterminación, entre otros, frecuentemente amenazados por los intereses de la agro-industria, de las mega-estructuras, y de otras formas de reducción de la identidad y de los ímpetus del “buen vivir” de las poblaciones originarias, ribereñas y campesinas, principalmente, amén de las situaciones de persecución a los defensores de los derechos de las poblaciones que habitan el bioma pan-amazónico.

Ante esto, “la apuesta de la REPAM es la creación de un proceso de formación de líderes comunitarios y agentes pastorales en el territorio amazónico, quienes tienen una larga trayectoria de defensa y de esta manera responden a los retos destacados por el Papa”.

Para ello, la Escuela de Derechos Humanos contempló cinco módulos temáticos: (1) identidad y visión pan-amazónica; (2) derechos colectivos; (3) sistema internacional y regional de derechos humanos; (4) documentación de casos; e (5) incidencia política.

25 líderes y representantes de poblaciones pan-amazónicas de Bolivia, Brasil, Colombia, Ecuador y Perú, participan en esta propuesta que contempla tres fases: (1) formación; (2) levantamiento de informaciones; y (3) incidencia formal en instancias internacionales.

En este sentido, la Escuela de Derechos Humanos no se limita a capacitar a sus participantes, sino que también acompaña las acciones que buscan impactar a las regiones de donde provienen, a favor de la vida y la dignidad del ser humano, en defensa de la Madre Tierra. Así, “los 12 casos presentados serán acompañados de una manera concreta por la Iglesia, ya que la participación involucra a binas de dirigentes y agentes de pastoral para propiciar un acompañamiento y cercanía por parte de la Iglesia local, que en la mayoría de los casos, ya es un hecho”.

Cabe destacar que “los participantes han sido seleccionados bajo criterios de experiencia en la defensa de casos con alta vulneración de derechos de la población y del ambiente. Así mismo, [teniendo en cuenta] que tengan fuerte arraigo con su territorio, compromiso con la Iglesia y sus comunidades, y asuman la responsabilidad de replicar en su entorno el aprendizaje recibido en la Escuela”.

De este modo, la Escuela de Derechos Humanos de la REPAM se sitúa en consonancia con el clamor de los obispos latinoamericanos y caribeños en Aparecida desde una perspectiva pastoral y en clave de ciudadanía: “crear conciencia en las Américas sobre la importancia de la Amazonía para toda la humanidad. Establecer, entre las Iglesias locales de diversos países sudamericanos, que están en la cuenca amazónica, una pastoral de conjunto con prioridades diferenciadas para crear un modelo de desarrollo que privilegie a los pobres y sirva al bien común” (DA 475).



Autor: Dpto. de Comunicación y Prensa del CELAM
Fuentes: redamazonica.org, caritas.org
Foto: Cáritas Ecuador